Mi sono messo a giacere
sotto le stelle,
una di quelle
notti che fanno dellinsonnia tetra
un religioso piacere.
Il mio guanciale è una pietra.
Siede, a due passi, un cane.
Siede immobile e guarda
sempre un punto, lontano.
Sembra quasi che pensi,
che sia degno di un rito,
che nel suo corpo passino i silenzi
dellinfinito.
Di sotto un cielo così turchino,
di una notte così stellata,
Giacobbe sognò la scalata
dangeli di tra il cielo e il suo guanciale,
chera una pietra.
In stelle innumerevoli il fanciullo
contava la progenie sua a venire;
in quel paese ove fuggiva lire
del più forte Esaù,
un impero incrollabile nel fiore
della ricchezza per i figli suoi;
e lincubo del sogno era il Signore
che lottava con lui.
[L'inverno] È la mia stagione preferita. In estate non vedo l'ora che venga il momento di infilarsi il maglione e uscire a passeggiare. Da bambino adoravo la neve perché, quando nevicava, era tutto più magico. Sono cresciuto in una città industriale, quindi non esattamente bella o poetica, ma con la neve si trasformava in un posto incantato.
Una mosca effimera nasce alle nove d'una mattina di piena estate, per morire alle cinque di sera; come potrebbe comprendere la parola notte? Datele cinque ore di vita di più, vede e intende che cosa è la notte.
Nel tardo pomeriggio di un giorno d'estate del 1946 arrivavo, al timone di una grossa barca a vela, nel porto di Oggebbio sul Lago Maggiore. L'inverna, il vento che nella buona stagione si alza ogni giorno dalla pianura lombarda e risale il lago per tutta la sua lunghezza, mi aveva sospinto, tra le dodici e le diciotto, non più in su di quel piccolo abitato lacustre, dove decisi di pernottare.
Estate, roccia d'aria pura, e tu, ardente alveare, | o mare! Sparso ovunque in mille mosche sopra | i cespi di una carne fresca come una brocca, | e fino nella bocca dove ronza l'azzurro, || e, casa ardente, Spazio, caro Spazio tranquillo, | dove l'albero fuma e perde qualche uccello, | ed infinitamente vi si rompe il rumore | del mare, e del moto e delle turbe d'acque, || conche d'odori, grandi cerchi delle felici | stirpi sul golfo che corrode e che ascende al sole, | nidi puri, cascate d'erbe, ombre d'onde cave, | cullate la fanciulla immersa in un fondo sonno. (da Estate)
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
| sei la mia carne che brucia
| come la nuda carne delle notti d'estate
| sei la mia patria
| tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
| tu, alta e vittoriosa
| sei la mia nostalgia
| di saperti inaccessibile
| nel momento stesso
| in cui ti afferro.
Mi sono preso una cotta formidabile. Fra fuochi e chitarre, in riva al mare e dentro un sacco a pelo. Perché tutti, una volta nella vita, abbiamo diritto di credere che le canzoni dell'estate siano state scritte apposta per noi.
Non ci sono più mezze stagioni. Vivaldi, fosse nato adesso, non faceva primavera, estate... Ne faceva una sola, una sola di strombazzamenti e la chiamava 'Tempo di merda'.
Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, la pietra che ha cambiato posto.
C'è stato un periodo in cui tutto pareva immobile nella sua perfezione, come se il tempo non fosse in movimento ma fissato sulla cartolina di un'estate felice.
Un'estate fa | la storia di noi due | Era un po' come una favola | ma l'estate va | e porta via con se | anche il meglio delle favole. [da Un'estate fa]
Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco, quando si mescola ai profumi e prende nome dall'aroma di ognuno di essi.
Non c'è che una stagione: l'estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L'autunno la ricorda, l'inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla.
Frasi sull'autunnoFrasi sull'estateFrasi sull'invernoFrasi sull'invidiaFrasi sulla primavera
Non basterà Settembre per dimenticare il mare di cose che ci siamo detti, non siamo quegli amori che consumano l'estate, che promettono una mezza verità. [da Davvero]
Sostiene Pereira di averlo conosciuto in un giorno d'estate. Una magnifica giornata d'estate, soleggiata e ventilata, e Lisbona sfavillava. Pare che Pereira stesse in redazione, non sapeva che fare, il direttore era in ferie, lui si trovava nell'imbarazzo di mettere su la pagina culturale, perché il "Lisboa" aveva ormai una pagina culturale, e l'avevano affidata a lui. E lui, Pereira, rifletteva sulla morte.