Per la donna il momento in cui non può più contare gli anni a primavere, ma comincia a contarli a inverni, è irritante. È come un sordo rancore contro gli anni che non si possono togliere.
Me ne fotto da sempre di tutto e di tutti... soprattutto quando scrivo canzoni. Il mio principio è stato e sarà sempre «chi mi ama mi segua». Altrimenti senza rancore, ognuno per la sua strada. Non faccio, non ho mai fatto e non farò mai compromessi su questo!
In una seppur motivata ostilità non è proficuo il rancore nascosto, ma un aperto chiarimento; perché produce l'emozione necessaria che chiarisce i fatti, separa il giusto da quello ingiusto, e fa vedere quello che c'è da vedere.
Ecco il motivo per cui la voce del dio non mi ha interdetto e perché io, contro i miei accusatori, contro quelli che mi hanno condannato, non ho alcun rancore, sebbene essi mi abbiano accusato e condannato non con questa intenzione, ma per farmi del male: in questo sono da biasimare. Tuttavia io li voglio pregare di una cosa: quando i miei figli saranno cresciuti, puniteli, cittadini, stategli dietro come io facevo con voi, se vedrete che si preoccupano più delle ricchezze o degli altri beni materiali che della virtù e se si crederanno di valere qualcosa senza valer poi nulla, rimproverateli, come io rimproveravo voi, per ciò che non curano e che, invece, dovrebbero curare, se credono di essere «grandi uomini» e poi non sono niente. Se farete questo, io e i miei figli avremo avuto da voi ciò che è giusto. Ma è giunta, ormai, l'ora di andare, io a morire, voi a vivere. Chi di noi vada a miglior sorte, nessuno lo sa, tranne dio.
Quand'ero giovane, m'avevo fatto una bella e ricca armeria, che era uno dei più cari e dei più belli ornamenti della mia casa. Avevo una splendida collezione di sdegni, di collere, di ire; avevo un assortimento di impeti subitanei, di rancori e di risentimenti; ma con i primi capelli bianchi ho ricominciato a vendere ora uno sdegno ed ora un rancore, cambiandoli in libri e in fiori. Oggi che son vecchio ho venduto tutta quanta la mia armeria, e mi son provvisto di una grande quantità di indulgenza, che è come chi dicesse una flanella, che ci difende dai reumatismi del cuore e dalle nevralgie del pensiero. Consiglio a voi tutti di fare altrettanto.
Tereza continua ad accarezzare la testa di Karenin che riposa tranquillamente sul suo grembo. Dentro di sé fa più o meno questo ragionamento: Non c'è alcun merito a comportarsi bene verso il prossimo! Tereza è costretta a essere corretta nei confronti degli altri contadini perché altrimenti non potrebbe vivere nel villaggio. E persino nei confronti di Tomas deve comportarsi con amore perché ha bisogno di Tomas. Non potremo mai stabilire con certezza fino a che punto i nostri rapporti con gli altri sono il risultato dei nostri sentimenti, del nostro amore, del nostro non-amore, della nostra bontà o del nostro rancore e fino a che punto sono condizionati dal rapporto di forze tra gli individui. La vera bontà dell'uomo si può manifestare in tutta purezza e libertà solo nei confronti di chi non rappresenta alcuna forza. Il vero esame morale dell'umanità, l'esame fondamentale (posto così in profondità da sfuggire al nostro sguardo) è il suo rapporto con coloro che sono alla sua mercé: gli animali. E qui sta il fondamentale fallimento dell'uomo, tanto fondamentale che da esso derivano tutti gli altri.
L'ostacolo più grande? la paura!
La cosa più facile? Sbagliarsi!
L'errore più grande? Rinunciare!
La radice di tutti i mali? L'egoismo!
La distrazione migliore? Il lavoro!
La sconfitta peggiore?Lo scoraggiamento!
I migliori insegnanti? I bambini, gli ammalati!
Il primo bisogno? Comunicare!
La fedeltà più grande? Essere utili agli altri!
Il difetto peggiore? Il malumore!
La persona più pericolosa? Quella che mente!
Il sentimento più brutto? Il rancore,l'indifferenza!
Il regalo più bello? La carità, l'ascolto!
La sensazione più bella? La pace interiore!
L'accoglienza migliore? Il sorriso!
La miglior medicina? L'ottimismo!
Voglio consegnare alla storia quel che è successo in cielo il giorno prima delle idi di ottobre, inizio di un anno straordinario, di un'età felicissima. Non ci sarà posto né per il rancore, né per l'adulazione. Quello che sto per raccontare è tale e quale a come è accaduto. Nell'ipotesi che qualcuno venisse a chiedermi la fonte di tali avvenimenti, è bene mettere subito in chiaro questo: se la cosa non mi andrà a genio, non risponderò. D'altronde, chi mi potrebbe forzare? So di essere diventato padrone di me stesso, il giorno in cui se ne andò finalmente all'altro mondo quello che aveva dimostrato la verità del proverbio: "conviene nascere re o scemi".
Sono immune dallinvidia, libero di provare ammirazione e amicizia, che bellezza! Non cè niente di più triste di qualcuno che soffre per il successo altrui, che è schiavo della critica e del rancore, che trasuda invidia, che si dibatte nel dispetto: un infelice.
