[Sul dominio statunitense nelle Filippine] Non so come fu, ma avvenne: 1) che non potevamo restituirle alla Spagna: sarebbe stato vile e disonorevole; 2) che non potevamo cederle alla Francia o alla Germania nostre concorrenti commerciali in Oriente : sarebbe stato un cattivo affare e indegno; 3) che non potevamo abbandonarle a se stesse: non erano in grado di autogovernarsi, e ben presto vi sarebbe stata l'anarchia e il malgoverno, peggio di quelli della Spagna; 4) che non ci rimaneva niente altro da fare che prenderle in blocco, educare i filippini, ed elevarli e civilizzarli e cristianizzarli, e con la grazia di Dio farne il meglio che si poteva, considerandoli nostri fratelli in quanto Cristo mori anche per loro. E poi andai a letto, e mi addormentai e dormii sodo.
Stimo e ammiro Renato Zero non solo come cantante ma anche come essere umano. Renato Zero conquista il pubblico perché rappresenta la libertà raggiunta con la micidiale arma del candore. Mi dà l'impressione di un anarchico pieno di lustrini e misticismo che potrebbe essere la versione moderna di un santo di ieri.
Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe più libertà, perché i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto.
Ma se noi siamo anarchici, chiederete, che diritto abbiamo di pretendere di agire sul popolo? Rifiutando ogni potere, con quale potere dirigeremo la rivoluzione popolare? Con una forza invisibile, non riconoscibile da nessuno e che non può essere imposta da nessuno, attraverso la dittatura collettiva della nostra organizzazione, che sarà più potente quanto più sarà nascosta e irriconoscibile.
A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini supremi della patria, senza pregiuidizi né preconcetti, faciamo appello perché uniti insieme propugnino nella loro interezza gli ideali di giustizia e di libertà. […] Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, ispirandoci ai saldi principii del cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi, di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni idealità, di fronte a vecchi liberalismi settari che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici. A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore della Patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito popolare italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro programma.
Il libro "Le avventure di Pinocchio" di Carlo Collodi, si può leggere in tanti modi. Intanto, è un libro pedagogico che segue la moda dei tempi, che voleva per i bambini "favole morali"; però vi spira un'aria strana un po' anarchica, un po' arrabbiata, che non consente anche il ribaltamento. Secondo me è un capolavoro.
Spinto dalle esigenze contraddittorie della sua sítuazione e costretto, in pari tempo, come un giocatore di prestigio, a tener gli occhi del pubblico fissi sopra di sé con delle continue sorprese, come surrogato di Napoleone, e a far quindi ogni giorno un colpo di stato in miniatura, Bonaparte sconvolge tutta l'economia borghese; mette le mani su tutto ciò che era parso intangibile alla rivoluzione del 1848; rende gli uni rassegnati alla rivoluzione e gli altri desiderosi di una rivoluzione; in nome dell'ordine crea l'anarchia, spogliando in pari tempo la macchina dello Stato della sua aureola, profanandola, rendendola repugnante e ridicola. Egli rinnova a Parigi il culto della sacra tunica di Treviri sotto la forma di culto del mantello imperiale di Napoleone. Ma quando il mantello imperiale cadrà finalmente sulle spalle di Luigi Bonaparte, la statua di bronzo di Napoleone precipiterà dall'alto della colonna Vendôme.
Chiamatemi come vi pare. È un problema vostro, amici, non mio. Anarchico, libertino, stronzo, mostro, piromane, pedofilo, assassino, amante della musica caramellosa di Lawrence Welk... le cose più spaventose che voi o io possiamo pensare. Cosa volete che me ne freghi? Resto sempre io quello che è in grado di scrivere questi racconti.
E nessuno ha mai detto che Dostoevskij era un modello di virtù; ma penso che si sia ampiamente guadagnato il paradiso scrivendo L'idiota.
La rivoluzione d'ottobre ottenne la vittoria con stupefacente facilità in un paese dove una burocrazia dispotica e accentrata governava una massa amorfa, che né i residui del feudalesimo rurale né il debole, nascente capitalismo urbano avevano saputo organizzare. Quando Lenin affermava che in nessun altro paese del mondo sarebbe stato così facile conquistare il potere e così difficile conservarlo, si rendeva conto non solo della debolezza della classe operaia russa, ma altresì delle anarchiche condizioni sociali che favorivano i cambiamenti improvvisi. Privo com'era degli istinti del capo della massa, Lenin puntò subito su tutte le possibili differenziazioni, sociali, nazionali, professionali, capaci di introdurre delle strutture nella popolazione, nella palese convinzione che tale processo stratificatore avrebbe costituito la salvezza del potere rivoluzionario.
L'Italia non è democratica né aristocratica. È anarchica.
Frasi sull'anarchia
DiGiuseppe Prezzolini
Vogliamo la patria; e le circolari ministeriali non c'impediranno di procacciarcela. Esse possono, urtando di fronte l'irresistibile tendenza italiana e oltraggiando immeritatamente i partiti, oggi in virtù dell'intento, concordi, travolgere il paese nell'anarchia: non possono mutare ciò che Dio e il popolo vogliono.
