I social network, ad esempio, fanno sì che tu resti a casa nella tua stanzetta a comunicare apparentemente con tutti gli altri, ma in realtà internet non è un qualcosa di esterno da te. Quando spegni internet spegni anche te stesso, o quantomeno una parte di te stesso. Magari una proiezione ideale di te stesso. Tutto questo comporta una forte dipendenza fisica, psicologica e la creazione di una realtà parallela. Esistono persone che stanno male se non scaricano tutti i giorni la posta. In America iniziano ad avere crisi di astinenza da BlackBerry. Questo perché il BlackBerry diventa una tua propaggine sensoriale. Sei tu, non è una cosa esterna. Quindi se non lo accendi, tu sei spento. Con internet la tua individualità si annulla in una individualità collettiva, e se non ci fai parte ti senti malato. Ed è molto più evidente, adesso, una relazione già emersa con l'avvento della tv: la tecnologia elettronica condiziona il modo con cui il pensiero esplora il reale.
Per essere ammessi in tv bisogna appartenere alla nuova specie televisiva creata negli anni berlusconiani, ma che va ancora di moda. La figura del paraculo, sì, scriva pure così, quello che non si schiera mai, che si mimetizza, che fa del qualunquismo una bandiera. [...] Nomi e cognomi, come faccio nello spettacolo. Bonolis che dichiara di non sentirsi né di destra né di sinistra, Fabio Volo che si vanta di essere qualunquista, Simona Ventura che si definisce equidistante, aggiungendo candidamente di aver lavorato a Mediaset inseguita dal pettegolezzo di essere l'amante di Galliani e di averlo lasciato credere. [...] Gene Gnocchi, Fiorello, Fabio Fazio, Baudo stesso. [...] Sono gli eroi dell'opportunismo tv, quelli con la maschera patinata. Lavorano rispettando la condizione di non disturbare, non accorgendosi che l'opportunismo è una forma di corruzione.
Lavorare in tv è difficile, è faticoso, ti risucchia le energie: la televisione è fatta solo di numeri e di momenti legati alla pubblicità, non ti dà né tempo né il contatto col pubblico.
Le mie serate sono tranquille, mi piace invitare a casa amici, guardare programmi storici e geografici in televisione, pianificare viaggi e avventure, andare alla scoperta di antichi villaggi in Brasile o in Irlanda.
Quel che c'è di veramente grande in questo paese è che l'America ha dato il via al costume per cui il consumatore più ricco compra essenzialmente le stesse cose del più povero. Mentre guardi alla televisione la pubblicità della Coca Cola, sai che anche il Presidente beve Coca Cola, Liz Taylor beve Coca Cola, e anche tu puoi berla.
Ci sono talenti che vengono messi da parte senza motivo. Io stessa: star internazionale, parlo cinque lingue, ho alle spalle milioni di dischi venduti. Molte ragazze che vedi in tv non sanno cantare, ballare né altro. Così ti chiedi: a chi l'hanno data? È una cosa incomprensibile.
Arrivano da tutte le parti, i barbari. E un po' questo ci confonde, perché non riusciamo a tenere in pugno l'unità della faccenda, un'immagine coerente dell'invasione nella sua globalità. Ci si mette a discutere delle grandi librerie, dei fast-food, dei reality show, della politica in televisione, dei ragazzini che non leggono, e di un sacco di cose del genere, ma quello che non riusciamo a fare è guardare dall'alto, e scorgere la figura che gli innumerevoli villaggi saccheggiati disegnano sulla superficie del mondo. Vediamo i saccheggi, ma non riusciamo a vedere l'invasione. E quindi a comprenderla.