Dove la produzione non tollera interruzioni, le merci "hanno bisogno" di essere consumate, e se il bisogno non è spontaneo, se di queste merci non si sente il bisogno, occorrerà che questo bisogno sia "prodotto". In una società opulenta come la nostra, dove l'identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma "devono" essere sostituiti, può darsi che si cominci ad avvertire, sotto quel mare di pubblicità che ogni giorno ci viene rovesciato addosso, una sorta di appello alla distruzione, una forma di nichilismo dovuto al fatto, come scrive Gunther Anders, che: "L'umanità che tratta il mondo come un mondo da buttar via, tratta anche se stessa come un'umanità da buttar via".
In principio era il vuoto. Poi il vuoto si è contratto, è diventato più piccolo di una capocchia di spillo. È stata una sua volontà o qualcosa l'ha costretto? Nessuno può saperlo, ciò che è troppo compresso alla fine esplode, con rabbia, con furore. Dal vuoto è nato un intollerabile bagliore, si è sparso nello spazio, non c'era più buio lassù, ma luce. Dalla luce è scaturito l'universo, schegge impazzite di energia proiettate nello spazio e nel tempo. Correndo e correndo, hanno formato le stelle e i pianeti. Il fuoco e la materia. Sarebbe potuto bastare questo, eppure non è bastato.
Ogni sistema per imporre tariffe d'uso di un programma, comprese le licenze d'uso per le copie, è sempre estremamente costoso in termini sociali a causa del complesso meccanismo necessario per decidere quanto (cioè per quali programmi) ognuno debba pagare, e solo uno stato di polizia può costringere tutti all'obbedienza. Immaginate una stazione spaziale dove l'aria deve essere prodotta artificialmente ad un costo elevato: far pagare ogni litro d'aria consumato può essere giusto, ma indossare la maschera col contatore tutto il giorno e tutta la notte è intollerabile, anche se tutti possono permettersi di pagare la bolletta. E le videocamere poste in ogni dove per controllare che nessuno si tolga mai la maschera sono offensive. Meglio finanziare l'impianto di ossigenazione con una tassa pro capite e buttar via le maschere.
[Riferendosi alla Festa della Liberazione] Si dice che è una festa che dovrebbe unificare gli italiani. Ci sono dei connazionali con cui non mi sento unito; se in alcune parti d'Italia si può immaginare una propensione naturale alla pulizia etnica, io non mi sento unito. Se trovo un sindaco che immagina di dover punire dei bambini per stigmatizzare l'atteggiamento delle loro famiglie, io non mi sento unito a quel sindaco. Se c'è chi pensa che l'omofobia, il razzismo, la xenofobia, la mitologia negativa del diverso, siano ingredienti con cui convivere, io non mi sento di unirmi a chi pensa che l'intolleranza sia un fatto naturale.
Esiste un potere dell'opinione pubblica in questo paese - e ringrazio Dio per questo, perché è il più onesto e il migliore di tutti i poteri - che non tollererà un uomo che sia incapace o indegno di detenere nelle sue mani, siano esse deboli o malvagie, le vite e le fortune dei suoi concittadini.
[Al fratello Giuseppe II] So che, specialmente in fatto di politica, ho pochissima influenza sul pensiero del re. È forse prudente da parte mia fare scenate con il suo ministro su argomenti per i quali può essere quasi sicuro che il re non mi appoggerebbe? Senza alcuna ostentazione o bugie, ho fatto credere agli altri che ho più influenza di quanto in realtà ne abbia, perché se non gli avessi lasciato credere ciò, ne avrei avuta anche meno.
Come potevo sapere che lo stato versasse in simili condizioni? Quando chiedevo del denaro me ne veniva dato il doppio del richiesto! [4]
Signori, vengo a portarvi la sposa e la famiglia del vostro sovrano; non tollerate che si divida sulla terra quel che è stato unito in cielo.
[Discorso per l'Assemblea, scritto il 17 luglio 1789]
Non tollero i pazzi, ma anche loro non tollerano me. Così spesso risulto pungente. Forse è per questo che ho un particalore talento per interpretare donne anziane e pungenti.
Solo chi prende il mondo quale è ha la chance di poter pensare e dire circa il mondo qualche cosa di valido, anche quando la sua prima affermazione fosse che bisogna cambiare il mondo perché, così come è, è intollerabile.
La bellezza è il ponte unico che ci collega con l'infinito. È apparsa per frenare l'intollerabilità del male umano e del suo lamento nella porzione di Essere che ci limita e opprime.
"Guardo la mia luce che muore" dice un personaggio di Beckett. È l'unica risposta giusta e sensata che possiamo dare, in vecchiaia, agli insolenti che ci assillano con i loro petulanti, intollerabili: "che cosa stai facendo", "a cosa stai lavorando", "quali programmi hai", "che cosa farai l'anno prossimo". La luce che muore non fa confidenze e ha altro da pensare.
In Italia c'è un popolo straordinario, che è capace di accogliere, di amare e all'occorrenza di farsi anche una risata quando vengono pronunciate parole intolleranti.
[Su Filippo Buonarroti] Era un uomo profondo, ma assai gretto: conformava la sua vita alle sue credenze; ma era intollerante, e mi tacciava di traditore, se per caso affiliavo un banchiere o un ricco borghese. Era inoltre comunista.
Le differenze in termini di origini etniche, religiose e culturali sono aumentate. Il rischio che queste differenze si traducano in un fattore di esclusione è sempre presente ed è aggravato dal diffondersi di una retorica pubblica che non esita, anche in Italia, ad incorporare accenti di intolleranza o xenofobia.
Noi vogliamo essere, e ci vantiamo di essere, cattolici e buoni cattolici. Ma la nostra intransigenza non tollera confusioni di sorta [...] Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti - nel nostro credere, obbedire, combattere - noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti.
Coi profitti a zero la crisi non si risolve ma si incancrenisce e può produrre il peggio. Noi abbiamo due sole prospettive: o uno scontro frontale per abbassare i salari o una serie di iniziative coraggiose e di rottura per eliminare i fenomeni più intollerabili di spreco e d'inefficienza. È inutile dire che questa è la nostra scelta.
Credetemi, ne so qualcosa di intolleranza razziale. A undici anni fui chiamato "sporco italiano" a casa mia, nel New Jersey. L'abbiamo fatto tutti. Tutti abbiamo usato la parola negro, ebreo, giallo e così via. Basta, ragazzi. Tornate a scuola. [agli studenti in sciopero del liceo di Gary, Indiana 1945]
Lalternanza, in democrazia, è indispensabile. Il Pd era concepito per riconquistare il cuore, il centro della società italiana. Il suo spostamento a sinistra impone che altri assolvano questo impegno fondamentale. Oggi, né la sinistra, né il cosiddetto centrismo parlano ai giovani, alle partite Iva, alle persone sensibili allambiente. Occorrono progetti pragmatici, ed emozioni. Occorre unonestà senza macchie. Una laicità senza intolleranza.
Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora, ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi.
So bene che in Italia i "delusi dall'inglese" sono almeno quanti i delusi d'amore, e come questi non tollerano che si rida dell'amore, quelli non vogliono che si scherzi sull'inglese.