Fra la colazione e il pranzo lasciate correre un intervallo di sette ore, che tante occorrono per una completa digestione, anzi non bastano per quelli che lhanno lenta, cosicché avendo luogo la colazione alle undici, meglio è trasportare il pranzo alle sette.
Questo pasto [la colazione], per essere il primo della giornata, è sempre il più appetitoso, e perciò non conviene levarsi del tutto la fame, se volete gustare il pranzo e, ammenoché non conduciate vita attiva e di lavoro muscolare, non è bene il pasteggiar col vino, perché il rosso non è di facile digestione e il bianco essendo alcoolico, turba la mente se questa deve stare applicata.
La vita sarebbe tristissima senza il vino o le patatine fritte, ma se me li proponi a colazione, pranzo e cena mi ritrovo a 20 anni con il fegato a pezzi.
L'importante non è la ragione per se stessa ma la verità: il valore della ragione dipende dalla sua vincolazione alla verità e dalla sua radicazione ontologica.
A volte mi sembra di essere sempre sul palcoscenico e sento che la mia stessa vita è un palcoscenico continuo: quando danzo, quando canto, quando faccio colazione. C'è però un momento di verità quando il palcoscenico scompare: quando piango. Sulle scene, fuori dalle scene o con qualcuno. C'è qualcosa di profondamente vero e onesto in questo. Non ha niente a che vedere con il togliermi una parrucca o il rossetto... è molto più profondo di questo.
Invece di indurre il giovane a prodezze patetiche di falsa gesticolazione solenne, io gli direi: "amico mio: scienza, arte, morale inclusa, non sono cose serie, solennità sacerdotali. Si tratta meramente di un gioco".
Non era la prima volta che scoppiava un litigio durante la colazione, al numero 4 di Privet Drive. Il signor Vernon Dursley era stato svegliato all'alba da un fischio acutissimo proveniente dalla camera di suo nipote Harry.
«Tre volte in una settimana!» tuonò dall'altra parte del tavolo. «Se non riesci a tenere a bada quella civetta, dovrà andarsene!»
Ancora una volta, Harry provò a spiegare.
«Si annoia» disse. «Edvige è abituata a volare all'aperto. Se solo potessi lasciarla libera di notte...»
«Ma mi hai preso per scemo?» ringhiò zio Vernon con un pezzetto di uovo fritto impagliato nei baffoni. «So bene cosa succederebbe a lasciar libero quell'animale.»
E scambiò un'occhiata cupa con la moglie Petunia.
Era una di quelle giornate in cui la vita pareva a James Bond come deve aver detto qualcuno un sei-quattro al tennis. Tanto per cominciare, aveva vergogna di se stesso, cosa che di solito non gli capitava. Soffriva dei postumi d'una maledetta sbronza, la testa debitamente dolente, le articolazioni debitamente anchilosate. Quando tossiva l'eccesso di fumo si accompagna all'eccesso di alcool e inasprisce le conseguenze uno sciame di luminosi puntini neri gli turbinava davanti come amebe in uno stagno. Il bicchiere di troppo si fa immancabilmente sentire troppo.
Vorrei sapere per esempio perché mi hai sposata." "Per via della colazione" spiegai. "Cercavo qualcuno con cui poter fare colazione per tutta la vita, e la mia scelta così si dice, no? cadde su di te. Sei stata una magnifica compagna di colazioni. E con te non mi sono mai annoiato. Neanche tu con me, spero.
Proprio come da Platone e Aristotele fino all'età moderna la filosofia, nei suoi maggiori e più autentici rappresentanti, è stata l'articolazione dello stupore di fronte a ciò che è, così la filosofia moderna, da Descartes in poi, è consistita nelle articolazioni e ramificazioni del dubbio.
Per lavoro viaggio moltissimo: 200 giorni all'anno passati in alberghi di tutto il mondo. Ecco, se posso vorrei lanciare un appello agli albergatori: per favore mettete più frutta fresca e verdura nei menu e spostate più avanti l'orario della prima colazione!
Il modo migliore per iniziare la giornata è affacciarsi dalla finestra della casa dei miei genitori ad Ascoli Piceno. Il paesaggio è straordinario e, per me che vivo a Milano tra cemento e palazzi, piuttosto insolito. Mi piace starmene tranquillo a osservare il fiume Tronto che scorre nel bosco. Subito dopo faccio colazione, sempre la stessa da anni e sempre a casa: un bicchiere di latte freddo con il Nesquik sciolto dentro e una ciambella. Non esco volentieri e nella mia città natale vengo soprattutto per ricaricare le batterie.
