Sulla spiaggia di notte
sta una bambina con suo padre
guardando lest, il cielo autunnale.
Attraverso loscurità,
mentre depredanti nuvole, funeree nuvole, in nere masse
sgorgando,
più basse cupe e veloci di traverso al cielo,
in mezzo a una trasparente chiara cintura di etere
lasciata libera a oriente,
ascende vasto e calmo Giove, signore degli astri,
e vicino a lui, solo poco più in alto,
nuotano le delicate sorelle, le Pleiadi.
Sulla spiaggia la bambina che tiene la mano del padre,
quelle nuvole funeree che si abbassano vittoriose per
divorare tutto,
guardando piange in silenzio.
Non piangere, bambina,
non piangere, mia cara,
con questi baci chio allontani le tue lacrime,
le nuvole depredanti non saranno più a lungo vittoriose,
non avranno a lungo il possesso del cielo, divorano le
stelle soltanto in apparenza,
Giove riemergerà, sii paziente, guarda ancora unaltra
notte, le Pleiadi emergeranno,
sono immortali, tutte quelle stelle dorate e inargentate
brilleranno ancora,
le stelle grandi e le piccole brilleranno ancora, durano,
i vasti soli immortali e le eterne, riflessive lune
brilleranno ancora.
Allora mia cara piangerai tu sola per Giove?
consideri tu sola la sepoltura delle stelle?
Qualcosa cè,
(con le mie labbra calmandoti, io aggiungo in un
sussurro,
ti do il primo consiglio, il primo inganno,)
qualcosa cè di più immortale anche delle stelle,
(molte le sepolture, molti i giorni e le notti che passano e
svaniscono)
qualcosa che durerà più a lungo anche del luminoso
Giove,
più a lungo del sole e di ogni ruotante satellite,
o delle irradianti sorelle, le Pleiadi.
La signora Dalloway disse che i fiori sarebbe andata a comprarli lei. Poiché Lucy aveva già il suo bel da fare. Bisognava tirar giù le porte dai cardini: venivano gli operai di Rumpelmayer. Eppoi, pensò Clarissa Dalloway, che mattinata! ... limpida, come per farne dono ai bimbi su una spiaggia.
Che delizia! Che tuffo! Sempre, infatti, le aveva fatto questo stesso effetto, a quei tempi, allorquando, spalancata la porta finestra, con un lieve cigolio dei cardini, che ancora le pareva di udire, lei si tuffava nell'aria aperta, a Bourton.
I bambini s'incontrano con grida e danze sulla spiaggia di mondi sconfinati, costruiscono castelli di sabbia e giocano con conchiglie vuote, con foglie secche intessono barchette e sorridendo le fanno galleggiare sulla superficie del mare. I bambini giocano sulla spiaggia dei mondi non sanno nuotare né sanno gettare le reti.
Osserva un bambino che raccoglie conchiglie sulla spiaggia: è più felice dell'uomo più ricco del mondo. Qual è il suo segreto? Quel segreto è anche il mio. Il bambino vive nel momento presente, si gode il sole, l'aria salmastra della spiaggia, la meravigliosa distesa di sabbia. È qui e ora. Non pensa al passato, non pensa al futuro. E qualsiasi cosa fa, la fa con totalità, intensamente; ne è così assorbito da scordare ogni altra cosa. Il segreto della felicità è tutto qui: qualsiasi cosa fai non permettere al passato di distrarre la mente e non permettere al futuro di disturbarti.
[Parlando del matrimonio] Ci ho pensato qualche volta, ma ho ancora davvero le idee confuse. Un giorno lo immagino su una spiaggia, un altro in America e un altro ancora in Sardegna! Chissà prima o poi mi schiarirò le idee.
