Quello che passa per stupidità è assai più spesso mancanza di interesse e di un motivo sufficiente per stare attenti, e applicarsi con disciplina agli aridi e insignificanti scopi dello studio scolastico. Le migliori capacità sono molto al di sopra di questa schiavitù; così come le peggiori stanno al di sotto. I nostri uomini di più grande ingegno non si sono particolarmente distinti né a scuola né all'università.
Nella "La casa di psiche" si fa constatare che i problemi che oggi sono in circolazione non sono più affrontabili, come un tempo, attraverso la psicoanalisi. Gli strumenti psicoanalitici curavano il disagio dell'individuo, il disagio della civiltà nel senso che le condizioni miserabili in cui si viveva, in quella che io chiamo "la società della disciplina", dove il gioco era tra il desiderio di colui che voleva infrangere la legge e chi desiderava comprimere questo desiderio. Oggi non è più questo lo scenario del dolore. Lo scenario del dolore, soprattutto su impulso della cultura americana che spinge a tutta andata a raggiungere nel tempo più breve gli obiettivi, produce situazioni di ansie determinate dalla domanda. Non più quella psicoanalitica tradizionale (cosa ci è permesso e cosa ci è proibito), ma cosa posso fare, cosa sono in grado di fare. Questa incapacità di raggiungere gli obiettivi quando l'asticella è posta sempre più in alto, crea un senso di inadeguatezza, di una mancanza di senso ed alla fine, al di là della tecnica che non ha scopi ma semplicemente funziona all'interno di una assoluta, radicale mancanza di orizzonti in vista di non si sa bene che.
Finché non avrete la disciplina interiore che mantiene calma la mente, per quante comodità esteriori possiate avere, non riuscirete mai a sperimentare quel sentimento di gioia e di felicità che andate cercando.
Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dellodio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dellanima.
Qui vi è il tentativo di costruire una teologia pubblica anzi, se ci è concesso di mutuare uno stilema a una grande memoria, una teologia pubblica europea. Se l'epoca della teologia appare conclusa, o se ne trascina appena l'ombra, ciò è avvenuto perché gli stinti intelletti che se ne sono occupati (a parte alcune eccezioni) portano in loro il tarlo che aveva roso la disciplina. Come se questa avesse dovuto seguire le sorti della religione a cui la legava la subalternanza. La stessa caduta della religione, ormai solo oggetto di fede e di speranza squallidi sostegni del nostro incerto destino , doveva favorirla e sbarazzare il campo da ogni equivoco. Che Dio esista è solo un fatterello sinistro. Niente di più. (Dato come vanno le cose, bisognava aspettarselo)
Perché mi ostino a definirmi "filosofo" benché né i filosofi mi vogliono né io voglio loro? Perché in questa disciplina, nella sua venerata regola, entrai fanciullo e mai venne meno la mia fedeltà. Per più di cinquant'anni l'ho studiata non distratto da altro. Ne ho carpito segreti e reticenze, ho visto esaltazioni e declini, eccessi e dimenticanze. Filosofi sull'altare e poi scagliati giù. Ho assistito al loro regno, e al dominio delle loro idee, e l'ho studiato più che quello di duci e condottieri. Ho avuto amori duraturi, ho imitato modelli (ma come si può imitare l'Idea, ahimè). Sono invecchiato lì dentro. Di essa conosco tre o quattro cose meglio dei miei contemporanei. Non ho altro da aggiungere.
Vera disciplina nelle cose dell'intelletto è una spietata intransigenza contro lo spirito di discussione. Ogni concessione fatta in nome della reciproca eguaglianza è un tradimento della verità su cui si fa prevalere la cortesia. Pensare divide.
Un tempo m'intressò la teologia ma da tale fantastica disciplina (e dalla fede cristiana) mi sviò per sempre Schopenhauer, con ragioni dirette, Shakespeare e Brahms, con l'infinita varietà del loro mondo.
Recitare è quasi uno sport: un interprete serio deve avere la medesima disciplina di un atleta professionista, perché il corpo è lo strumento che usiamo per recitare.
Non è che io sia asociale, ma credo che se un artista vuole utilizzare il cervello per un lavoro creativo, ciò che si chiama autodisciplina che non è altro che un modo per sottrarsi alla società sia assolutamente indispensabile.
Gli allenatori italiani hanno portato in Inghilterra una disciplina fuori dal comune, sono molto organizzati, lavorano molto sulla tattica, che provano e riprovano col team.
Mi alleno cinque ore al giorno, un'ora e mezzo di palestra, poi vado a cena e infine i corsi serali di ragioneria. Niente uscite, guai a bere un bicchiere di vino. Alla vita da soldato sono abituata, mio padre è un ex paracadutista, sono cresciuta con l'idea della disciplina
La disciplina è il rispetto delle regole di una forma di religione che noi sottoscriviamo e l'educazione è non il rispetto delle regole ma il rispetto degli uomini.
Purtroppo negli ultimi tempi troppe persone vivono senza mai nessun contatto con la musica. La musica è finita in una torre d'avorio, puro piacere estetico per pochi eletti. Mentre invece dovrebbe essere prima di tutto educazione alla vita. Se impari a "pensare la musica" capisci tutto: che il tempo può essere oggettivo e soggettivo, la relazione tra passione e disciplina, la necessità di aprirsi agli altri.
La danza però la porto ancora dentro. Mi ha forgiata, mi ha insegnato a misurarmi con le mie forze, con la necessità di un ordine. È a lei che devo la disciplina con cui lavoro. Fu duro doverla lasciare per un incidente al ginocchio, ma è stata la mia forza motrice e lo è ancora. Oggi mi tengo ancora in forma con la danza, con lunghe camminate, con gli esercizi di Pilates. E amo sempre andare a vedere i balletti.
Tutto nello sport è protocollo, voglio dire che richiede un'inflessibile disciplina... e infatti per me non è difficile assimilare le regole della mia nuova vita. Invece la lingua francese è ben più impegnativa.
La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza.
La parola storia, per nostra confusione, è adoperata ad esprimere due ordini di nozioni diverse, e cioè l'insieme delle cose accadute, e quell'insieme di mezzi letterari che sono adoperati per tentarne la esposizione. Veramente la parola greca corrisponde al secondo ordine di nozioni, anzi esprime l'atteggiamento subbiettivo del ricercare; e così comincia col padre della storia il senso letterario della parola: "Questa è la esposizione della ricerca di Erodoto". Quando in sulla metà del secolo XIX cominciò a sorgere il bisogno di una disciplina organizzata della ricerca storica, il Gervinus escogitò il nome di Historica, in analogia a Grammatica e Logica.
[Sulla medaglia d'oro olimpica] Fu un'esperienza ultraterrena. Quando ero un ragazzino il tennis non era disciplina olimpica, ma fu una delle tante cose che mio padre ha predetto della mia vita, che il tennis sarebbe entrato a far parte delle Olimpiadi e che io avrei vinto la medaglia d'oro. Quindi essere su quel podio fu un mio sogno di ragazzo sotto molto aspetti. Ricordo tuttora lo stare là, sul gradino della medaglia d'oro, una delle poche volte in cui sono stato effettivamente più alto dei miei avversari! La medaglia attorno al mio collo, l'inno nazionale, i miei occhi bagnati di lacrime... un'esperienza ultraterrena, surreale.