Stavano cominciando a far colazione quando videro entrare Santiago Nasar inzuppato di sangue che portava tra le mani il grappolo delle proprie viscere. Poncho Lanao mi disse: «Quello che non ho mai potuto dimenticare fu il terribile odore di merda». Ma Argénida Lanao, la figlia maggiore, raccontò che Santiago Nasar camminava con la prestanza di sempre, misurando bene i passi, e che il suo volto di saraceno con i ricci sconvolti era più bello che mai. Nel passare di fronte alla tavola sorrise a tutti, e proseguì, attraverso le camere da letto, fino all'uscita posteriore della casa. «Restammo paralizzati dallo spavento» mi disse Argénida Lanao. Mia zia Wenefrida Márquez stava squamando una alosa nel patio della sua casa, dall'altra parte del fiume, e lo vide scendere le scalinate del vecchio molo cercando con passo fermo la direzione di casa sua.
"Santiago, figlio mio" gli gridò, "che ti succede!"
Santiago Nasar la riconobbe.
"È che mi hanno ammazzato, piccola Wene" disse.
Inciampò sull'ultimo scalino, ma si rialzò subito. «Ebbe persino cura di scuotersi con la mano la terra che gli era rimasta sulle trippe» mi disse mia zia Wene. Poi entrò in casa per la porta posteriore, che stava aperta dalle sei, e crollò ventre a terra in cucina.
[Explicit]
Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato. La cuoca della sua affittacamere, cioè della signora Grubach, che ogni mattino verso le otto gli portava la prima colazione, quel giorno non venne. Era la prima volta che una cosa simile capitava. K. aspettò un poco; col capo appoggiato al guanciale, notò che la vecchietta sua dirimpettaia lo osservava con una curiosità per lei del tutto inconsueta, ma poi, deluso ed affamato ad un tempo, si decise a suonare il campanello. Subito bussarono alla porta, ed entrò un uomo che in quella casa K. non aveva mai visto prima.
Qualcuno doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato. La cuoca della signora Grubach, la sua padrona di casa, che ogni giorno verso le otto gli portava la colazione, quella volta non venne. Ciò non era mai accaduto. K. aspettò ancora un po', guardò dal suo cuscino la vecchia signora che abitava di fronte e che lo osservava con una curiosità del tutto insolita in lei, poi però, meravigliato e affamato a un tempo, suonò. Subito qualcuno bussò e entrò un uomo, che egli non aveva mai visto prima in quella casa.
Frasi sulla colazione
DiFranz Kafka
La speranza è buona come prima colazione, ma è una pessima cena.
Prima di uscire ho apparecchiato la sua colazione. Sul sacchetto dei biscotti ho attaccato un post-it con la mia dichiarazione d'amore. Tu sei tutto ciò che prima non sono mai riuscito a dire, mai riuscito a vedere, fare, capire. Finalmente sei qui... ho aspettato tanto. Ci vediamo stasera.
"[...]In conclusione, lo sperma è un alimento sano ed io lo consiglio per la prima colazione di tutta la famiglia!" (versando su una fetta biscottata una sostanza, probabilmente latte condensato, e mangiandola con gusto). - Caro Daniele, mi è molto piaciuto lo sketch sulla composizione dello sperma. Ma cosa hai versato sulla fetta biscottata, invece?" "......invece?"
Frasi sui biscottiFrasi sul latteFrasi sulla colazione
All'alba i miei amici, dopo l'orazione del mattino, prepararono una eccellente colazione nello stesso modo della sera precedente. Certamente essi ne presero una ampia parte, perché invero non ho mai veduto uomini mangiare tanto.
Io e mia sorella Brunella, maggiore di tre anni, vivevamo con mia nonna materna a Piccolo Paradiso; è stata lei a insegnarmi a cucinare. Era molto rigorosa: a tavola ogni giorno ci interrogava sul cibo che avevamo nel piatto, chiedeva il periodo dei pomodori, dei piselli, dei fiori. E quando eravamo disubbidienti, non ci picchiava con le mani, ma prendeva dietro casa delle foglie giganti di ortiche e ci inseguiva colpendoci sulle gambe. A sei anni ci trasferimmo a Bologna, dove cucinavo per Brunella: iniziai con le colazioni, ma a dieci anni preparavo già tutti i pasti completi.
Bisogna imparare a spiare la luce. Le sue modulazioni, le sue fughe e i suoi passaggi. Fin dal mattino, dopo la prima colazione, dopo la lettura della posta, bisogna informarsi sulle condizioni della luce, apprendendo allora se quel giorno si dipingerà, se ci si addentrerà profondamente nel mistero del quadro. Se la luce dell'atelier sarà buona per mettervi piede.