Non si stancava mai di guardare sorgere il sole: rosso acceso, dorato, lavato nelle acque del grande mare. Il sole nascente gli ispirava sempre lo stesso pensiero: a differenza dell'astro celeste, il figlio dell'uomo non si rinnova mai e per questo è destinato alla morte. L'uomo ha ricordi, rimorsi e rancori che si accumulano dentro di lui come strati di polvere finché gli impediscono di ricevere la luce e la vita che discende dal cielo. Il creato, invece, si rinnova costantemente. Se il cielo si rannuvola, poi si rasserena. Il sole tramonta, ma ogni mattino rinasce. Le stelle o la luna non recano le tracce del tempo. La continuità del processo di creazione della natura non appare mai tanto ovvia come all'alba, quando cade la rugiada, gli uccellini cinguettano, il fiume s'infiamma, l'erba è umida e fresca. Felice è l'uomo che sa rinnovarsi insieme al creato.
Così cerco di codificare in modo nobile l'ossessione per l'Arte e l'incapacità da parte di uno scrittore di smettere di scrivere, di rapportarsi con gli altri, di vedere senza rancore il mondo come una gemma, al tempo stesso pura e perfetta. Ma queste sono scemenze. Scrivo perché scrivo. Non so fare altro.
Coltivando nel cuore rancori, si finisce per trascurare questa missione, affidata dalla Provvidenza a coloro che assistono gli infermi; si trascurano pure gli infermi.
Ognuno vive dentro ai suoi egoismi vestiti di sofismi ognuno costruisce il suo sistema di piccoli rancori irrazionali, di cosmi personali scordando che poi infine tutti avremo due metri di terreno.
Mi sono appassionata al giallo seguendo le vicende di cronaca giudiziaria e rendendomi conto che il grande romanzo della vita scorre nel noir, che racchiude tutte le passioni umane: i rancori, le gelosie, le vendette, gli amori.
Maltempo sono per me le prigioni che ancora continuano per le lotte politiche degli anni settanta e ottanta del secolo e millennio scorso. Stragi di stato restano impunite insieme a un rancore conservato nel ghiaccio verso i noialtri di allora. Sono un cittadino dimezzato, metà storia mia sta nelle prigioni e negli esili, dove ancora scontano i dannati.
Forse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori, si riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa, coltiveranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, quali il commercio e le attività industriali, stringendo solidi legami. Noi aspettiamo quel giorno.
Nel mio rifugio moresco, mentre tamburella
l'acqua della semina benedetta sui vetri,
io penso alla lontana Europa che combatte,
al Nord feroce, avvolto nelle piogge autunnali.
Dove guerreggiano galli, teutoni ed inglesi,
là nelle vecchie Fiandre e in una fredda sera,
su cavalieri e fanti, su carri e su cannoni
mette il velo la pioggia della melanconia!
Avvolgerà la nebbia le rosse spoglie belliche
grigia sordina al ferrigno chiarore del campo,
le nebbie della Mancia cadranno come un sudario
della fiamminga duna sul fango insanguinato.
Un imperatore ha schierato le truppe della Germania
contro il francese avaro e il triste moscovita,
e ha osato sferzare la fulva pantera di Britannia.
Mezzo pianeta in armi contro il teutone milita.
Signore! La guerra è orrenda e barbara: la guerra,
odiata dalle madri, fa infuriare le anime;
mentre la guerra passa, chi semina la terra?
Chi segherà la spiga, che dal giugno è ingiallita?
Albione scruta e insegue le carene sui mari;
Germania abbatte templi, dimore ed officine;
la guerra mette un soffio di gelo nelle case,
la fame sulle strade e nelle donne il pianto.
È barbara la guerra e ottusa e regressiva;
perché su Europa ancora questa sanguigna raffica
che falcia l'anima e questa aggressiva follia?
Perché l'uomo si ubbriaca di sangue un'altra volta?
La guerra ci riporta [...]
il delirio d'orrori
di Attila in Europa coi suoi feroci eserciti;
le orde mercenarie, i pùnici rancori;
la guerra ci riporta i morti millenari
di ciclopi, centauri, Eracli e Tesei;
risuscita la guerra i sogni cavernicoli
dell'uomo con villosi giganteschi mammut.
Ebbene? Il mondo in guerra e solo Spagna in pace.
Salute, o buon Chisciano! Se è tuo questo contegno,
io ti saluto. Salve! Salve, pace spagnola,
se non sei pace vile, ma disdegno ed orgoglio.
Se sei disdegno e orgoglio, tuo valore, su lustri
in questa pace, valida, la spada arrugginita,
per teneri a pulita, senza macchia, impugnando
l'arma della tua vecchia panoplia disusata;
se lucidi e forbisci i ferri per - un giorno -
vestir di luce, e in piedi: eccomi, dunque, Spagna,
tutta, in anima e corpo, per una guerra mia,
eccomi, dunque, armata per la mia propria impresa,
dire, affinché chi ascolta dica: è voce non eco.
Il buon mancego parla parole di saggezza;
sembra che il cavaliere incartapecorito
il senno ha riacquistato, con la spada alla vita;
pace di Spagna, allora ti saluto. Se sei
vergogna umana di ostinati livori
con cui mercanti avari s'ammazzano a migliaia,
sopra la terra madre che nudi li partorì;
se sai come l'Europa intera naufragava
in una pace senz'anima, in affanno. senza vita,
e che l'annichilava una febbre crudele,
Gli uomini di fronte alla guerra
che oggi è febbre di questo conflitto fratricida;
...
pace di Spagna, allora ti. dico salve anch'io,
e a te, la forte Spagna; se, in pace benedetta,
nel tuo disdegno incidi, come sopra uno scudo,
due pupille che scrutano e un cipiglio che medita.