La scena musicale statunitense degli ultimi anni si è intristita molto rispetto ai tempi in cui Frank faceva musica. Manca quella sua leggerezza, la sua ironia, il suo sense of humour. Se ascolti molti degli album hip hop che escono oggi potresti spaventarti per le cose che dicono, per come il mondo che raccontano sia senza speranza. Non cè niente di positivo. Credo che quando porti la tua merda personale nel mondo, non stai facendo del bene a nessuno, e diventi autoindulgente nei tuoi confronti. Se metti brutalità, cattiveria e odio nella tua musica alla fine diventi così, inizi a vivere così. Negli States è sempre più così, in una spirale vorticosa che costringe ogni volta ad aumentare le dosi di violenza, di sesso, di droga. È una tragedia. Con la mia musica cerco di portare nel mondo le convinzioni che mi spingono a suonare e che rimarranno identiche fino alla fine della mia vita. Anche se non sono famosissimo, credo di avere delle grandi responsabilità nei confronti di chi ascolta, e vorrei trasferirgli delle cose positive. Potrei scrivere cose veramente dark, se volessi, ma so che alla fine diventerei così, e non è quello che voglio né per me né per il mondo.
[Sul ruolo del cantautore, dall'articolo di Nicola Sisto, Rino Gaetano. L'amico che cantava] Pretendere di dare alla gente attraverso una canzone qualcosa che sia più del sorriso, seppur amaro, qualcosa che avvii un processo concreto, è pura illusione. Questa è la tesi di molti cantautori ed anche la mia: in Italia una cosa che ha sempre funzionato è l'ironia, la satira (anche se nessuno si è mai riconosciuto in quei personaggi che ne sono stati oggetto), il "non se ne può più semplificato e senza drammatici seguiti".
L'ironia è non prendersi sul serio, dire luoghi comuni con l'aria di aver detto una cosa nuova. È uno strumento sottile e difficilissimo. Potrebbe essere un esempio quando Gianni Agnelli venne a sapere che un pentito delle B.R. era tifoso della juventus e disse: "certamente di questo non avrà niente a che pentirsi." Ecco questa è l'ironia una forma molto avanzata di umorismo.
Circa l'ironia della violenza nei miei lavori, gran parte di questo deriva probabilmente dalle mie esperienze infantili durante e subito dopo la seconda guerra mondiale. Infatti, se non ci fosse stata l'occupazione tedesca e poi l'occupazione americana, non sarei mai diventato un regista.
Con l'ironia riesco a fare qualsiasi cosa ma se si inizia a entrare nel mood di un tappeto musicale di venti minuti per la nomination, di un ora per dire chi è stato eliminato, lo dico subito che non mi interessa.
Un regista non fa altro che cercarsi nei suoi film. I quali sono documenti non di un pensiero fatto, ma di un pensiero che si fa...Ecco un'occupazione che non mi stanca mai: guardare... Quando un film è finito si è allo scoperto, esposti agli sguardi e all'ironia di tutti, senza poter raccontare a nessuno la propria personale avventura che non è registrata nel film né nella sceneggiatura.
A volte, lo ammetto, mi piacerebbe essere un po' più ironico. Mi capita che, per rispettare fino in fondo l'emozione che ho, non uso abbastanza ironia. Così rischio di prendermi un po' troppo sul serio, che è una delle stronzate più grosse che si possa commettere, perché in realtà non ci si può prendere troppo sul serio nel fare canzoni.
