Paolina, dolce
Paolina,
raggio di sole entrato nella mia
vita improvviso;
chi sei, che appena ti conosco e tremo
se mi sei presso? tu a cui ieri ancora
"Il suo nome - chiedevo - signorina?";
e tu alzando su me gli occhi di sogno
rispondevi: "Paolina".
Paolina, frutto
natio,
fatta di cose le più aeree e insieme
le più terrene,
nata ove solo nascere potevi,
nella città benedetta ove nacqui,
su cui vagano a sera i bei colori,
i più divini colori, e ahimè! Sono
nulla; acquei vapori.
Paolina, dolce
Paolina,
che tieni in cuore? Io non lo chiedo. È pura
la tua bellezza;
vi farebbe un pensiero quel che un alito
sullo specchio, che subito s'appanna.
Qual sei mi piaci, aureolata testina,
una qualunque fanciulla e una Dea
che si chiama Paolina.
Giovedì mattina, il 5 giugno 1952, giunse caldo e luminoso. La luce umida del sole bagnava i negozi e le strade. Scintillante sui prati, la fredda brina notturna si trasformava in vapore e risaliva verso il cielo azzurrissimo. Era il cielo del primo mattino; ben presto si sarebbe riscaldato e ingrigito. Una soffocante nebbiolina bianca sarebbe risalita dalla baia e avrebbe aleggiato opaca sul mondo. Ma erano solo le otto e trenta; il cielo aveva ancora due ore da vivere.
La temperatura del Rifugio oscillava tra i 38 e i 40 gradi. L'aria era costantemente invasa dal vapore che si spostava e ondeggiava pigramente. Geyser spruzzavano acqua bollente e il 'terreno' era uno strato mobile di melma calda, un composto di acqua, minerali dissolti e polpa fungoide. Resti di licheni e protozoi coloravano e ispessivano l'intruglio umido che gocciolava ovunque, sulle pietre bagnate e sugli arbusti spugnosi, sulle diverse installazioni funzionali. C'era un fondale accuratamente dipinto, una lunga piattaforma emersa da un oceano pesante.
Frasi sul vapore
DiPhilip K. Dick
In quel vaporetto c'era tal folla che non poteva muovermi, e i parenti e gli amici si accalcavano intorno ai viaggiatori, stringendoli per le mani, accarezzandoli, piangendo con essi. Quante passioni, quante speranze, quanti dolori si espandevano senza riguardi in mezzo all'andare e al venire dei marinai avvinazzati dall'orgia notturna, e le parole d'amore, e i sospiri si perdevano fra il fracasso dei bauli, delle casse, fra lo strepito del vapore, che insensibile a tanta poesia, buttava fuori i suoi buffi regolari di fumo nero e di fumo bianco e insensibile a tanto strazio incomposto di sentimenti umani, faceva girare le sue ruote con matematica regolarità.
La mattina del 9 giugno 185... alle undici precise io mi imbarcava nel golfo di Southampton Water sopra un piccolo vaporetto che doveva portarmi sul Thames, grosso steamer postale, che coi fuochi accesi e le àncore levate, stava aspettando con impazienza i passeggeri per il Brasile ed il Rio de la Plata.
Frasi sul vapore
DiPaolo Mantegazza
La signora avrà avuto sessanta, sessantacinque anni. La guardavo, steso su una sdraio di fronte alla piscina di un circolo sportivo all'ultimo piano di un moderno edificio da dove, attraverso grandi finestre, si vede tutta Parigi. Aspettavo il professor Avenarius, con il quale mi incontro lì di tanto in tanto per fare due chiacchiere. Ma il professor Avenarius non arrivava e io osservavo la signora. Era sola nella piscina, immersa nell'acqua fino alla vita, lo sguardo rivolto in su verso il giovane maestro di nuoto in tuta che le stava insegnando a nuotare. Ora lei ascoltava le sue istruzioni: doveva aggrapparsi con le mani al bordo della piscina e inspirare ed espirare profondamente. Lo faceva con serietà, con impegno, ed era come se dal fondo delle acque risuonasse la voce di una vecchia locomotiva a vapore (quel suono idillico, oggi ormai dimenticato, che per coloro che non l'hanno conosciuto può essere descritto soltanto come il respiro di un'anziana signora che inspira ed espira forte vicino al bordo di una piscina).
