L'elemento tempo è in generale molto più riconoscibile nella linea che nel punto la lunghezza è un concetto temporale. D'altra parte, seguire una retta è temporalmente diverso dal seguire una curva, anche se le lunghezze siano le stesse; e quanto più mossa è la curva, tanto più essa si estende nel tempo. Dunque, nella linea le possibilità di uso del tempo sono molteplici. L'uso del tempo nelle linee orizzontali e in quelle verticali assume, anche a parità di lunghezza, diverse colorazioni interne. Forse si tratta, in effetti, di lunghezze diverse, e questo, in ogni caso, sarebbe psicologicamente spiegabile. Dunque, l'elemento temporale non può essere ignorato nella composizione puramente lineare e deve essere sottoposto a un esame preciso.
Sotto gli alberi spogli del viale
degli svaghi offri invano il suo zampillo.
Ma è venuta l'estate, altro le accade.
È cara a tutti, al vecchio curvo come
al giovane che il suo corpo modella
nel segno sotto cui nacque, severo.
Il passante che segue di un pensiero
arido i fili e la scopre, devia
verso una gioia pronta e gratuita.
Offre un sorso di vita ad ogni vita,
che in sé grata l'accoglie, poi l'oblia,
per proseguire ignara al suo destino.
[Gli altri prigionieri di Auschwitz] popolano la mia memoria della loro presenza senza volto e se potessi racchiudere in un'immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia del pensiero.
Sento i corni profondi e le trombe militari | ritmare la volata dei remi; il chiaro canto | dei curvi vogatori incatena il tumulto, || e gli Dei, sulla rupa eroica esaltati | nell'antico sorriso che la schiuma insulta | tendono a me le braccia indulgenti e scolpite. (da Elena)
Per Sabina fu come se Franz avesse forzato la porta della sua intimità. [ ] Contro la sua volontà sarebbe diventata la rivale di una donna che non la interessava affatto. [ ] Tutti avrebbero osservato, da vicino o da lontano, e lei sarebbe stata obbligata a recitare davanti a tutti, invece di essere Sabina avrebbe dovuto recitare la parte di Sabina e pensare a come recitare quella parte. L'amore reso pubblico sarebbe aumentato di peso e sarebbe diventato un fardello. Solo a pensarci, Sabina si curvava sotto quel fardello.
Mia moglie Vera mi dice: «Sulle strade francesi ogni cinquanta minuti muore un uomo. Guardali, tutti questi pazzi che corrono accanto a noi. Sono gli stessi che sanno essere così straordinariamente prudenti quando sotto i loro occhi viene scippata una vecchietta. Com'è possibile che quando guidano non abbiano paura?». Che cosa rispondere ? Questo, forse: che l'uomo curvo sulla motocicletta è tutto concentrato sull'attimo presente del suo volo; egli si aggrappa a un frammento di tempo scisso dal passato come dal futuro; si è sottratto alla continuità del tempo; è fuori del tempo in altre parole, è in uno stato di estasi: in tale stato non sa niente né della sua età, né di sua moglie, né dei suoi figli, né dei suoi guai, e di conseguenza non ha paura, poiché l'origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro non ha più nulla da temere.
Chiamiamo folle chi chiude gli occhi per vedere, e follia il rifiuto di vedere quello che tutti credono di vedere. Verità semmai è questo incurvamento dello sguardo, addirittura un rovesciamento, una cancellazione. E si sarebbe due volte folli se si fosse sordi a questo esercizio di verità.
Se guardiamo un pezzo di legno perfettamente diritto, immerso nell'acqua, ci sembra curvo e spezzato. Non ha importanza che cosa guardi, ma come guardi: la nostra mente si ottenebra nello scrutare la verità.
Sono un piccolo uccellino | cui i bei voli hanno vietato. | Canto qui e sera e mattino | per colui che m'ha ingabbiato; | e se al Cielo così piace | in prigione trovo pace. || Non si ferma ad ascoltare | quello a cui volgo i miei canti; | si curvò per afferrare | le mie ali un tempo erranti. | Su di me, ecco, improvviso | per udirmi piega il viso.
Contro l'oppenioni de molti che dicono che le figure contente da linee curve e circulare perfettamente non si dà la loro quadratura, maximamente di quelle che sono portion de circuli, questo dicono al mio giuditio per la auctorità d'Aristotele che dice che quadratura circuli est scibilis, sed non scita quia est impotentia naturæ; et non potendosi dare perffettamente la quadratura del circolo, de qui argumentano essere impossibile il quadrar perfettamente le figure contente da linee curve seu circulare ut supra; pertanto io che perffettamente trovo la quadratura della figura qui depincta, zoè di quella biangula in forma di luna signata AB, dico, che se havessimo accurati indaghatori, che sì come la quadratura del circolo è impotentia de la nattura, che similmente serìa in quella de gli homeni.
