Non si può ingabbiare l'arte, non si può mettere sotto processo l'artista per quello che racconta. Perché non è lui che inventa la realtà che racconta, la realtà esiste. L'arte, anche quella più provocatoria, non deve essere censurata per paura che mostri dei lati spiacevoli, oscuri, anche sbagliati, del mondo, deve servire proprio come segnale di quello che non va.
È come una gabbia: si vede che gli uccelli all'esterno cercano disperatamente di entrare, e che altrettanto disperatamente quelli all'interno cercano di uscire.
Lasciatemi sola con la mia morte.
Deve dirmi parole in re minore
che non conoscono i vostri dizionari.
Parole d'amore ignote anche a Petrarca,
dove l'amore è un oro sopraffino
inadatto a bracciali per polsi umani.
Io e la mia morte parliamo da vecchie amiche
perché dalla nascita l'ho avuta vicina.
Siamo state compagne di giochi e di letture
e abbiamo abbracciato gli stessi uomini.
Come un'aquila ebbra dall'alto dei cieli,
solo lei mi svelava le misure umane.
Ora mi insegnerà altre misure
che stretta nella gabbia dei sei sensi
invano interrogavo sbattendo la testa alle sbarre.
È triste lasciare mia figlia e il ibro da finire,
ma lei mi consola e ridendo mi giura
che quanto è salvare si salverà.
Preferirei di no, dirò con Melville
al primo messaggero della morte.
Vedo foreste in fiore, rose in boccio,
vedo ogni compimento.
Quando sarà? Paziente il messaggero
vorrà date precise. Gli dirò
lasciami camminare fino a quando
giungerò all'orizzonte.
[Testamento, da La luna è già alta - Mondadori 2006]
"Vi dico che non lo sopporto! Farò un gesto disperato se questa vita non cambia presto. Non fa che peggiorare, e spesso sento che sarei disposta a vendere l'anima al Demonio in cambio di un anno di libertà!"
Era stata una giovane voce impetuosa a parlar e un intenso desiderio infondeva forza a quelle parole appassionate, mentre la ragazza si guardava intorno angosciata in quella stanza tetra, come una creatura in gabbia sul punto di liberarsi. Le pareti erano coperte di libri, libri s'ammucchiavano sui tavoli e tutt'intorno al suo unico compagno, un vecchio incartapecorito e inquietante. Questi sedeva su una sedia a rotelle dalla quale gli arti paralizzati non gli permettevano d'alzarsi senza aiuto.
Sono un piccolo uccellino | cui i bei voli hanno vietato. | Canto qui e sera e mattino | per colui che m'ha ingabbiato; | e se al Cielo così piace | in prigione trovo pace. || Non si ferma ad ascoltare | quello a cui volgo i miei canti; | si curvò per afferrare | le mie ali un tempo erranti. | Su di me, ecco, improvviso | per udirmi piega il viso.
Sei anni fa, in campagna, guardando il sole che tramontava dietro nuvole che sembravano tratti di penna un po' spento, un po' strabico, come ingabbiato qualcuno disse: "Occhio di capra: domani piove". Non lo sentivo dire da molti anni. Annotai l'espressione su un foglietto; e così ogni volta da allora che ne sentivo o ne ritrovavo nella memoria altre di uguale originalità e lontananza. Foglietto su foglietto, le "voci" hanno fatto libro: esile quanto è (e quanto si vuole), ma per me "importante". Da un certo punto di vista lo si può considerare, come ora di dice in accademia, un lavoro "scientifico": per me lo è, ma di quella "scienza certa" che è l'amore al luogo in cui si è nati, alle persone, alle cose, alle parole di cui la nostra vita, nell'infanzia e nell'adolescenza si è intrisa.
Sono un ragazzo difficile con cui vivere. Sono come un animale in gabbia. Sto sveglio tutta la notte e vado in giro per la sala. È difficile per me fare diversamente.
Ma «crisi» non ha necessariamente questo significato. Non comporta necessariamente una corsa precipitosa verso l'escalation del controllo. Può invece indicare l'attimo della scelta, quel momento meraviglioso in cui la gente all'improvviso si rende conto delle gabbie nelle quali si è rinchiusa e della possibilità di vivere in maniera diversa. Ed è questa la crisi, nel senso appunto di scelta, di fronte alla quale si trova oggi il mondo intero.