Efficace la frase, Voi non lo conoscevate, onorevole Depretis, il ventre di Napoli. Avevate torto, perché voi siete il Governo e il Governo deve saper tutto. Non sono fatte pel Governo, certamente, le descrizioncelle colorite di cronisti con intenzioni letterarie, che parlano della via Caracciolo, del mare glauco, del cielo di cobalto, delle signore incantevoli e dei vapori violetti del tramonto: tutta questa rettorichetta a base di golfo e di colline fiorite, di cui noi abbiamo già fatto e oggi continuiamo a fare ammenda onorevole, inginocchiati umilmente innanzi alla patria che soffre; tutta questa minuta e facile letteratura frammentaria, serve per quella parte di pubblico che non vuole essere seccata per racconti di miserie.
Non conosco nulla che vellichi così voluttuosamente lo stomaco e la testa quanto i vapori di quei piatti saporiti che vanno ad accarezzare la mente preparandola alla lussuria.
Dolce fare niente dolce rimandare | stare con i piedi penzoloni guardando il mondo girare | andare andare aspettare dolcemente l'ora di mangiare | guardare l'erba crescere e l'acqua evaporare...
Andrew Harlan entrò nel cronoscafo. Era una struttura perfettamente sferica inserita in una gabbia di aste regolarmente distanziate che parevano vibrare come aria sottoposta a evaporazioni di caldo. Harlan manovrò i comandi e mise in posizione la leva di partenza.
Il cronoscafo non si mosse. Harlan, comunque, non si era aspettato che lo facesse. Non s'aspettava movimenti di sorta, né verso l'alto o il basso, né a destra o a sinistra, né in avanti o all'indietro. Tuttavia, gli intervalli fra le aste si erano fusi in un grigiore uniforme, solido al tatto ancorché immateriale. E poi c'era quel senso di leggerissima nausea e quel debole accenno di vertigini (d'origine psicosomatica?) che rivelavano che il cronoscafo, con tutto quel che conteneva, Harlan compreso, stava sfrecciando in avanti, attraverso l'Eternità.
I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.
Mi riconobbero, e Ben torni ormai
Bisbigliaron vèr me co l capo chino
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.
Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh, non facean già male!
Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido così
Le passere la sera intreccian voli
A noi d'intorno ancora. Oh resta qui!
Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d'un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei
Guardando io rispondeva oh di che cuore!
Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire:
Or non è più quel tempo e quell'età.
Se voi sapeste! via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.
E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù;
Non son più, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro più.
E massime a le piante. Un mormorio
Pe' dubitanti vertici ondeggiò,
E il dì cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.
Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe' parole:
Ben lo sappiamo: un pover uomo tu se'.
Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.
A le querce ed a noi qui puoi contare
L'umana tua tristezza e il vostro duol;
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!
E come questo occaso è pien di voli,
Com'è allegro de' passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;
I rei fantasmi che da' fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.
Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l'ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l'ardente pian,
Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co l lor bianco velo;
E Pan l'eterno che su l'erme alture
A quell'ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.
Ed io Lontano, oltre Appennin, m'aspetta
La Tittì rispondea -; lasciatem'ire.
È la Tittì come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.
E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano!
Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta?
E fuggìano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.
Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giù de' cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia:
La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch'è sì sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,
Canora discendea, co l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.
O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!
Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:
Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.
Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio così.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,
Sotto questi cipressi, ove non spero,
Ove non penso di posarmi più:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.
Ansimando fuggìa la vaporiera
Mentr'io così piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.
Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.
Qui il paese è veramente bello, tale che fa intendere la Scuola umbra: che linee d'orizzonte, che digradante vaporoso di monti in lontananza! Fui ad Assisi: è una gran bella cosa, paese, città e santuario, per chi intende la natura e l'arte nei loro accordi con la storia, con la fantasia con gli affetti degli uomini. Sono tentato di far due o tre poesie su Assisi e San Francesco.
Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere l'oggi nella sua pienezza.
