Mi disturba la morte, è vero. Credo che sia un errore del padreterno. Non mi ritengo per niente indispensabile, ma immaginare il mondo senza di me: che farete da soli?
La morte è qualcosa di inevitabile. Quando un uomo ha fatto quello che ritiene il suo dovere per la sua gente e il suo paese, può riposare in pace. Credo di aver fatto quello sforzo ed è per questo che riposerò per leternità.
Lasciatemi sola con la mia morte.
Deve dirmi parole in re minore
che non conoscono i vostri dizionari.
Parole d'amore ignote anche a Petrarca,
dove l'amore è un oro sopraffino
inadatto a bracciali per polsi umani.
Io e la mia morte parliamo da vecchie amiche
perché dalla nascita l'ho avuta vicina.
Siamo state compagne di giochi e di letture
e abbiamo abbracciato gli stessi uomini.
Come un'aquila ebbra dall'alto dei cieli,
solo lei mi svelava le misure umane.
Ora mi insegnerà altre misure
che stretta nella gabbia dei sei sensi
invano interrogavo sbattendo la testa alle sbarre.
È triste lasciare mia figlia e il ibro da finire,
ma lei mi consola e ridendo mi giura
che quanto è salvare si salverà.
Preferirei di no, dirò con Melville
al primo messaggero della morte.
Vedo foreste in fiore, rose in boccio,
vedo ogni compimento.
Quando sarà? Paziente il messaggero
vorrà date precise. Gli dirò
lasciami camminare fino a quando
giungerò all'orizzonte.
[Testamento, da La luna è già alta - Mondadori 2006]