Il miracolo costituente d'un tempo è difficile che si rinnovi oggi, quando qualsiasi mutamento della Costituzione si risolve, per gli uni e per gli altri, in un vantaggio o in uno svantaggio, che ciascuno è in grado di calcolare. Manca quell'iniziale "velo dell'ignoranza" circa la distribuzione dei costi e dei benefici che, all'inizio di un'epoca costituzionale, induce ad orientarsi secondo idee generali e non secondo interessi particolari.
Diceva un astrofisico che dopo avere ininterrottamente esplorato e ascoltato, percorso, calcolato l'inanimato delle galassie mediante i più potenti radiotelescopi d'Europa e d'America, era certo di aver percepito il grande grido emesso dalla totalità dell'Universo, molto simile allo straziante lamento di un ferito moribondo che non riceve soccorso da nessuno - un incessante segnale di S.O.S. di viventi irraggiungibili, come se uno sterminato oceano di entità vocali (bocche temeva di dirlo) di mondo in mondo lo emettesse senza speranza.
Se consideriamo tutta la terra abitata si vedrà che le moltitudini di quelli che vivono a spese del male - cioè della sventura e del peccato - sono, contando anche quelli che fanno parte della loro cerchia, sterminate e immense. Ho calcolato per mio conto che un quarto almeno dell'umanità vive alle spalle della malattia e del delitto.
Inizio a camminare.
Cammino lento perché non ho bisogno di correre. Cammino lento perché non voglio correre. Tutto è previsto, anche il tempo legato al mio passo. Ho calcolato che mi bastano otto minuti. Al polso ho un orologio da pochi dollari e un peso nella tasca della giacca. È una giacca in tela verde e sul davanti, sopra il taschino, sopra il cuore, una volta c'era una striscia cucita con un grado e un nome. Apparteneva a una persona il cui ricordo è sbiadito come se la sua custodia fosse stata affidata alla memoria autunnale di un vecchio. È rimasta solo una leggera traccia più chiara, un piccolo livido sul tessuto, sopravvissuto all'affronto di mille lavaggi quando qualcuno
Chi?
perché?
ha strappato via quella striscia sottile e ha trasferito il nome prima su una tomba e poi nel nulla.
Adesso è una giacca e basta.
La mia giacca.
Ho deciso che la metterò ogni volta che uscirò per fare la mia breve camminata di otto minuti. Passi che si perderanno come fruscii nel fragore di milioni di altri passi camminati ogni giorno in questa città. Minuti che si confonderanno come scherzi del tempo, stelle filanti senza colore, un fiocco di neve sul crinale che è l'unico a sapere di essere diverso da tutti gli altri.
Devo camminare otto minuti a un passo regolare per essere sicuro che il segnale radio abbia voce sufficiente per compiere il suo lavoro.
Ho letto da qualche parte che se il sole si spegnesse di colpo, la sua luce raggiungerebbe la terra ancora per otto minuti prima di precipitare tutto nel buio e nel freddo dell'addio.
D'un tratto mi ricordo di questa cosa e mi metto a ridere. Solo, in mezzo alla gente e al traffico, la testa levata al cielo, una bocca spalancata su un marciapiede di New York per la sorpresa di un satellite nello spazio, mi metto a ridere. Intorno a me persone si muovono e guardano quel tipo in piedi all'angolo di una strada che sta ridendo come un pazzo.
Qualcuno forse pensa che pazzo lo sia davvero
Uno addirittura si ferma e per qualche istante si unisce alla mia risata, poi si rende conto che ride senza saperne il motivo. Rido fino alle lacrime per la incredibile e derisoria viltà del destino. Uomini hanno vissuto per pensare e altri non hanno potuto farlo per essere stati costretti alla sola incombenza di sopravvivere.
E altri a morire.
Un affanno senza remissione, un rantolo senza aria da salvare, un punto interrogativo da portare sulle spalle come il peso di una croce, perché la salita è una malattia che non finisce mai. Nessuno ha trovato il rimedio per il semplice motivo che il rimedio non c'è.