Nella luminosa e calda ora pomeridiana, il paesaggio napoletano aveva dormito assai, deserto, silenzioso, immobile sotto il leonino sole di agosto. Nella lunga siesta, da mezzogiorno alle quattro, nessuna ombra d'uomo si era veduta, apparendo e sparendo, sulla gran pianura verde dei Bagnoli; sulla larga via bianca, a sinistra, che viene da Posillipo, rasentando l'ultimo spalto di quella collina che è anche un capo, larga via che è la delizia di quanti amano Napoli, stranieri e indigeni, non una carrozza, non un carretto; non una carrozza, non un carretto sulla dritta via, chiamata di Fuorigrotta, e che ai Bagnoli trova il suo primo angolo, voltando per andare a Pozzuoli, a Cuma, a Baia; non una nave sul mare, che sorpassasse il bellissimo capo di Posillipo, per andarsene lontano, linea nera filante, sormontata da un vago piumetto di fumo; non una vela bianca nel canale di Procida; non una barchetta intorno alla verde isola di Nisida, che prospetta, in tutta la sua lunghezza, la spiaggia dolce dei Bagnoli.
C'era una volta un pescatore che vivucchiava alla meglio col prodotto della sua pesca. Partiva in barca la sera, stava a pescare tutta la nottata, e la mattina dopo all'alba era di ritorno.
Quando aveva fatto una buona retata, scorgendo da lontano la moglie che lo attendeva, ansiosa, alla spiaggia, le faceva segno di rallegrarsi, agitando per aria il berretto.
I viaggiatori possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: "Non c'è altro da vedere", sapeva che non era vero.
L'immobilità mi impressiona. Questa bottiglia, questo bicchiere, un ciottolo su una spiaggia deserta, sono cose immobili, ma scatenano nel mio spirito profondi sconvolgimenti. Non provo la stessa sensazione davanti a un essere umano che si sposta di continuo in maniera idiota. La gente che va a fare il bagno su una spiaggia e si agita, mi tocca molto meno dell'immobilità di un sasso.
Quando andai in spiaggia al pomeriggio e improvvisamente feci una profondissima inspirazione yoga per riempirmi di tutta quella buona aria di mar in qualche modo incamerai soltanto un'overdose di iodio, o di male, forse le grotte marine, forse le città di alghe, chissà, il mio cuore di colpo si mise a battere forte-pensavo di assorbire le vibrazioni di quel posto e invece eccomi qui quasi sul punto di perdere i sensi ma non è un deliquio esatico alla san Francesco, è una cosa che s'impadronisce di me sotto forma di orrore per l'eterna condizione di macabra mortalità che è in me e in tutti-mi sentivo completamente spoglio di tutti i miserabili trucchetti difensivi come i pensieri sulla vita o le meditazioni sotto gli alberi e sull'assoluto...
La chitarra va amata come forme, se non ami questo lascia perdere. È come una donna, già il nome è al femminile. La chitarra non è il mandolino, il basso, il clavicembalo, il pianoforte, il trombone: è la chitarra. E poi, guarda caso, ha un buco in mezzo. La chitarra ti prende perché è avvolgente, è calda e poi è comoda. Te la porti al mare, in montagna, in macchina: prova a rimorchiare al mare con un pianoforte, portatelo sulla spiaggia. Voglio vedere come cazzo fai.
Non so come apparirò al mondo. Mi sembra soltanto di essere stato un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l'oceano della verità giaceva insondato davanti a me.
Era un settembre di quelli in cui l'estate pare non dover mai finire. Le cinque miglia del lungomare di Royal-les-Eaux, dietro il quale si stendevano prati ben tenuti, ravvivati ad intervalli da aiuole tricolori di salvia, alisso e lobelia, erano rallegrate dalle bandiere e, sulla spiaggia più lunga della Francia settentrionale, le tende variopinte scendevano allegramente fino alla riva, in folti, redditizi battaglioni.
Amiche, avete un problema fisico? E risolvetevelo! Non ce l'avete? Createvelo, che tanto, anche se siete magre, i vostri fidanzati i culi delle altre in spiaggia li guardano lo stesso.
C'è una gioia nei boschi inesplorati, / C'è un'estasi sulla spiaggia solitaria, / C'è vita dove nessuno arriva vicino al mare profondo, / e c'è musica nel suo boato. Io non amo l'uomo di meno, ma la Natura di più.
