A Barcellona, che è diventata una delle città più cosmopolite, nessuno si permette di buttare una carta per terra. Ti viene automatico perché guardandoti intorno vedi che non si fa. Milano è una città che ha luoghi nascosti bellissimi, ma è trascurata, potrebbe dare molto di più. Vai in alcune vie ed è sporco, lasciato andare, logico che il cittadino dica chissenefrega, carta più carta meno.
Un sorcino ora è il presidente di una banca, un altro è un alto magistrato di Milano. Un medico mi ha visitato e, dopo che mi ero rivestito, si è rivelato: "Finalmente sono riuscito a toccarti". Mi vogliono bene anche ora che sono cambiato, da quando nel 91 a Sanremo ho deciso che i lustrini mi stavano stretti.
Non mi sono mai venduto. Anche se mi volevano comprare in tanti, e ricchi. Niente di male: inviti a casa, a cantare per gli amici. Ma io le trovavo offerte offensive. A Milano conosco meglio Quarto Oggiaro dei salotti.
Il pubblico milanese è bonario, critica poco e se mai non consuma. Gli si può dare foie gras per due anni e se poi si passa alla buseca non è che quelli dicano vogliamo il foie gras; mangiano meno buseca e se ne vanno. Son così i milanesi.
[Corriere della Sera, 17 gennaio 2004]
I milanesi sono l'unico popolo che io conosca che ha perso il senso della propria provenienza. Non hanno più un rapporto di identità culturale con le proprie istituzioni.
[Corriere della Sera, 17 gennaio 2004]
Frasi su Milano
DiPhilippe Daverio
Noi siamo fra quelli che credono che il destino delineato in questi ultimi dieci anni non corrisponda alla vocazione di Milano, la quale rimane pur sempre l'unica metropoli internazionale d'Italia. Crediamo che la città non debba solo continuare senza criteri una edificazione che non porta né al bello né all'utile ma solo a consolidare le garanzie in banca d'un gruppo di immobiliaristi che il mercato libero avrebbe destinato al fallimento. Crediamo che la città debba crescere e la vorremmo cosmopolita.
[Corriere della Sera, 12 novembre 2010]
Frasi su MilanoFrasi sulle banche
DiPhilippe Daverio
A Milano ci sono due squadre: l'Inter e la primavera dell'Inter.
È con un po' di tristezza e grande sollievo che vi dico che questa notte lascio gli Oasis. La gente scriverà e dirà quello che vorrà, ma semplicemente non potevo lavorare con Liam un giorno di più. Le mie scuse a tutte le persone che avevano comprato i biglietti per Parigi, Costanza e Milano.
Arrivai a Milano dopo trentacinque ore di viaggio da Novi Sad. Erano le cinque del mattino e ci scaricarono alla Stazione Garibaldi. La gente che c'era sembravano tutti delinquenti.
Brassens ha elaborato una propria lingua, fatta di giochi di parole, di doppi sensi, di intuizioni e invenzioni linguistiche, dei riferimenti alla letteratura, di gergo della Francia del Sud o della mala. Non sono riproducibili, se non ribaltando anche proverbi e modi di dire francesi. Occorre dunque trovare delle soluzioni che abbiano lo stesso stile e forza dell'originale, oltre che ovviamente la medesima metrica. Il milanese, ma i dialetti in genere, aiutano in questo senso oltre che con il suono delle parole, anche nel trovare delle coloriture particolari. Proprio per questi motivi le mie versioni non si possono definire delle semplici traduzioni: c'è tutto un lavoro di adattamento, di ricerca sulle parole. Mantenendo inalterato il significato ho cercato a mia volta di giocare con la lingua, per rendere la stessa forza delle trovate di Brassens.
A una certa età non vivi le notti milanesi... Poi laria inquinata, il traffico. Vivo sul Lago da dieci anni, sto benissimo, coltivo lorto e ho una barchetta per andare a pescare.
