Quando i lillà fioriranno, l'ultima volta, nel prato davanti | alla casa | E il grande astro nel cielo d'occidente calava presto la | sera | Io ero in lutto, e sempre lo sarò, ogni volta che torni | primavera. | Primavera che sempre ritorni, sempre mi porterai | questa triade, | i lillà perennemente in fiore, l'astro che tramonta ad | occidente | Ed il pensiero di colui che amo. (da Quando i lillà)
Chi vuol goder l'aprile | nella stagion severa, | rammenti in primavera | che il verno tornerà. Per chi fedel seconda | così prudente stile, | ogni stagione abbonda | de' doni che non ha.
Il vivere pareva mi si aprisse davanti come certe mattinate di primavera in campagna, quando ogni fiore, ogni foglia, ogni goccia di rugiada sembra promettere un miracolo, e la giornata che incomincia, piena daria e di luce, è proprio quel miracolo, quel comporsi dogni cosa.
Quando vi avvicinate alla primavera rammentatevi allora del seguente proverbio che io trovo di una verità indiscutibile: Di aprile non ti alleggerire, | Di maggio va adagio, | Di giugno getta via lo cotticugno, | Ma non lo impegnare | Ché potrebbe abbisognare.
Si era recato lassù proprio allora per cercare il legno da fare i pifferi. Sapeva che, tagliando i frassini nella notte tra il 20 e il 21 di quel mese, gli strumenti suonavano meglio. In quella notte di primavera, tutti i boschi della Terra intonano melodie. Pare che un misterioso segnale percorra l'intero pianeta per dire agli alberi di mettersi a cantare. E quelli lo fanno, a squarciagola. Per questo, i pifferi dell'ertano e i violini di Stradivari suonavano così bene. Entrambi tagliavano le piante la notte di primavera, tra il 20 e il 21 maggio, quando i boschi della Terra cantano assieme. Il nostro compaesano aveva ricevuto dagli antenati quel segreto, che passava di padre in figlio. Lo aveva tramandato attraverso le generazioni di un antico liutaio ertano, il quale, si racconta, lo svelò per una botticella di vino a Stradivari quando venne da queste parti in cerca di abeti per i suoi violini.
Non ci sono più mezze stagioni. Vivaldi, fosse nato adesso, non faceva primavera, estate... Ne faceva una sola, una sola di strombazzamenti e la chiamava 'Tempo di merda'.
Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, la pietra che ha cambiato posto.
Se io potessi vivere un'altra volta la mia vita | nella prossima cercherei di fare più errori | non cercherei di essere tanto perfetto, | mi negherei di più, | sarei meno serio di quanto sono stato, | difatti prenderei pochissime cose sul serio. | Sarei meno igienico, | correrei più rischi, | farei più viaggi, | guarderei più tramonti, | salirei più montagne, | nuoterei più fiumi, | andrei in posti dove mai sono andato, | mangerei più gelati e meno fave, | avrei più problemi reali e meno immaginari. | Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente | e precisamente ogni minuto della sua vita; | certo che ho avuto momenti di gioia | ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti. | Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita, | solo di momenti, non ti perdere l'oggi. | Io ero uno di quelli che mai andava in nessun posto senza un termometro, | una borsa d'acqua calda, un ombrello e un paracadute; | se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera | e continuerei così fino alla fine dell'autunno. | Farei più giri nella carrozzella, | guarderei più albe e giocherei di più con i bambini, | se avessi un'altra volta la vita davanti. | Ma guardate, ho 85 anni e so che sto morendo.
Probabilmente ci sono parole che sono rivolte esattamente alla nostra condizione e che, se potessimo veramente udirle e capirle, sarebbero, per la nostra vita, più salutari del mattino o della primavera; e forse ci farebbero vedere le cose sotto una diversa luce.
La Sicilia è il paese delle arance, del suolo fiorito la cui aria, in primavera, è tutto un profumo... Ma quel che ne fa una terra necessaria a vedersi e unica al mondo, è il fatto che da un'estremità all'altra, essa si può definire uno strano e divino museo di architettura.
Era la primavera, secondo le favole antiche, la stagione de' rinnovati o comincianti amori: e anche questa è leggenda. Gli uomini, più insaziabili delle bestie, non hanno più, e forse non hanno mai avuto, una sola stagione per la cocenza dell'amore. E semmmai l'hanno trasferita all'incandescente estate: già l'antichissimo Esiodo aveva notato che nell'agosto son più lascive le donne. Ma tutti i mesi, per l'uomo, sono ugualmente propizi, tanto più che l'amore entusiasmo, l'amore passione, l'amore pazzia, ai quali si riferivano i poeti e i trattati di Eros, vanno velocemente scomparendo dagli animi e dai costumi dei nostri popoli inciviliti fino all'imbecillità e oltre.
Non rampare di aquile e leoni, non sormontare di belve rapaci, nel santo vessillo; ma i colori della nostra primavera e del nostro paese, dal Cenisio all'Etna; le nevi delle Alpi, l'aprile delle valli, le fiamme dei vulcani.