Guardò l'ultima luce condensarsi nel quadrante dell'orologio, e il quadrante trasformarsi da tondo orifizio nella penombra a disco sospeso nel nulla, il caos originale, e di nuovo trasformarsi in uno sfera di cristallo che nelle sue immobili, misteriose profondità conteneva il caos ordinato del mondo intricato e indistinto sui cui fianchi sfregiati le antiche ferite roteano a folle velocità verso la tenebra entro la quale si appostano nuove sciagure.
Se d'Amor l'acuto strale | A ferirti il sen non va, | Che ti giova, che ti vale, | Fille mia, la tua beltà? Dunque scegli qual più vuoi, | Cui del cuore aprir le porte.
Tu ti chiedi per quale motivo Pitagora si astenesse dal mangiar carne? Io per parte mia mi domando stupito quale evenienza, quale stato d'animo o disposizione mentale abbia spinto il primo uomo a compiere un delitto con la bocca, ad accostare le labbra alla carne di un animale morto e a definire cibo e nutrimento, davanti a tavole imbandite con corpi morti e corrotti, membra che poco prima digrignavano i denti e gridavano, che potevano muoversi e vedere. Come poteva il suo sguardo tollerare l'uccisione delle vittime sgozzate, scuoiate, smembrate, il suo olfatto resistere alle esalazioni, come ha fatto il senso di contaminazione a non dissuadere il palato, a contatto con le piaghe di altri esseri, nel ricevere i succhi e il sangue putrefatto di ferite mortali?
Un guerriero accetta la sconfitta. Non la tratta con indifferenza, non tenta di trasformarla in vittoria. Egli è amareggiato dal dolore della perdita, soffre all'indifferenza. Dopo aver passato tutto ciò, si lecca le ferite e ricomincia tutto di nuovo. Un guerriero sa che la guerra è fatta di molte battaglie: egli va avanti.
[...]Non vale niente se non hai condivisione del dolore del mondo! Non vale niente la politica se non sente le ferite dell'umanità! Non vale a niente niente! Non vale niente studiare! Non vale pettinarsi... Non vale presentarsi bene al mondo... Non vale innamorarsi... non vale inebriarsi nella buona musica... non vale conoscere la bellezza di un sonetto di Shakespeare... non vale innamorarsi del chiaro-scuro di una pittura di Caravaggio... non vale niente e niente se non sai piangere le lacrime del mondo quando quando l'umanità è ferita, vilipesa, umiliata, uccisa! Non vale niente! È inutile andare in Chiesa alla domenica e farsi il segno della croce per poi tradirlo tutti i giorni! È inutile! Siamo ipocriti!
Io credo nella teoria dell'unico proiettile. Ci si può innamorare molte volte, ma c'è un unico proiettile con inciso un nome. E se sei abbastanza fortunato da venire colpito da quell'unico proiettile, puoi star certo che la ferita non guarirà più.
Anima di Cristo, santificami / Corpo di Cristo, salvami / Sangue di Cristo, inebriami / Acqua del costato di Cristo, lavami / Passione di Cristo, confortami / O buon Gesù, esaudiscimi / Dentro le tue ferite nascondimi / Non permettere che io mi separi da te / Dal nemico maligno difendimi / Nell'ora della mia morte chiamami / Comandami di venire a te, / perché con i tuoi Santi io ti lodi / nei secoli dei secoli. Amen.
Ci rimane adesso di parlare di Emily, l'ardente, la geniale, l'indimenticabile, l'immortale Emily. Essa non scrisse che pochi versi, brevi liriche aspre, ferite, alla cui malia non si sfugge. E un romanzo. Wuthering Heights, un romanzo come non ne sono mai stati scritti prima, come non saranno mai più scritti dopo. Lo si è voluto paragonare a King Lear. Ma veramente, non a Shakespeare fa pensare Emily, ma a Freud; un Freud che alla propria spregiudicatezza e al proprio tragico disinganno unisse le più alte, le più pure doti artistiche. Si tratta di una fosca vicenda di odi, di sadismo e di represse passioni, narrate con un stile teso e corrusco spirante, fra i tragici fatti, una selvaggia purezza. Il romanzo romantico, se mi si consente il bisticcio, ha qui raggiunto il proprio zenith.
Si dicono parole che lasciano dietro conseguenze e significati. Si fanno gesti che possono ferire, per volontà espressa o per leggerezza. O per il semplice timore di essere feriti.
Stolti del mondo son stati quelli ch'han formata la religione, gli ceremoni, la legge, la fede, la regola di vita; gli maggiori asini del mondo (che son quei che, privi d'ogni altro senso e dottrina, e voti d'ogni vita e costume civile, marciti sono nella perpetua pedanteria) son quelli che per grazia del cielo riformano la temerata e corrotta fede, medicano le ferite de l'impiagata religione, e togliendo gli abusi de le superstizioni, risaldano le scissure della sua veste; non son quelli che con empia curiosità vanno, o pur mai andâro perseguitando gli arcani della natura, computâro le vicissitudini de le stelle.
Ero una ragazzina intelligente ma poco pratica, malgrado la libertà che avevo conquistato. Forse per questo non valutai bene la situazione né intuii il genere di ferite che avevo. La prima cosa a cui pensai fu un giocattolo dai bei colori che avevo comprato quel giorno e che portavo con me. Volevo cercarlo, come se quel che era successo non avesse conseguenze assai più gravi.
Come il ragno stando al centro della tela non appena una mosca ne rompa un qualche filo se ne accorge e svelto vi accorre come se sentisse male per la rottura del filo, così l'anima dell'uomo, quando una parte del corpo è ferita, rapida vi si reca come se non sopportasse la lesione del corpo a cui è congiunta stabilmente e secondo un determinato rapporto. Allo stesso modo dunque che i carboni accostandosi al fuoco diventano incandescenti per mutazione e una volta lontani dal fuoco si spengono, così quella parte del mondo circostante raccolta nei nostri corpi, distaccandosi dal resto, diviene quasi incapace di intendere, mentre ricongiungendosi naturalmente attraverso il maggior numero di pori diventa omogenea al tutto.
Prenditi le gioie ed i miei guai, sfiora la mia pelle e le ferite che graffiano l'anima, prendi tutte quante le bugie, tutte le pretese e e le follie. (da Dimmi che senso ha)
Uno scrittore che non ha una ferita sempre aperta, per me non è uno scrittore. Magari preferisce tenerla nascosta, perché è orgoglioso, perché non vuole farsi compatire; ma deve averla.
Una persona con ubuntu è aperta e disponibile agli altri, solidale con gli altri, non si sente minacciata dal fatto che gli altri siano validi e buoni, perché ha quella sicurezza che deriva dal sapere di appartenere ad un tutto più grande, e che siamo feriti quando gli altri sono umiliati o feriti, torturati o oppressi.