Arrivata a Milano con 150.000 lire, vivevo in un appartamentino in Viale Premuda, accanto a un cinema porno, il Pussy. Tornavo sola in quella stanza squallida, col frigo vuoto, dopo decine di provini andati a male. Una sera, un tizio uscito dal Pussy mi inseguì. Feci appena in tempo a chiudermi in casa. Lui bussava alla porta sempre più forte urlando cose irripetibili. Io me ne stavo a letto, con un coltello da cucina in mano, pregando che la porta non cedesse.
In fila per salutare il vecchio Biagi, davanti alla camera ardente di via Quadronno, ieri mattina c'era una Milano prevalentemente popolare. Quel genere di popolo decoroso e composto che siamo abituati a definire "antico", ma è perfettamente nostro contemporaneo. Solamente, ci siamo disabituati a vederlo: tanto quanto Biagi, è stato sfrattato dalla televisione per fare posto al neo-popolo adrenalinico, bistrato e burino che staziona giorno e notte nei palinsesti. Con un paio di amici ci siamo trovati a ragionare sulla straordinaria popolarità di Biagi. Per paradosso, ci ha colpito che questa popolarità toccasse proprio a uno "di sinistra". Popolare e di sinistra erano, fino a un paio di decenni fa, quasi sinonimi. Poi qualcosa è cambiato, la sinistra è parsa più in simbiosi con i ceti medi colti, con le élites intellettuali, e se si rivolge al popolo è più per rimproverarlo che per sentirsene parte. Il lascito più prezioso di Biagi, dunque, sta proprio in ciò che a volte gli fu rimproverato: la sua profonda e naturale popolarità, la facilità estrema con la quale sapeva entrare in sintonia con le persone semplici. Per lui essere di sinistra voleva dire essere popolare: pensandoci bene, questo era puro anticonformismo .
Roberto Cavalli perfeziona gli slip a vita bassa lanciando le mutande alle ginocchia, che lasciano scoperti i genitali. Allo studio la possibilità di abbassare anche i genitali, con una serie di pesi e di tiranti. L'uomo del 2008, secondo gli stilisti milanesi, è dunque un giovane atletico, ammanettato, con occhiali a specchio, cranio rasato, un alano al guinzaglio, niente pantaloni, mutande alla caviglie, scroto ribassato.
Sono milanese che più milanese non si può, sono iscritta alla Lega da due anni e ragiono in tutto e per tutto come loro, sono sicura di poter dare molto alla gente e per questo faccio un appello: Bossi, candidami in Parlamento per la Lega Nord!
Ho sempre pensato a come farmi rimpiangere quando non ci sarò più. Perciò mi sono preparata da sola un regalo di immortalità. Ho finanziato il restauro della Madonna del libro custodita nel museo Poldi Pezzoli di Milano, dipinta da Sandro Botticelli 500 anni fa. Ora durerà per altri 500 anni. In un mondo in cui dopo cinque minuti tutto finisce, ho voluto qualcosa che rimanesse. Lho fatto per ricordare Annalisa [la figlia morta nel 1989].
Al di là di come possa essere cambiata la Milano da bere o da mangiare, che oggi onestamente non mi interessa, è interessante constatare che Milano rimane coerente con la sua natura di sito produttivo. In tutto il mondo comanda la politica, tranne qui, dove invece comanda il denaro e la ricca borghesia ha un ruolo centrale nella vita pubblica. Fin dai tempi dei Beccaria si contano moltissimi personaggi della ricca borghesia che si sono adoperati per migliorare la città.
Un giorno dipingono Totti come un mito, il giorno dopo è un delinquente donnaiolo e poi torna a essere il benefattore dei bisognosi. Ma a rimetterci sono sempre io. Sono la più grande cornuta d'Italia, tradita un giorno sì e l'altro pure. Ho imparato a non farci più caso. Mi secca solo che nessuno pensi che anche Santa Ilary potrebbe avere un amante a Milano.
