Temo che gli animali vedano nell'uomo un essere loro uguale che ha perso in modo estremamente pericoloso il sano intelletto animale: vedano ciò in lui l'animale delirante, l'animale che ride, l'animale che piange, l'animale infelice.
Gli infelici valutano costantemente gli altri, criticano continuamente il loro comportamento e spesso su di loro sfogano il proprio personale malessere o fallimento.
La facilità con cui gli uomini si lasciano irretire da ogni genere di superstizione è pari soltanto alla difficoltà di renderli costanti in uno solo di tali generi; anzi, poiché l'uomo del volgo vive sempre in uno stato di infelicità, esso non trova mai durevole soddisfazione e soltanto lo seduce ciò che ha sapore di novità e che non si è ancora rivelato illusorio.