Avevo sei anni quando John Glenn andò nello spazio, ne avevo tredici quando Armstrong e Aldrin sbarcarono sulla Luna. Ricordo che mio padre mi bisbigliò, assistendo al lancio della capsula Mercury nel 1962: 'Quest'uomo porterà l'America nello spazio, la nostra nuova frontiera'. Non ho mai dimenticato la frase e la ripeto oggi a John, l'uomo del cielo e senza età, che tutti invidiamo. Fu mia madre, invece, a dirmi il 20 luglio 1969: 'Questa notte, la luna non tramonterà'. Nel living room della mamma, dove c'era una piccola tavola rotonda con caffè e dolcetti per tutti, quei giorni feci nella mia testa migliaia di allunaggi. Da allora, mi reputo un uomo delle stelle, che ama l'avventura dello spazio!
In principio era il vuoto. Poi il vuoto si è contratto, è diventato più piccolo di una capocchia di spillo. È stata una sua volontà o qualcosa l'ha costretto? Nessuno può saperlo, ciò che è troppo compresso alla fine esplode, con rabbia, con furore. Dal vuoto è nato un intollerabile bagliore, si è sparso nello spazio, non c'era più buio lassù, ma luce. Dalla luce è scaturito l'universo, schegge impazzite di energia proiettate nello spazio e nel tempo. Correndo e correndo, hanno formato le stelle e i pianeti. Il fuoco e la materia. Sarebbe potuto bastare questo, eppure non è bastato.
È Poesia il sublime mezzo per il quale la parola conquista lo spazio a lei necessario: comporre versi è un'attività che si potrebbe definire testografica.
Il volo della freccia. La freccia è l'intenzione che si proietta nello spazio. Una volta che è stata scoccata, non c'è più nulla che l'arciere possa fare, tranne osservarne la traiettoria in direzione del bersaglio.
Secondo una teoria adottata, ogni atomo misurabile è differenziato da un fluido tenue, che riempie tutto lo spazio con un movimento circolare, come un vortice di acqua in un lago calmo. Mettendo in movimento questo fluido, l'etere, diviene materia. Arrestato il suo movimento, la sostanza primaria regredisce al suo stato normale. Quindi, sembra possibile per l'uomo, attraverso l'energia imprigionata del mezzo e degli agenti idonei, azionare o fermare il moto dell'etere provocando la formazione o la scomparsa della materia. Al suo comando, i vecchi mondi svanirebbero quasi senza alcun sforzo da parte sua, ed i nuovi verrebbero ad esistere.
Quali che siano la durata e l'ampiezza dei nostri movimenti, noi immobili tra due infiniti restiamo sempre allo stesso punto nello spazio e nel tempo.
Il tempo non c'entra per nulla. Mi ha sempre sorpreso che i miei contemporanei, convinti d'aver conquistato e trasformato lo spazio, ignorino che si può restringere a proprio piacimento la distanza dei secoli.
Voi siete i soli abbastanza stupidi per tormentarvi al pensiero del tempo e delle distanze senza limiti, dei misteri imperituri, del fatto che stiamo decidendo proprio in questa epoca se il viaggio spaziale del prossimo miliardo di anni o giù di lì sarà il Paradiso o l'Inferno.
Nonostante l'attuale copiosità del flusso di racconti che trattano di altri mondi e di altri universi, nonché di intrepidi viaggi tra essi attraverso lo spazio cosmico, probabilmente non è affatto esagerato affermare che soltanto una mezza dozzina di questi prodotti, compresi i romanzi di H.G. Wells, possiedono la benché minima pretesa di serietà artistica o di dignità letteraria.
Dovevo avere sei anni, quando vissi intensamente un'immaginaria amicizia con una bambina della mia età più o meno. Sulla vetrata di quella che allora era la mia stanza, e che dava su Calle Allende, su uno dei primi vetri della finestra – ci alitavo sopra. E con un dito disegnavo una "porta". Per questa "porta" uscivo nella mia immaginazione, con grande gioia e in fretta, attraverso tutto lo spazio che si vedeva, fino a raggiungere una latteria di nome "Pinzón"... Attraverso la "O" di Pinzón entravo e scendevo fuori dal tempo nelle viscere della terra, dove la mia "amica immaginaria" mi aspettava sempre.