Si possono fare tutte le regole, sulla dimensione delle banche, sul capitale delle banche, sulle tasse per alimentare fondi contro i rischi di collasso delle banche. E anche per limitare la leva finanziaria o centralizzare o regolare il mercato dei derivati. È tutto necessario, ma non è ancora sufficiente, se permane la libertà, anzi l'anarchia, sui contratti derivati.
Nella caserma Lenin di Barcellona, il giorno prima del mio arruolamento fra i miliziani, ne vidi uno, italiano, ritto davanti al tavolo degli ufficiali.
Era un giovanotto dall'aspetto rude, sui venticinque o ventisei anni, capelli biondo-rossicci e spalle possenti. Il berretto di cuoio a punta gli calava fieramente su un occhio. Lo vedevo di profilo, il mento sul petto, mentre osservava con un cipiglio di perplessità una carta geografica che uno degli ufficiali aveva dispiegata sulla tavola. Qualcosa, sul suo volto, mi commosse profondamente. Era il volto di un uomo che avrebbe commesso un omicidio, gettato via la propria vita per un amico: il tipo di faccia che aspettereste in un anarchico, anche se con ogni probabilità egli era un comunista.
Ma un'altra grande forza spiegava allora le sue ali | parole che dicevano "gli uomini son tutti uguali" | e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via | la bomba proletaria e illuminava l'aria la fiaccola dell'anarchia!
Aspetterò domani, dopodomani e magari cent'anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopie. E ricordandomi con orgoglio e rammarico la felice e così breve esperienza libertaria di Kronstadt, un episodio di fratellanza e di egalitarismo repentinamente preso a cannonate dal signor Trotzkij.
Napoli si era consumata di lacrime di guerra, si sfogava con gli americani, faceva carnevale tutti i giorni. L'ho capita allora la città: monarchica e anarchica. Voleva un re però nessun governo. Era una città spagnola. In Spagna c'è sempre stata la monarchia ma pure il più forte movimento anarchico. Napoli è spagnola, sta in Italia per sbaglio.
Ossequiosi all'autorità e intimamente anarchici, spesso in acre discrepanza col mondo, i romantici oscillano tra la forza fantastica e la sterile fantasticheria, passando dall'ambizione di abbracciare con la parola l'infinito al silenzio, mescolando tutti i generi letterari e spingendosi all'estremo del dicibile. Essi cercano nell'arte una liberta' sfrenata e totale, senza cercarne più nemmeno una moderata e concreta nella sfera politica e cercano soprattutto nell'arte l'assoluto e insieme lo scacco, in una simbiosi di sublime e grottesco. [Corriere della sera, 24 dicembre 1995]
Senza una rivoluzione contadina, non avremo mai una vera rivoluzione italiana, e viceversa. Le due cose si identificano. Il problema meridionale non si risolve dentro lo Stato attuale, né dentro quelli che, senza contraddirlo radicalmente, lo seguiranno. Si risolverà soltanto fuori di essi, se sapremo creare una nuova idea politica e una nuova forma di Stato, che sia anche lo Stato dei contadini; che li liberi dalla loro forzata anarchia e dalla loro necessaria indifferenza. [...] Dobbiamo ripensare ai fondamenti stessi dell'idea di Stato: al concetto d'individuo che ne è la base; e, al tradizionale concetto giuridico e astratto di individuo, dobbiamo sostituire un nuovo concetto, che esprima la realtà vivente, che abolisca la invalicabile trascendenza di individuo e di Stato. L'individuo non è una entità chiusa, ma un rapporto, il luogo di tutti i rapporti. Questo concetto di relazione, fuori della quale l'individuo non esiste, è lo stesso che definisce lo Stato. Individuo e Stato coincidono nella loro essenza, e devono arrivare a coincidere nella pratica quotidiana, per esistere entrambi. Questo capovolgimento della politica, che va inconsapevolmente maturando, è implicito nella civiltà contadina, ed è l'unica strada che ci permetterà di uscire dal giro vizioso di fascismo e antifascismo. Questa strada si chiama autonomia.
Socialismo vuol dire uguaglianza, vuol dire libertà. Ma l'uguaglianza non può essere senza libertà; come la libertà non può essere senza l'uguaglianza: dunque socialismo e anarchia sono due termini dello stesso binomio, sono i due inseparabili fattori della redenzione proletaria.
Gli Anarchici non seguono le leggi fatte dagli uomini - quelle non li riguardano - seguono invece le leggi della natura.
Frasi sull'anarchia
DiBruno Misefari
Nel comunismo libertario io sarò ancora anarchico? Certo. Ma non di meno sono oggi un amante del comunismo. L'anarchismo è la tendenza alla perfetta felicità umana. esso dunque è, e sarà sempre, ideale di rivolta, individuale o collettivo, oggi come domani.
L'anarchismo è una tendenza naturale, che si trova nella critica delle organizzazioni gerarchiche e delle concezioni autoritarie, e nel movimento progressivo dell'umanità e perciò non può essere una utopia.
Frasi sull'anarchia
DiBruno Misefari
In ogni anarchico sta dentro un dittatore fallito.