L'ironia per la squadra italiana è di trovarsi in Francia e di avere un allenatore francese. Durante il Sei Nazioni gli italiani hanno dimostrato di essere in forma e, quindi, non potete sottovalutarli. Sono molto più forti di quanto non siano mai stati e non è necessariamente garantita la vittoria contro di loro. Sono un avversario molto scomodo, stanno giocando un buon rugby e giocheranno fino al fischio finale. Dovete rispettarli. Con Pierre Berbizier come allenatore, è piacevole vedere i progressi dei ragazzi della nazionale italiana. [Settembre 2007]
La prevenzione della malattia mediante l'intervento di terzi professionisti è diventata una moda. La sua domanda cresce. Donne incinte, bambini sani, operai, vecchi, tutti si sottopongono a periodici check-up e a esami diagnostici sempre più complessi. Per questa via, ci si rafforza nella convinzione di essere macchine la cui durata dipende da un piano sociale. Le risultanze d'un paio di dozzine di studi attestano che questi esami non hanno alcuna influenza sull'andamento della mortalità e della morbilità. In realtà essi trasformano persone sane in pazienti angosciati, e i rischi per la salute che si accompagnano a queste campagne di diagnosi automatizzata sopravanzano i benefici teorici. Per ironia della sorte, i disturbi asintomatici gravi che si possono scoprire soltanto con questo tipo d'indagine sono spesso malattie inguaribili, nelle quali una cura precoce aggrava la condizione patologica del paziente.
Nel 1913, quando Antony Patch aveva venticinque anni, erano già passati due anni dal momento in cui l'ironia, lo Spirito Santo di questi ultimi tempi, era, almeno teoricamente, calata su di lui. L'ironia era l'ultimo tocco alla lustrazione di scarpe, l'ultima carezza della spazzola dei vestiti, una specie di "Ecco!" intellettuale: tuttavia sul limitare di questa storia egli non è ancora andato oltre lo stadio della consapevolezza.
Quando i tempi nuovi compariscono in un lontano orizzonte, la prima forma che li preannunzia, è l'ironia. Che cos'è l'ironia? È il sentimento della realtà, che si mette dirimpetto quel mondo già tanto venerato, e ride.
Parini è come uomo, a cui sanguina il cuore e che fa il viso allegro. Appunto perché ha la forza di contenere il suo sentimento, l'ironia è possibile, e non diviene una sconciatura o una dissonanza. Il che gli riesce per quell'interno equilibrio delle sue facoltà, che gli dà un'assoluta padronanza su' moti e sulle sue impressioni.
Frasi sull'ironia
DiFrancesco de Sanctis
Ho sempre sfruttato il mio senso dell'umorismo, la mia ironia, la mia passione per osservare e scrivere del mondo che mi circonda.
Credo che lironia sia una dote innata, io ho sempre cercato di diversificare molto le mie scelte, di cambiare per non annoiare il pubblico, mi piace misurarmi con nuovi ruoli e ho rifiutato copioni con personaggi collaudati e simili al passato.
Ho avuto incontri straordinari, come Visconti, burbero e dolcissimo. Come Herbert Ross, per cui ho fatto la Karsavina nel film Nijnsky. O come Peter Ustinov, con cui ho girato Le ballerine. E la Cederna, e Manzù. E il magnifico Eduardo. In un galà in suo onore, a Viareggio, interpretai Filumena Marturano, proprio il ruolo di Titina, e lui mi mandò un biglietto con su scritto: "ora posso chiamarti sorella". Ricordo il fascino e l'ironia di De Sica. Voleva affidarmi ne La vacanza il ruolo che poi fece la Bolkan. E rammento le estati con Montale, a Forte dei Marmi. Ci si trovava ogni giorno tra persone come Henry Moore, Marino Marini, Guttuso. Montale disegnava sempre: il mare, le Apuane... Usava tutto, dal vino al rossetto. Mi dedicò una bellissima poesia: La danzatrice stanca. No, io a settant'anni non mi sento affatto stanca. E sono quello che sono anche grazie a loro.
Sono felice, e depressa coma mai prima. Mi lecco le ferite, guardandomi intorno con una sorta di antico stupore e nuova speranza. È un'avventura massacrante, come ogni film, ma appagante, come ogni film. Negli occhi, riflesse, le nuvole rarefatte degli anni Novanta: un po' di ironia, un po' di poesia, un po' d'amore, un po' di orrore.