Il poeta è prima di tutto una persona che è passionalmente innamorata del linguaggio.
Frasi sul linguaggio
DiWystan Hugh Auden
Con i Vianella cantiamo in romanesco ma ci rivolgiamo a tutti quanti perché i temi delle nostre canzoni non sono regionali. Noi non proponiamo un discorso strettamente limitato a Roma, col Colosseo e la fontana di Trevi che fanno da sfondo. Di romano c'è solo il linguaggio.
Gli avvenimenti politici militari sono presentati nel re Giovanni con tanta maggior pompa, quanta minore è la grandezza che in essi si riscontra. La doppiezza e l'avidità de' principi sono espresse in istile diplomatico, Il bastardo Faulconbridge è il vero interprete di questo genere di linguaggio.
Sergio Lepri, direttore dell'agenzia nazionale di notizie Ansa, ha combattuto per tutti i venticinque anni della sua direzione contro la gramigna della frase fatta che impera nel nostro linguaggio, conciliato dalla pigrizia mentale del giornalista che preferisce prendere dallo scaffale un'espressione già pronta e logora, anziché riflettere. Lepri ha compilato anche una serie di manuali e saggi, purtroppo mai diffusi su larga scala, di lettura insieme esilarante e tristissima nel quale ha raccolto tutti i più frequenti luoghi comuni da evitare, prendendo a esempio il settore nel quale la mala pianta è più rigogliosa, quasi una foresta tropicale: lo sport.
Cor di ferro ha nel petto, alma villana | Chi fa de' carmi alla bell'arte oltraggio, | Arte figlia del Cielo, arte sovrana, | Voce di Giove e di sua menle raggio. | O Muse, o sante Dee, la vostra arcana | Origine vo' dir con pio linguaggio, | Se mortal fantasia troppo non osa | Prendendo incarco di celeste cosa.
La mia «arte» fotografa la realtà, non la inventa. Questo è il linguaggio del rock. Chi vuol capire veramente ascolti. E se a qualcuno dà fastidio, tanto meglio. È ora che si svegli.
Supponiamo che Dio parli: siamo sicuri di capire quello che lui dice? Se faccio una lezione sono convinto che i miei studenti, trenta, cinquanta che siano, capiscono trenta, cinquanta cose diverse. Perché il linguaggio è immediatamente una traduzione: quando lei mi ascolta lei traduce quello che io dico nella sua visione del mondo. E quindi questa traduzione fa si che lei intende un discorso che io non ho fatto. Per giunta Dio; non so: qualcuno lo sente, qualcuno ritiene che gli parli. Ma vediamo bene: l'ha sentito davvero con le orecchie, le ha detto delle cose incontrandola, oppure lei immagina che quella sia la parola di Dio.
Ogni storia d'amore mette a nudo la natura della nostra anima che si affida al linguaggio per esprimere il malanimo, l'invidia, la gelosia, i baci avvelenati dall'odio, la tenerezza simulata al punto da sembrar vera, la consapevolezza di conoscere i reciproci segreti: tutti anelli di quella pesante catena che attorciglia la nostra anima nelle trame che solo il linguaggio sa tessere.
La morale è fatta per gli uomini, non gli uomini per la morale. Questa è un'altra frase di Kant che fa, che riproduce esattamente con un altro linguaggio quello che Gesù Cristo aveva detto: il sabato è fatto per gli uomini, non gli uomini per il sabato. Cioè: guai a piegare l'uomo alla legge e assumere la legge come giudizio nei confronti dell'uomo, perché quello che c'è da salvare non è il principio della legge, quello che c'è da salvare è l'uomo.
Le opere letterarie ci invitano alla libertà dell'interpretazione, perché ci propongono un discorso dai molti piani di lettura e ci pongono di fronte alle ambiguità e del linguaggio e della vita.
Capire i linguaggi umani, imperfetti e capaci nello stesso tempo di realizzare quella suprema imperfezione che chiamiamo poesia, rappresenta l'unica conclusione di ogni ricerca della perfezione.
E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell'aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.
I giovani di oggi si illudono di essere pensanti. Il linguaggio e la comunicazione danno loro l'illusione di stare ragionando. Ma il cervello arcaico, maligno, è anche molto astuto e maschera la propria azione dietro il linguaggio, mimando quella del cervello cognitivo. Bisognerebbe spiegarglielo.
Quello che molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell'ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni a oggi, e non differisce molto tra l'homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l'australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell'ambiente e degli aggressori. L'altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150mila anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura.
Bisogna partire dal presupposto che io, come altri cantautori della mia generazione, faccio musica leggera. Ma questo non impedisce che si possano dire cose che leggere non sono. Io parlo anche d'amore, ma evito di raccontare situazioni del tipo: lei mi lascia, va dall'altro, poi si pente e torna da me. Così, anche dal linguaggio, cerco di essere realista. Cioè, parlando d'amore, evito di usare le solite parole lacrimevoli e inutili.
Ho cercato, innanzitutto, di crearmi una maschera, non tingendomi il volto, o annerendomi il naso; né volevo il successo puntando sulle gambe delle donnine. Volevo creare un personaggio concreto e nello stesso tempo sfasato nel linguaggio.
Ho imparato che il mondo possiede un'Anima, e chi riesce a comprendere quest'Anima riuscirà a comprendere il linguaggio delle cose. Ho appreso che tanti alchimisti hanno vissuto la propria Leggenda Personale e hanno finito per scoprire l'Anima del Mondo, la Pietra Filosofale e l'Elisir. Ma, soprattutto, ho appreso che queste cose sono talmente semplici da poter essere scritte su uno smeraldo.
[Arthur Rimbaud] Era un uomo alto, ben piantato, quasi atletico, dal volto perfettamente ovale di angelo in esilio, con capelli castano chiari in disordine e due occhi di un blu pallido inquietante. Ardennese, egli possedeva, oltre a un accento campagnolo troppo presto perduto, il dono della pronta assimilazione, propria delle genti di quel paese e questo può spiegare il rapido inaridirsi, sotto il sole scialbo di Parigi, della sua vena, per dirla come i nostri avi, il cui linguaggio diretto e corretto non aveva sempre torto, in fin dei conti.
Mosso dalla scrittura fatale, e se il metro sempre futuro incatena senza ritorno la mia memoria, io risento ogni parola in tutta la sua forza, per averla infinitamente attesa. Questa misura che mi trasporta e che io coloro, mi protegge dal vero e dal falso. Né il dubbio mi divide né la ragione mi affatica. Nessun caso, ma soltanto una sorte felice si fortifica. Io trovo senza sforzo il linguaggio di questa felicità; e artificiosamente penso un pensiero tutto certo, meravigliosamente preveggente, dalle pause calcolate, senza tenebre involontarie, il cui moto mi domina e la quantità mi colma: un pensiero eccezionalmente compiuto. (da L'amatore dei poemi)
Le eventualità rivelative del linguaggio sono possibili solo quando non lo si consideri una semplice funzione comunicativa, come avviene nella linguistica e nella semiologia (per le quali il linguaggio è un insieme di segni, che rinviano a significati univoci); ma vi si isolino anche simboli, dotati sia di una referenza linguistica immanente, sia di una pluralità di referenti religiosi, mitici e poetici, il cui significato viene a coincidere con il senso ontologico e trascendente dell'esistenza umana.