Il terzo giorno di pioggia avevano ammazzato tanti granchi dentro casa, che Pelayo dovette attraversare il suo cortile allagato per buttarli nel mare, perché il bambino aveva passato la notte con e caldane e si pensava fosse a causa del fetore. Il mondo era triste fin dal martedì. Il cielo e il mare erano una stessa cosa di cenere, e le sabbie della spiaggia, che in marzo sfolgoravano come polvere di mica, si erano trasformate in una broda di fango e di molluschi putrefatti. La luce era così moscia a mezzogiorno che, mentre Pelayo stava tornando a casa dopo aver buttato via i granchi, gli costò fatica vedere ciò che si moveva e si lamentava in fondo al cortile. Dovette avvicinarsi molto prima di scoprire che era un uomo molto vecchio, che era rovesciato bocconi nella fangaia, e nonostante i suoi sforzi non poteva sollevarsi, perché glielo impedivano le sue enormi ali.
Mentre faceva a ritroso i labirinti in cui aveva vagato per anni, il suo io incominciò a fiorire come una grande rosa lussureggiante. Odiò la spiaggia, detestò i luoghi dove aveva fatto il pianeta intorno al sole di Dick.
Sulla bella costa della riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante. Recentemente è diventato un ritrovo estivo di gente importante e alla moda; dieci anni fa, quando in aprile la clientela inglese andava verso il Nord, era quasi deserto. Ora molte villette vi si raggruppano intorno; ma quando questa storia incomincia, soltanto i tetti di una dozzina di vecchie ville marcivano come ninfee in mezzo ai pini ammassati tra l'Hotel des Etrangers di Gausse e Cannes, otto chilometri più in là.
Pronuncio il tuo nome
nelle notte buie,
quando gli astri vanno
a bere alla luna
e dormono gli alberi
delle foreste cupe.
Ed io mi sento vuoto
di passione e di musica.
Orologio impazzito che canta
morte ore antiche.
Pronuncio il tuo nome
e in questa notte buia,
il tuo nome suona
più lontano che mai.
Più lontano delle stelle,
più dolente della spiaggia quieta.
Ancora ti amerò
come allora? Quale colpa
ha il mio cuore?
Se si alza la nebbia
quale nuova passione m'attende?
Sarà tranquilla e pura?
Potessero le mie mani
sfogliare la luna!
Dammi tre parole, donne soldi amore | Olio spia motore, nervi stress dottore | Turbo fuori serie, barca spiagge ferie | Dammi tre parole, sono solo parole.
Prima con questa prece onoro Gea | che profetessa fu prima: indi Temide | che seconda ebbe sede in questo oracolo, | dopo sua madre, com'è fama; e terza, | né già per forza, ma piacendo a Temide, | vi salì Febe, prole dei Titani, | figliuola anch'essa della terra; e dono | natale a Febo ella ne fece, e il nome | serba ancora dell'ava. E il Dio, lasciate | le scogliere di Delo e la palude, | alle acclivi approdò spiagge di Pallade | e a questo suolo, ed al Parnaso giunse.
Ci sono storiche composizioni degli anni Sessanta tra cui "Il tuo bacio è come un rock", "Tintarella di luna", "Stessa spiaggia stesso mare", "Luglio", "Il pullover", "Con te sulla spiaggia", "Sei diventata nera", che mi sono state attribuite ma che in realtà non ho mai interpretato. Probabilmente per il genere che è riconducibile a quello dei miei maggiori successi: forse i colleghi li avevano interpretati per fare il verso proprio a me.
Ciao, ragazzi: come va? Io COSMICO! Non ho mai creduto che lo scopo dell'educazione sia quello di preparare gli studenti ad affrontare le difficoltà della vita. Se così fosse, tanto varrebbe insegnargli a buttarsi da un elicottero privo di elica stabilizzatrice dentro il vagoncino in corsa di montagne russe ripidissime e sbullonate.
È il motivo per cui insegno a Palo Alto. A differenza di certe piaghe didattiche di mia conoscenza, l'Universo di Palo Alto è più di una semplice serie di palazzoni tristi racchiusi da una cancellata vanesia in un'area pedagogica che alberi perennemente autunnali deprimono. Palo Alto è spiaggia! Sole! Quaalude! Bikini! Ma questo non deve farvi pensare che manchi il divertimento.
Gli orari della vita dovrebbero prevedere un momento, un momento preciso della giornata, in cui ci si potrebbe impietosire sulla propria sorte. Un momento specifico. Un momento che non sia occupato né dal lavoro, né dal mangiare, né dalla digestione, un momento perfettamente libero, una spiaggia deserta in cui si potrebbe starsene tranquilli a misurare l'ampiezza del disastro.