La vita non è un filo diritto, ci sono curve, alti e bassi, cose più interessanti e cose meno, basta solo sorridere alla vita e amare la gente più che si può. [Sulla sconfitta del tumore]
E mentre ancora seguivo con lo sguardo le oche che volavano basse sull'acqua e scomparivano alla prossimità curva del fiume, fui improvvisamente colto da quel senso di meraviglia per le cose note e familiari che è all'origine della filosofia. Provai in me un profondo stupore per la possibilità di una tale dimestichezza con un uccello libero e selvatico, e la constatazione di questo fatto mi rese stranamente felice, come se con ciò si fosse potuto un poco riparare alla cacciata dall'Eden.
A una data età nessuno di noi è quello a cui madre natura lo destinava; ci si ritrova con un carattere curvo come la pianta che avrebbe voluto seguire la direzione che segnalava la radice, ma che deviò per farsi strada attraverso pietre che le chiudevano il passaggio.
Fu adunque questo nostro poeta [Dante Alighieri] di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.
Tutti viviamo come nemici assediati | dentro un mastio di ferro.|| Questa strada è irta di sassi: | ne siamo tutti viaggiatori. | Io vi dico: curviamoci sui nostri passi, | sulle nostre lanterne da minatori.
[Primi versi, I carbonari]
Eppure no, non doveva cedere, rassegnarsi. L'idea di rincasare immediatamente, che di nuovo tornava a tentarlo, questa volta fu pronto a scartarla, senza esitazione di sorta. Ripercorrere in senso contrario la strada piena di curve che aveva percorso poco fa, ripassare sotto Pomposa, riattraversare Codigoro o quanto meno girarle attorno, e infine, verso le undici, scorgere profilarsi di lontano le quattro torri del castello Estense: tutto questo non sarebbe valso che a ripiombarlo, non ne aveva il più piccolo dubbio, in fondo a quel medesimo cupo pozzo di tristezza accidiosa da cui a un certo punto aveva creduto di essere emerso definitivamente.
Appena oltre il Lambro ritrovi la dolce Bassa natìa con un brivido lungo e impensato. La strada è ampia, a duplice corsia. Patetiche braide i cassînn sopravvivono in un paesaggio che ancora le capisce, cioè le comprende e le contiene. Tuttavia se ne stanno umili e pudiche in disparte, e proprio dal loro intonaco dimesso intuisci il miracolo imminente. Ecco infatti, oltre la curva, un rosseggiare improvviso di case non altere ma nobili, e così improvvidamente intonate con il tradizionale mattone lombardo che le prospettive scandinave della nuova città non ti allarmano per nulla.
Tante Sicilie, perché? Perché la Sicilia ha avuto la sorte ritrovarsi a far da cerniera nei secoli fra la grande cultura occidentale e le tentazioni del deserto e del sole, tra la ragione e la magia, le temperie del sentimento e le canicole della passione. Soffre, la Sicilia, di un eccesso d'identità, né so se sia un bene o sia un male. Certo per chi ci è nato dura poco l'allegria di sentirsi seduto sull'ombelico del mondo, subentra presto la sofferenza di non sapere districare fra mille curve e intrecci di sangue il filo del proprio destino.
Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.
U Po Kyin, un magistrato del sottodipartimento di Kyauktada nella Birmania superiore, stava seduto nella veranda di casa sua. Erano solo le otto e mezzo, ma si era già nel mese di aprile e si sentiva nell'aria come un'oppressione, la minaccia delle lunghe ore soffocanti del meriggio. A tratti, lievi folate di vento che per contrasto sembravano fresche agitavano le orchidee appena annaffiate, pendenti dalla grondaia. Al di là delle orchidee si scorgeva il tronco curvo e polveroso di una palma, e poi il cielo sfolgorante color oltremare. Allo zenith, così in alto che abbagliavano solo a guardarli, alcuni avvoltoi roteavano senza un palpito d'ala.
Eravamo saliti da poco sull'autobus quando ci fu lo scontro. Prima avevamo preso un altro autobus, solo che io avevo perso un ombrellino. Scendemmo a cercarlo e fu così che salimmo su quell'autobus che mi rovinò. L'incidente avvenne su un angolo, di fronte al mercato di San Juan, esattamente di fronte. Il tram procedeva con lentezza, ma il nostro autista era un ragazzo giovane, molto nervoso. Il tram, nella curva, trascinò l'autobus contro il muro.
Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo. Riposava sulla schiena, dura come una corazza, e sollevando un poco il capo vedeva il suo ventre arcuato, bruno e diviso in tanti segmenti ricurvi, in cima a cui la coperta del letto, vicina a scivolar giù tutta, si manteneva a fatica. Le gambe, numerose e sottili da far pietà, rispetto alla sua corporatura normale, tremolavano senza tregua in un confuso luccichio dinanzi ai suoi occhi.
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva: | e sibila il vapore, e sembra quasi cosa viva; | e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria: | «Fratello non temere, che corro al mio dovere, | trionfi la giustizia proletaria!». | Trionfi la giustizia proletaria. Trionfi la giustizia proletaria.