La performance non è un'illusionistica copia della realtà, nè la sua imitazione. Non è una serie di convenzioni accettate come un gioco di ruolo, recitato in una seperata realtà teatrale. L'attore non recita, non imita, o pretende. Egli è se stesso.
Il teatro non è indispensabile. Serve ad attraversare le frontiere fra te e me.
Frasi sul teatro
DiJerzy Grotowski
Penso che se la poesia è interessante non c'è bisogno di fare tante cose. Per me il teatro è prima di tutto la parola. Poi abbiamo vissuto un'epoca di registi che prendevano un po' troppa importanza.
Un momento ero felice e l'attimo dopo molto depressa; non ricordo di essere stata davvero bambina come molti miei altri coetanei. Ma il gioco preferito era fare teatro: recitare, organizzare spettacoli nella cucina di casa, truccarsi, mettersi addosso abiti vecchi o stracci e immaginare drammi e commedie.
Non c'è una definizione di fesso. Però: se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente sulla magistratura, nella pubblica istruzione, ecc.; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci, ecc. questi è un fesso.
Io so e non so perché lo faccio il teatro ma so che devo farlo, che devo e voglio farlo facendo entrare nel teatro tutto me stesso, uomo politico e no, civile e no, ideologo, poeta, musicista, attore, pagliaccio, amante, critico, me insomma, con quello che sono e penso di essere e quello che penso e credo sia vita. Poco so, ma quel poco lo dico.
Con i personaggi teatrali ci convivi per tanti giorni e alla fine ti ci affezioni. Di solito, scelgo dei personaggi che siano lontani da me, con delle debolezze e dei difetti, che, poiché non mi appartengono, riesco ad esaltare di più
Fare una scuola di teatro o di cinema, lavorare in tutti e due i settori, in entrambi gli spazi, è un arricchimento. Fa capire che il termine attore è comune ai due ambiti, ma le tecniche sono completamente diverse.
Se fai teatro vivi la dimensione di fantasia delle quattro pareti, la quarta non cè. Quindi hai uno spazio che varia e che tutti gli spettatori vedono in maniera diversa, se sei a destra vedi una cosa, a sinistra unaltra e in galleria unaltra ancora, per cui luso della voce e dei tuoi movimenti è in funzione del palcoscenico. La macchina da presa, invece no, coglie anche le cose più piccole e tutti gli spettatori vedono la stessa immagine. Poi cè una differenza di energia. Un film lo fai in due o tre mesi, uno spettacolo in due-tre ore sul palcoscenico, quindi la distribuzione della tua energia fisica è diversa. Un personaggio cinematografico può essere molto più energetico di uno teatrale, proprio perché giorno per giorno hai la possibilità di infondere energia anche in un primo piano, per esempio. Sono differenti modi espressivi. La tv è librido tra i due, anche se oggi si fanno anche film per la televisione che sono come film normali.
La musica? cosa inutile. Non avendo libretto come faccio della musica? Ho quel gran difetto di scriverla solamente quando i miei carnefici burattini si muovono sulla scena. Potessi essere un sinfonico puro (?). Ingannerei il mio tempo e il mio pubblico. Ma io? Nacqui tanti anni fa, tanti, troppi, quasi un secolo... e il Dio santo mi toccò col dito mignolo e mi disse: "Scrivi per il teatro: bada bene, solo per il teatro" e ho seguito il supremo consiglio.
Un teatro era il paese, un proscenio di pietre rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così tenero miraggio di lontananze.
Giunge per me il momento ("nel mezzo del cammin di nostra vita"), di liberarmi della crisalide del virtuoso e di lasciare libero volo al mio pensiero... Lo scopo di cui m'importa innanzi tutto e soprattutto, in quest'ora, è di conquistarmi un teatro per il mio pensiero, come l'ho conquistato in questi ultimi anni per la mia personalità d'artista.
Salerno è una piacevole scoperta, c'è fermento, cultura, una cultura che viene da lontano, che si respira nel paesaggio, nei monumenti, tra la gente. Non a caso è la città dove è nata e si è sviluppata la Scuola Medica Salernitana. E poi c'è questo Teatro, un esempio unico in Italia perché è un teatro libero dalle ingerenze dello Stato.
Il teatro è la mia passione più grande. Ci ho messo tanto. È stata una lotta togliermi l'etichetta del comico o del presentatore per portare in scena altro. Ho scritto testi miei e mi sono messo in gioco.
Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C'è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo.
Il film è mio e ci metto tutti i conigli che voglio
La mente è una specie di teatro, dove le diverse percezioni fanno la loro apparizione, passano e ripassano, scivolano e si mescolano con un'infinita varietà di atteggiamenti e di situazioni. Né c'è, propriamente, in essa nessuna semplicità in un dato tempo, né identità in tempi differenti, qualunque sia l'inclinazione naturale che abbiamo ad immaginare quella semplicità e identità. E non si fraintenda il paragone del teatro: a costituire la mente non c'è altro che le percezioni successive: noi non abbiamo la più lontana nozione del posto dove queste scene vengono rappresentate, o del materiale di cui è composta.
Si crea sempre un grosso equivoco quando si dice teatro politico: subito si pensa al "teatro politico" di Piscator e il termine "teatro politico", usato da Piscator, è un termine messo lì per provocazione polemica. È nato in polemica col "teatro digestivo", col teatro alienato ormai dai problemi contingenti, drammatici, lirici. Era quello di Piscator, un teatro politico nel fatto, determinante, di essere gestito direttamente dalla classe operaia.
La satira è un aspetto libero, assoluto, del teatro. Cioè quando si sente dire, per esempio, "è meglio mettere delle regole, delle forme limitative a certe battute, a certe situazioni", allora mi ricordo una battuta di un grandissimo uomo di teatro il quale diceva: "Prima regola: nella satira non ci sono regole". E questo penso sia fondamentale.