A Ernest Falconnet
Mio caro Ernest,
dovrei dirvi che le vostre due lettere mi hanno fatto molto piacere? No, sarebbe una espressione troppo debole per descrivere il sentimento che prova un uomo quando il proprio amico gli apre il cuore e gli consente di leggervi dentro. La nostra amicizia non è mai stata in difficoltà. Le nostre anime sono come due giovani stelle che si levano insieme e si guardano l'una di fronte all'altra sull'orizzonte: un leggero vapore può passare tra esse e offuscarle per qualche ora, ma presto l'illusione si dissolve e riappaiono pure, intatte, brillanti l'una per l'altra e si riscoprono sorelle. Riconosco che ho avuto torto di pensare ciò che ho pensato e di scrivere ciò che ho scritto. Ma ascoltate, amico mio, l'amicizia è anche una vergine timida e gelosa.
Frasi sul tortoFrasi sul vaporeFrasi sull'orizzonte
Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva: | e sibila il vapore, e sembra quasi cosa viva; | e sembra dire ai contadini curvi il fischio che si spande in aria: | «Fratello non temere, che corro al mio dovere, | trionfi la giustizia proletaria!». | Trionfi la giustizia proletaria. Trionfi la giustizia proletaria.
Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare. Se manca il secondo, e cioè se la parte passiva è immune da ogni umiliazione, questa evapora nell'aria. Restano solo delle disposizioni fastidiose che interferiscono nella vita di tutti i giorni, ma nessuna umiliazione e oppressione angosciose.
È scritto che l'Adàm fu fatto con polvere del suolo e fiato della divinità. [...] È la polvere, il suo miscuglio, a spingere l'Adàm a forzare la conoscenza, che sempre comporta l'uscita da un recinto, da un giardino. La specie umana si è sparsa ovunque sulla superficie del pianeta, a somiglianza della polvere. [...] L'altra metà, il fiato a vapore della divinità, è invece il motore della vita, il prodigio di elettricità che dà slancio di vertebre alla polvere. Quel fiato venuto da fuori fa capire che neanche quello, il fiato, è nostro.
Dalla finestra aperta canta il lamento dei lillà | Il cui odore soffocante persiste | Lui adorava questi fiori, il morto | Con il loro dolce alito hanno voluto ringraziarlo | E questo tenero vapore avvolge il corpo | Si insinua fra i capelli scuri | Senza la più piccola ombra di peccato | Esprime la dolcezza della loro fioritura | E offre al morto in effluvi tutto quel che può | E lui sorride, sorride, soave e tranquillo.
Le nuvole tanto attese si ammassano finalmente sopra la tua testa, il cielo nero si apre come un otre squarciato, la pioggia finalmente cade, ma avvicinandosi alla terra troppo bollente le gocce esplodono, esplodono appena sopra le tue mani tese, la tua bocca aperta, le tue labbra spellate, come se la Terra fosse diventata il sole in persona, e risalgono in getti di vapore per ricostituire le nuvole che il vento spinge altrove; allora sì, allora sai cos'è l'inferno.
Scrivere un romanzo è come preparare succo d'acero. Prima devi analizzare centinaia di alberi, bollire fusti e fusti di succo, far evaporare l'acqua, e tenere in ebollizione fino a quando arrivi a distillare una piccola porzione dove si concentra l'essenza.
[Parlando del Cile] Quanto è importante il clima per godere la vita! Come diversi sono i sentimenti quando si vedono montagne nere avvolte nelle nubi e quando le stesse nubi si vedono, invece, attraverso i tenui vapori azzurrini d'una splendida giornata! Il primo spettacolo, per un po' di tempo può apparire triste, il secondo è tutta gaiezza e gioia di vivere.
E Linka ha continuato a ridere attraverso le foreste della Germania e tra i caseggiati rossicci di Monaco di Baviera - dove, verso sera, il treno ci ha rigurgitati perché potessimo sgranchirci le gambe in attesa che finissero di fare il pieno di carbone, e purificassero l'aria viziata dai nostri vapori. Così abbiamo camminato tutti insieme per le vie e le piazze di quella città che non ha eguale, e Linka pareva che non toccasse più terra coi piedi ma volasse.