È facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende sempre qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri s'incontrano e i loro sguardi s'incrociano tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose, sotto il sole, sono state scritte dalla stessa mano, la mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i proprio tesori sotto il sole, perché se tutto ciò non esistesse non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.
Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell'essere umano. Anche quando un amico fa qualcosa che non ti piace, egli continua a essere un tuo amico. Qualunque azione motivata dal furore è un'azione condannata al fallimento.
Il mondo chiama onesta la donna che con gli ornamenti della persona ad arte vestita, ad arte ignuda, con gli atti, gli sguardi, le parole accennanti ad amore, s'ingegna di suscitare quanti può desiderii, ma non degna saziarli perché i desiderii suoi sono altrove.
Bisogna essere capaci di affondare lo sguardo nel profondo di quell'abisso smisurato che è il nostro cuore. Guardarci dentro, per accorgerci che quel mondo rovesciato di cui spesso ci lamentiamo è fatto anche dalle nostre piccole mostruosità.
Si scrutano l'un l'altro, mentre l'angelo sale verso le altezze serene del bene, e lui, Maldoror, scende invece verso gli abissi vertiginosi del male... Che sguardo! Tutto ciò che l'umanità ha pensato da sessanta secoli, e ciò che ancora penserà nei secoli successivi, potrebbe agevolmente esservi contenuto, tante furono le cose che si dissero in quel supremo addio! Ma si trattava, è evidente, di pensieri più elevati di quelli che scaturiscono dall'intelligenza umana; innanzitutto a causa dei due personaggi, e poi della circostanza. Quello sguardo li unì in un'amicizia eterna.
Nel film "Lo sguardo dell'altro" si misura il potere della parola eppure è passato per un film hardcore. Ricordo che in un sito internet americano ero classificata come attrice porno: ho dovuto faticare per spiegare l'errore ai miei amici. Lo sguardo dell'altro è un film che esalta il potere della suggestione, ma pur parlando molto di sesso non mostra. Girarlo è stato faticoso, alcuni lo detestano, altri lo amano. Le donne? Lo adorano.
Attendeva paziente, quasi allegra, senza nessuna ansia, mentre i ricordi cedevano il posto a speranze e progetti. Speranze e progetti talmente complessi che non vedeva nemmeno più i cuscini bianchi su cui fissava lo sguardo, né si ricordava di cosa fosse in attesa.
Fotografare è riconoscere nello stesso istante e in una frazione di secondo un evento e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento. È porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. È un modo di vivere.
Lo sguardo di chi oggi guarda romanticamente al cielo, non incontra che ciminiere fumanti. Viviamo in un freddo mondo di lavoro, che impegna inesorabilmente tutto l'uomo.
Quella ragazza ha gli occhi più incredibili che abbia mai visto. Chiunque porti in giro occhi di quel genere non può essere una persona cattiva. Forse può anche succedere che faccia dei danni, ma solo se davanti a lei si sente il bisogno di abbassare per primi lo sguardo.
Jordan sentì il suo sguardo entrargli dentro fino a raggiungere quel posto segreto dove gli uomini nascondono le lacrime.
Frasi sullo sguardo
DiGiorgio Faletti
Ah, mio dio. Mio Dio. Perché non esisti?
Così sbiadito a quest'ora lo sguardo del mare, che pare negli occhi (macchie d'indaco appena celesti) del bagnino che tira in secco le barche. / Come una randa cade l'ultimo lembo di sole. / Di tante risa di donne, un pigro schiumare bianco sull'alghe, e un fresco vento che sala il viso rimane.
Lo sguardo della Vergine è il solo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che mai si sia posato sulla nostra vergogna e sulla nostra miseria.
L'immaginazione di Chopin era ardente e i suoi sentimenti arrivavano sino alla violenza. La sua struttura fisica era debole e malaticcia. Chi può misurare le sofferenze scaturite da queste cose opposte? Devono esser state tremende, ma non ne diede mai spettacolo. Ne conservò il segreto, lo nascose a tutti gli sguardi sotto l'impenetrabile serenità di una fiera rassegnazione.
Io piango, quanno casco nello sguardo | de' 'n cane vagabondo perché, | ce somijamo in modo assurdo, | semo due soli al monno. [da Io nun piango, 1977]
È nel silenzio di questi sguardi che egli [il malato] si sente posseduto, perduto nel suo corpo, alienato, ristretto nelle sue strutture temporali, impedito di ogni coscienza intenzionale. Egli non ha più in sé alcun intervallo: non c'è distanza fra lui e lo sguardo d'altri, egli è oggetto per altri tanto da arrivare ad essere una composizione a più piani di sé, posseduto dall'altro "in tutti i piani possibili del suo volto e in tutte le possibili immagini che di volta in volta possono derivare dai vari atteggiamenti che si possono cogliere". Il corpo perché sia vissuto è dunque nella relazione di una particolare distanza dagli altri, distanza che può essere annullata o aumentata a seconda della nostra capacità di opporsi.
Non credo che chiesi promesse al suo sguardo, | non mi sembra che scelsi il silenzio o la voce, | quando il cuore stordì e ora no, non ricordo | se fu troppo sgomento o troppo felice, | e il cuore impazzì e ora no, non ricordo, | da quale orizzonte sfumasse la luce.