Vostra eccellenza, che mi sta in cagnesco | per que' pochi scherzucci di dozzina, | e mi gabella per antitedesco | perché metto le birbe alla berlina, | o senta il caso avvenuto di fresco, | a me che girellando una mattina, | capito in Sant'Ambrogio di Milano, | in quello vecchio là, fuori di mano.
Ieri sono andato a letto tardi, ho girato per Milano mi sono fermato in una libreria e ho trovato un libro di Emmanuel Kant, il filosofo che Umberto Eco legge senza capirlo. Nel libro "Scritti politici" Kant scrive: "Il capo supremo deve essere giusto per se stesso e tuttavia essere un uomo. Da un legno storto come'è quello di cui l'uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto". Questa è l'essenza del liberalismo che i puritani e i moraleggianti robespierristi giacobini non hanno mai capito, per questo hanno tagliato tante teste e realizzato un mondo di terrore. [...] "Lo Stato che vuole attuare con mezzi coattivi la felicità individuale o la morale collettiva scrive il filosofo tedesco non raggiunge lo scopo e diventa oppressore". È chiaro professor Eco, è chiaro che lei Kant lo legge fino a tarda notte ma non lo capisce?
Mio papà mi ha mandato a lavorare a Milano. Appena arrivato a Milano... sono passato dall'Hollywood... Oh fratelli spettacolo! Non sono ancora uscito, eh eh eh... sono cinque anni che vivo lì.
Sì, Milano è proprio bella, amico mio, e credimi che qualche volta c'è proprio bisogno di una tenace volontà per resistere alle sue seduzioni, e restare al lavoro. Ma queste seduzioni sono fomite, eccitamento continuo al lavoro, sono l'aria respirabile perché viva la mente; ed il cuore, lungi dal farci torto non serve spesso che a rinvigorirla. Provasi davvero la febbre di fare; in mezzo a cotesta folla briosa, seducente, bella, che ti si aggira attorno, provi il bisogno d'isolarti, assai meglio di come se tu fossi in una solitaria campagna. E la solitudine ti è popolata da tutte le larve affascinanti che ti hanno sorriso per le vie e che son diventate patrimonio della tua mente.
La Juventus è un po' nel mio DNA, quindi la conosco bene. È come un drago a sette teste, gliene tagli una ma ne spunta sempre un'altra. Non molla mai, e la sua forza è nell'ambiente: il Piemonte è ancora un'isola felice, senza le tensioni di Milano e Roma, e i giocatori possono prepararsi al meglio.
Non trovo niente che non mi piaccia di Ascoli: è bella, raccolta, la si gira bene. Una volta pensavo che non offrisse molte opportunità musicali, ma poi mi sono reso conto che non era possibile chiedere tanto a un luogo così tranquillo e misurato. Dovevo spostarmi io, a New York e a Milano, dove vivo oggi.
Il modo migliore per iniziare la giornata è affacciarsi dalla finestra della casa dei miei genitori ad Ascoli Piceno. Il paesaggio è straordinario e, per me che vivo a Milano tra cemento e palazzi, piuttosto insolito. Mi piace starmene tranquillo a osservare il fiume Tronto che scorre nel bosco. Subito dopo faccio colazione, sempre la stessa da anni e sempre a casa: un bicchiere di latte freddo con il Nesquik sciolto dentro e una ciambella. Non esco volentieri e nella mia città natale vengo soprattutto per ricaricare le batterie.
Credo che a nessun paese, a nessun popolo, piaccia essere occupato militarmente. Se domani mattina ci svegliassimo con mille militari qui nel centro di Milano, che arrestano, bombardano, sparano, torturano, deportano, uccidono chi vogliono, penso che non saremmo felici. Trovo invece sempre più strano che crediamo che quando lo facciamo noi di andare in altri paesi, quelli devono accettarlo, anzi debbono dirci grazie. E questa è una logica, profondamente colonialista, che ha la politica internazionale.