La mia è solo una proposta: otto minuti.
Nessuno fra gli esseri umani che si affannano intorno a me può sapere il momento in cui questi ultimi otto minuti inizieranno.
Io sì.
Io ho nelle mie mani molte volte il sole e posso spegnerlo quando voglio. Raggiungo il punto che per il mio passo e per il mio cronometro rappresenta la parola qui, infilo la mano in tasca e le mie dita circondano un piccolo oggetto solido e conosciuto. La mia pelle sulla plastica è una guida sicura, un sentiero da percorrere, una memoria vigile.
Trovo un pulsante e con delicatezza lo premo.
E un altro,
E un atro ancora.
Un attimo o mille anni dopo, l'esplosione è un tuono senza temporale, la terra che accoglie il cielo, un momento di liberazione. Poi le urla e la polvere e il rumore delle macchine che si scontrano, e le sirene mi avvertono che per molta gente dietro di me gli otto minuti sono finiti.
Questo è il mio potere.
Questo è il mio dovere.
Questo è il mio volere.
Io sono Dio.
Il mondo circostante era, come si è già notato, un groviglio di dipendenze familiari, feudali, e altre. L'idea complessa di San Francesco era che i Piccoli Frati dovessero essere come pesciolini, liberi di muoversi a proprio piacimento in quella rete. E potevano farlo proprio per il loro essere piccoli e perciò guizzanti. [...] Calcolando, per così dire, su questa astuzia innocente, il mondo era destinato ad essere circuito e conquistato da lui, e impacciato nel reagire alla sua azione. Non si poteva di certo lasciar morire di fame un uomo continuamente votato al digiuno, né lo si sarebbe potuto distruggere e ridurre alla miseria, poiché era già un mendicante. Vi sarebbe stata una soddisfazione ben scarna anche nel percuoterlo con un bastone, poiché egli si sarebbe lasciato andare a salti e canti di gioia, essendo l'umiliazione la sua unica dignità. E nemmeno lo si sarebbe potuto impiccare, perché il cappio sarebbe divenuto la sua aureola.
Non si sa perché noi donne col nostro cellulare non riusciamo a chiamare neanche il centro assistenza senza aiuto... col suo in due minuti diventiamo degli hacker! Tramite un calcolo astrale siamo riuscite a risalire al suo codice pin, gli guardiamo le ultime dieci chiamate ricevute e gli scarichiamo pure San salvador, così, per riconoscenza, polifonica.
Ho un po' di visione strategica: posso calcolare alcune poche mosse in anticipo e ho un intelletto che si perde malamente in un paese che è gestito da generali e colonnelli.
Sono intorno a noi, in mezzo a noi, in molti casi siamo noi a far promesse senza mantenerle mai se non per calcolo, il fine è solo l'utile, il mezzo ogni possibile, la posta in gioco è massima, l'imperativo è vincere e non far partecipare nessun altro, nella logica del gioco la sola regola è esser scaltro: niente scrupoli o rispetto verso i propri simili perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili.
A ogni funzione di coordinate di posizione - e velocità - nella meccanica dell'onda ci dovrebbe essere legata una matrice in un modo tale che queste matrici, in ogni caso soddisfino le regole del calcolo formale di Born e Heisenberg. [...] La soluzione del naturale valore limite del problema di questa equazione differenziale nella meccanica dell'onda è completamente equivalente alla soluzione dei problemi algebrici di Heisenberg.
La specie umana ha sentito il bisogno respiratorio di allargare i bronchi e sconfinare oltre i bordi dell'esistenza assegnata. Questo bisogno fu più importante dell'organizzarsi in comunità sociali. I numeri che permettono i calcoli del cielo precedono le legislature, Pitagora viene prima di Pericle e Platone. La scoperta del ciclo di apparizione delle comete e delle eclissi precede la polis. Le regole del triangolo spuntano prima della politica.
