La nostra vita di artisti è una lotta interiore tra una parte della personalità che vuole restare autentica, prende responsabilità, si pone domande a cui non trova risposte e una propensione a seguire. Chi segue questa identità finisce per mischiare jazz, hip hop, musica classica, come ketchup, hamburger e mayonese. Risultato: un piacere immediato e bulimico. Ogni giorno affamato, obeso e pertanto vuoto.
Non si può ingabbiare l'arte, non si può mettere sotto processo l'artista per quello che racconta. Perché non è lui che inventa la realtà che racconta, la realtà esiste. L'arte, anche quella più provocatoria, non deve essere censurata per paura che mostri dei lati spiacevoli, oscuri, anche sbagliati, del mondo, deve servire proprio come segnale di quello che non va.
I Clash erano dei poeti. In quanto artisti che lavoravano nel campo nel campo della musica [...] erano completamente liberi di esprimere e riflettere il loro disagio nei confronti del mondo che li circondava. Esprimevano rammarico anche per il fatto che le band che li avevano preceduti - come gli Who - non erano state abbastanza militanti.
Vi sono galleristi sicuramente dediti ai loro artisti e che mantengono intatta la loro capacità di imporre figure nuove e interessanti, ma che rimangono comunque abilissimi uomini - o in altri casi donne - daffari. Anche se nella maggior parte dei casi il senso di libertà e la posizione etica rispetto alla vita sono per loro un buon modo per giudicare un artista. In altri casi sono spesso convinti di scoprirli, di dare loro visibilità e di creare un mercato.
La libertà e il progresso sono il fine dell'arte come, del resto, della vita stessa. Se noi artisti moderni non siamo così sicuri come i nostri avi, il progresso della civiltà ci ha almeno insegnato molte cose.
Gli artisti occidentali hanno la piccola illusione di sentire che ciò che fanno è importante e può contribuire a cambiare le cose. Ma io vengo da un paese che fino a qualche anno fa era comunista: nessun artista che arriva da una situazione del genere può coltivare questa illusione, quella che qualche nota possa cambiare gli eventi. Il nostro approccio è decisamente più minimalista: sappiamo che il nostro lavoro può contribuire a illuminare le piccole cose.
Gli artisti veramente superiori giudicano senza pregiudizi di scuole, di nazionalità, di tempo. Se gli artisti del Nord e del Sud hanno tendenze diverse, è bene siano diverse.
Di nuovo al mondo non c'è nulla o pochissimo, l'importante è la posizione diversa e nuova in cui un artista si trova a considerare e a vedere le cose della cosiddetta natura e le opere che lo hanno proceduto o interessato.
Credo che l'arte debba dare all'uomo momenti di felicità, un rifugio di esistenza straordinaria, parallela a quella quotidiana. Invece gli artisti oggi preferiscono lo shock e credono che basti provocare scandalo. La povertà dell'arte contemporanea è terribile, ma nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo.
Noi artisti siamo dotati di una particolare sensibilità nell'assorbire e nell'esprimere quello che ci sta attorno, a volte senza nemmeno capire dove si può arrivare.
Comincio a credere, anche a rischio di cadere nel paradosso, cosa non di mio gradimento, che l'artista deve amare la vita e odiare l'arte. Il contrario di ciò che ho pensato fino ad ora.
Il puro intrattenimento non è una donna egoista che canta canzoni noiose sul palco per due ore con la gente in smoking che applaude se gli piace o no. Il puro intrattenimento sono gli artisti reali che sulle strade possono attirare e mantenere l'attenzione della gente impedendo loro di allontanarsi.
La beatificazione postuma, nonché acritica, è una italianissima maniera per sdoganare artisti sottovalutati in vita. È certo il caso di Gaetano: troppo ironico e troppo poco «schierato», nel marasma politicizzato dei Settanta. La sua morte (nel 1981) ne ha complicato l'analisi artistica. E non hanno aiutato, se non nel riverbero del ricordo, certe fiction ben poco filologiche. Gaetano era una supernova. Ha brillato tre anni, dal '76 di Mio fratello è figlio unico al '78 di Nuntereggae più. Il successo sanremese di Gianna lo spiazzò, non ebbe il tempo di venirne a capo.
Tutto il percorso degli artisti moderni è in questa volontà di afferrare, di possedere qualcosa che sfugge continuamente... È come se la realtà fosse continuamente dietro i velari che si strappano. Ce n'è ancora un'altra, sempre un'altra.