Andrew Harlan entrò nel cronoscafo. Era una struttura perfettamente sferica inserita in una gabbia di aste regolarmente distanziate che parevano vibrare come aria sottoposta a evaporazioni di caldo. Harlan manovrò i comandi e mise in posizione la leva di partenza.
Il cronoscafo non si mosse. Harlan, comunque, non si era aspettato che lo facesse. Non s'aspettava movimenti di sorta, né verso l'alto o il basso, né a destra o a sinistra, né in avanti o all'indietro. Tuttavia, gli intervalli fra le aste si erano fusi in un grigiore uniforme, solido al tatto ancorché immateriale. E poi c'era quel senso di leggerissima nausea e quel debole accenno di vertigini (d'origine psicosomatica?) che rivelavano che il cronoscafo, con tutto quel che conteneva, Harlan compreso, stava sfrecciando in avanti, attraverso l'Eternità.
In prigione nasce anche l'uomo, come ogni altro essere. Anima, corpo, pensiero, desiderio, comportamento: tutto in lui ha limiti, lui stesso è un tangibile limite, è tutto un definito, diverso, staccato dall'altro. Dalle finestre ingabbiate dei sensi egli guarda fuori di sé nell'esterna, estranea realtà che mai egli sarà.
La vita familiare come la concepiamo noi non ci è più naturale di quanto lo sia una gabbia per un cacatoa.
Frasi sulle gabbie
DiGeorge Bernard Shaw
In questo mondo cane | dove tra razze diverse si guardan male | chi mostra i denti per paura e chi per fame il risultato è uguale | se mordi o vai in gabbia o finisci male.
[da Come un pitbull]
Dalla portina, alle 9.30, una donna entra nella gabbia. Ha un paltò nero, un poco infagottato. Una sciarpa di lana giallo chiaro, gettata sulla spalla, le copre metà faccia. Tiene la testa china e si nasconde gli occhi con le mani, nere anch'esse per i guanti di filo. Pure i capelli, spartiti lateralmente con cura e raccolti sulla nuca, sono neri. Sembra una di quelle penitenti che si vedono inginocchiate nell'angolo più buio della chiesa dalle cinque del mattino. Invece è Rina Fort, la "belva".
Be', presi il fascicolo dell'esame e associai tutti i dati da imparare al sesso e all'età. C'era un tizio che abitava in una casa con tre donne. Una la prendeva a cinghiate(il suo nome era quello della via e la sua età il numero della trasversale); a quell'altra leccava la fica(idem), e la terza invece se la scopava, semplicemente(idem). C'erano tutti questi finocchi e uno di loro (si chiamava Manfred Ave.) aveva 33 anni... eccetera, eccetera.
Sono certo che non mi avrebbero fatto entrare in quella gabbia di vetro se avessero saputo che cosa pensavo guardando tutte quelle cartoline. Mi sembravano tutti vecchi amici.
Eppure feci confusione, con qualcuna delle mie orge. La prima volta feci 94 su 100.
Dieci giorni dopo, quando ripetei la prova, sapevo alla perfezione chi faceva che cosa a chi.
Feci 100 su 100 in 5 minuti.
Allungai una mano, aprii il libro verso la metà e cominciai a leggere Guerra e Pace di Tolstoj. Niente di nuovo. Era ancora un brutto libro.
[Gabbia di matti appena fuori di Hollywood]
Voglio provare tutte le esperienze. Potrei prenderlo nel didietro, così almeno il dolore mi farebbe sentire come gli altri e non una scimmia in una gabbia dorata.
Non sono più intimorito e sento di potere esprimere appieno il mio potenziale. Sento di avere costruito una base nella mia carriera, e di non avere più pressioni che mi limitano. Oggi mi sento come un domatore, non più come un leone ingabbiato.
Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È alla base della tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso.
Alcuni pensano che la società moderna sarà in perenne mutamento [...] Quanto a me, io temo che finirà con l'essere troppo immobilizzata nelle stesse istituzioni, negli stessi pregiudizi [...] che l'umanità si troverà bloccata e ingabbiata; che la mente oscillerà eternamente avanti e indietro senza generare idee nuove; che l'uomo dissiperà la sua forza in oziose, solitarie frivolezze; e che pur essendo sempre in movimento l'umanità cesserà di avanzare.