Il progresso è diventato una sorta di "gioco delle sedie" senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed esclusione irrevocabile. Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il "progresso" evoca un'insonnia piena di incubi di "essere lasciati indietro", di perdere il treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta.
In una pensione di montagna andrebbe, | nella sala da pranzo scenderebbe, | i quattro abeti di ramo in ramo, | senza scuoterne la neve fresca, | dal tavolino accanto alla finestra guarderebbe.
I panni dei servizi segreti si possono, anzi si devono lavare più spesso degli altri; ma, a differenza degli altri, non si possono mettere ad asciugare alla finestra.
È Natale fra poco, è Natale fra poco e l'allegria la mettiamo nei cassetti, la mettiamo nei cassetti tira fuori la malinconia. Lascia stare anche le cose! Lascia stare anche le cose! che non ti vanno chiudi la finestra, vieni dentro smetti di giocare e vieni qui vicino.
La primavera bussa alle porte entra dalle finestre s'infila sotto le gonne delle donne. La primavera mette scompiglio ieri ho sgozzato mio figlio è stato uno sbaglio è stato uno sbaglio credevo fosse un coniglio.
Tutto quello che non si è detto in questo spazio, si dilata, si dilata e si dilata ancora. È un vuoto senza porte, senza finestre, senza vie d'uscita, ciò che resta lì sospeso, resta lì per sempre, sta sulla tua testa, intorno a te, ti avvolge e ti confonde come una nebbia spessa.
[Sul retro del 45 giri, Jacqueline] Ma il venerdì io mangio magro perché non voglio ingrassare, | il venerdì io apro le finestre perché sono bello se penso a te.
[Dopo la caduta di Mussolini e la sua scarcerazione da Ponza] Arriviamo a Terracina dopo ore di viaggio. Bandiere alle finestre, striscioni acclamanti l'esercito, scritte di " Viva Badoglio": è il solito volto dell'Italia festeggiante; l'Italia che non mi piace, quella che ha sempre pronto l' applauso per ogni vincitore [...]. Anche qui è tutto da rifare.
Mentre guidava Jim Fergesson abbassò il finestrino della sua Pontiac e, sporgendo il gomito, tirò fuori la testa per inalare boccate dell'aria estiva del primo mattino. Colse la luce del sole sui negozi e sul marciapiede mentre percorreva a velocità ridotta San Pablo Avenue. Tutto fresco. Tutto nuovo, pulito. La macchina della notte, la spazzola ronzante della città, gli passò accanto mentre raccoglieva i rifiuti: la scopa che convogliava le loro tasse.
Un attimo dopo Juliana ripercorreva il vialetto lastricato in pietra, camminando sulle macchie di luce che provenivano dalle finestre del soggiorno, e poi nelle ombre del giardino che circondava la casa, fino al marciapiede buio.
Camminò senza voltarsi indietro verso la casa degli Abendsen e, mentre camminava, continuò a guardare su e giù per la strada in cerca di un taxi o una macchina, qualcosa di mobile, vivo e lucente che la riportasse al motel.
[Explicit]
Frasi sulle finestre
DiPhilip K. Dick
Continuiamo a crescere, a mutare la nostra forma, ci confrontiamo con alcune debolezze che devono essere corrette, non sempre scegliamo la soluzione migliore... eppure, nonostante tutto, andiamo avanti, sforzandoci di procedere eretti, in modo corretto, cosicché ci sia possibile onorare non le pareti, né le porte o le finestre, ma lo spazio vuoto che esiste dentro, lo spazio in cui adoriamo e veneriamo ciò che abbiamo di più caro e importante.
Il pittore dispone su una superficie piana determinati impasti, le cui linee di separazione, gli spessori, le fusioni e contrasti, gli servono per esprimersi. Lo spettatore vi scorge soltanto un'immagine più o meno fedele di carni, gesti e paesaggi, come attraverso la finestra del muro d'un museo. Il quadro è giudicato in base allo stesso spirito con cui si giudica la realtà.
Dalle quattro del pomeriggio la luce cominciava ad ardere nelle finestre delle case, in tondi globi elettrici, nei lampioni a gas, nei fanali delle case con i numeri illuminati, e nelle vetrate a tutta parete delle centrali elettriche, che evocavano il pensiero del futuro elettrico dell'umanità, terribile ed irrequieto, con le loro finestre a tutta parete dove si vedevano le ruote scatenate delle macchine che giravano senza posa, squassando fino alle radici le fondamenta stesse della terra.
Un desiderio vago, come un'aura dell'anima, aveva schiuso pian piano per lei, come per me, una finestra nell'avvenire, donde un raggio dal tepore inebriante veniva a noi, che non sapevamo intanto appressarci a quella finestra né per richiuderla né per vedere che cosa ci fosse di là.
Bella come una mattina d'acqua cristallina | come una finestra che m'illumina il cuscino | calda come il pane | ombra sotto un pino | mentre t'allontani stai con me forever.
Fellini era un personaggio meraviglioso che aveva in sè la purezza e l'allegria dell'adolescenza unita alla saggezza da centenario, era un grande artista e conoscerlo è stato come aprire la finestra su un paesaggio che non si sapeva che ci fosse.
La televisione. La televisione è la cosa più sinistra del nostro pianeta. Va' subito a prendere la tua TV e buttala dalla finestra o vendila e compra uno stereo migliore.
Era un pigro pomeriggio di domenica, proprio di quelli che Walden preferiva. Davanti alla finestra aperta, guardava l'ampia distesa del parco. Sul prato pianeggiante si stagliavano alberi rigogliosi: un pino scozzese, un paio di querce possenti, alcuni castagni, e un salice che pareva la chioma inanellata di una fanciulla. Il sole era alto e gli alberi proiettavano ombre scure e fresche. Gli uccelli tacevano, ma le api sciamavano lungo il rampicante che incorniciava la finestra.
Nella sua camera, nella febbricitante bianca luce artificiale, nella camera cosparsa di carta e libri, scrive alla sua scrivania, scrive a Peter e a Penn, e la pioggia picchietta sul vetro della finestra, la pioggia imperla il vetro della sua finestra e rotola via dolcemente come lacrime.
Quella sera gli ospiti erano riuniti nell'appartamento di Boris Makaver, nell'Upper West Side. Il palazzo di abitazioni dove aveva appena traslocato gli ricordava Varsavia. Costruito attorno a un grandissimo cortile, dava sulla Broadway da un lato e su West End Avenue dall'altro. Il cabinet de travail o studio, come lo chiamava sua figlia Anna aveva una finestra che dava sul cortile, per cui ogni volta che gettava un'occhiata fuori, Boris poteva quasi immaginare di essere di nuovo a Varsavia.
Sedeva solo, racchiuso.
Fuori c'erano le stelle, e una stella particolare col suo piccolo sistema di mondi. Poteva vederla con l'occhio della mente; nemmeno se avesse deopacizzato la finestra l'avrebbe vista con tanta chiarezza.
Una piccola stella, rosso-rosa, il colore del sangue e della distruzione, e con un nome appropriato!
Nemesis!
Nemesis, la Dea della Punizione Divina.
La fine è vicina. Sento un rumore alla porta, come se un immenso corpo viscido vi premesse contro. Non mi troverà. Dio, quella mano! La finestra! La finestra!