È necessario far calcolo del fine a noi immediatamente dato e di tutta intera l'evidenza, alla quale riportiamo i nostri giudizi. Altrimenti tutto sarà pieno di disordine e confusione.
Un tempo illimitato contiene la stessa quantità di piacere che uno limitato, quando i confini dei piaceri si valutino con retto calcolo.
Frasi sui calcoli
DiEpicuro
Non cresce il piacere della carne, ma solo subisce variazione, una volta che sia rimossa tutta la sofferenza che viene dal bisogno. Il limite dei piaceri che la ragione ci prescrive è prodotto dal calcolo razionale di questi stessi e di tutte le affezioni dello stesso tipo, che procurano all'anima i più grandi timori.
Per lei [Kien pensando a che testo dare a Therese] non si poteva prendere in considerazione che un romanzo. Non che dai romanzi la mente tragga molto nutrimento. Il piacere che forse essi offrono lo si paga a carissimo prezzo: essi finiscono per guastare anche il carattere più solido. Ci s'abitua ad immedesimarsi in chicchessia. Si prende gusto al continuo mutare delle situazioni. Ci si identifica con i personaggi che piacciono di più. Si arriva a capire qualunque atteggiamento. Ci si lascia guidare docilmente verso le mete altrui e si perdono di vista le proprie. I romanzi sono dei cunei che un autore con la penna in mano insinua nella chiusa personalità dei suoi lettori. Quanto più egli saprà calcolare la forza di penetrazione del cuneo e la resistenza che gli verrà opposta, tanto più ampia sarà la spaccatura che rimarrà nella personalità del lettore. I romanzi dovrebbero essere proibiti dalla legge.
Ho sempre scritto canzoni di getto, così come mi venivano. Con lo spirito di quello che lo faceva tanto per divertirsi, incoscientemente, senza calcoli di mercato, perché allora non se ne facevano. Lho fatto così, senza marketing, senza ricerche particolari sui gusti del pubblico. Semplicemente offrendo quello che mi veniva in testa. Spesso questo ha coinciso coi gusti del pubblico, e quindi è andato bene.
Si tenga lontano come la peste l'opinione di taluno che vorrebbe differire la prima comunione a un'età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza.
Se avessi saputo che era possibile salvare tutti i bambini della Germania trasportandoli in Inghilterra, e soltanto la metà trasferendoli nella terra d'Israele, avrei scelto la seconda soluzione, a noi non interessa soltanto il numero di questi bambini ma il calcolo storico del popolo d'Israele.
Strano, lo sguardo del cane che spinge. È sempre una faccenda che lo assorbe molto. Preferirebbe non essere visto, vorrebbe tanto guardare altrove, ma la cosa richiede tutta la sua concentrazione. Si tratta di ottenere un equilibrio pendolare del treno posteriore, di calcolare un'esatta verticale, di non farsela sulle zampe e di non caderci seduto dentro. Un gran numero di parametri da valutare contemporaneamente. Si vorrebbe fare in fretta e con discrezione, ma l'evento richiede lentezza, esige applicazione. La fronte si corruga, il sopracciglio si aggrotta. Se c'è una circostanza della sua vita in cui il cane sembra pensare, un momento di pura introspezione, è quando spinge.
Non esiste un nucleare sicuro o a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo.
L'idea di concedere a un gruppo di adolescenti l'opportunità di giocare liberamente con un computer era nata al Club delle Mamme della Lakeside, la scuola privata che frequentavo. Le mamme avevano deciso che il ricavato di un'asta di oggetti usati venisse impiegato per installare un terminale e consentire agli allievi di utilizzarlo per alcune ore. Offrire la possibilità di usare un calcolatore era un'iniziativa a dir poco sorprendente per la Seattle della fine degli anni Sessanta, e per questo sarò sempre loro grato.
Non sono né ambiziosa né calcolatrice. Non vado alle feste per arruffianarmi le persone che contano, non amo la mondanità. Lavoro con tutti, ma non ho coltivato alcuna amicizia nel mondo della moda.