Più non ti affliggere per ciò che hai fatto:
le rose hanno spine e le argentee fonti fango,
nuvole ed eclissi macchiano e luna e sole,
e il ripugnante bruco vive nel bocciolo più dolce.
Tutti commettono colpe, e anch'io in questo,
giustificando con paragoni la tua trasgressione,
corrompendo me stesso nel medicare il tuo malanno,
scusando i tuoi peccati oltre misura;
poiché alla tua colpa sensuale io porto senso,
e la tua parte avversa diventa il tuo avvocato,
e contro me stesso intento causa legale.
Tale guerra civile è nel mio amore e odio
che complice devo per forza diventare
di quel dolce ladro che amaramente mi deruba.
Ebbene, ormai mancano solo due mesi alla celebrazione del 50° anniversario della conquista, ma, dall'aria che tira, già sembra di poter dire che ogni divergenza sui fatti del K2 verrà, maldestramente come sempre, insabbiata e dunque ignorata nei testi ufficiali. E con ciò quel siffatto CAI, commemorando l'impresa del 1954, ancora una volta vorrà farci credere di aver assolto totalmente i suoi obblighi, il suo dovere morale sulla tanto avversata ma che rimarrà insoluta questione K2.
[Sul campione di scacchi Bobby Fischer] Nella estrema frontiera dei quozienti di intelligenze raggiunta soltanto da personaggi come Einstein, della memoria assoluta, della arroganza infinita del divo timido, Bobby Fischer si perdette. La sua mente costruita per calcolare le variazioni e le combinazioni possibile di pedoni, torri, regine e re arrivando a ridicolizzare il primo "computer scacchista" costruito dal Mit di Boston, si rivoltò contro di lui, come in una malattia autoimmunitaria del genio, cacciandolo in un labirinto di paranoia dal quale neppure lui avrebbe saputo più uscire. Si convinse di essere perseguitato dal governo americano, nonostante il Congresso avesse votato addirittura una legge «ad personam» per riconoscerlo come unico vero campione del mondo di scacchi. Sprofondò nel «complottismo» più torvo, vedendo la mano dello "sporco ebreo" dietro ogni catastrofe della storia e dietro ogni sua avversità.
Il poeta ha le sue giornate
contate,
come tutti gli uomini;ma quanto,
quanto variate!
L'ore del giorno e le quattro stagioni,
un po' meno di sole o più di vento,
sono lo svago e l'accompagnamento
sempre diverso per le sue passioni
sempre le stesse;ed il tempo che fa
quando si leva, è il grande avvenimento
del giorno, la sua gioia appena desto.
Sovra ogni aspetto lo rallegra questo
d'avverse luci, le belle giornate
movimentate
come la folla in una lunga istoria,
dove azzurro e tempesta poco dura,
e si alternano messi di sventura
e di vittoria.
Con un rosso di sera fa ritorno,
e con le nubi cangia di colore
la sua felicità,
se non cangia il suo cuore.
Il poeta ha le sue giornate
contate,
come tutti gli uomini;ma quanto,
quanto beate!
Un mercantile giapponese era stato silurato durante la Seconda guerra mondiale e giaceva sul fondo del porto di Tokyo con un grosso buco nello scafo. Una squadra di ingegneri viene convocata per riportare a galla il vascello danneggiato. Uno di loro, per affrontare il problema, ricorda di aver visto un cartone animato di Paperino quando era piccolo e c'era una nave affondata con un buco nello scafo e per riportarla a galla l'hanno riempita di palline da ping-pong. Gli altri ingegneri, assai scettici, si mettono a ridere ma uno di essi è disposto a provare. Certo, dove diavolo potevano trovare venti milioni di palline da ping-pong se non a Tokyo? E quella è stata la soluzione ideale. Le palline furono sparate nello scafo e la nave tornò a galla. Morale: le soluzioni dei problemi si trovano nei posti più impensati. E inoltre, credi in te stesso anche nelle peggiori avversità.
Alla fine per convivere con la paura c'erano solo due regole (era arrivato alla conclusione che DOMINARE la paura fosse una pia illusione) e le ripeté a se stesso ora che aspettava nella sua cella.
DEVO ACCETTARE LE COSE SU CUI NON HO CONTROLLO.
DEVO TRASFORMARE LE MIE AVVERSITÀ IN VANTAGGI.
La seconda regola si traduceva nell'amministrare con la massima oculatezza tutte le risorse disponibili e fare progetti tenendole bene a mente.
Esiste un contagio del male: chi è non-uomo disumanizza gli altri, ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la seduzione al campo avverso.
Oggi io penso che, se non altro per il fatto che Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza: ma è certo che in quell'ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi.
Quando tutto procede tranquillamente e non ci sono contrarietà, è difficile distinguere i veri dai falsi amici; ma, quando le avversità sopraggiungono, si dimostra l'amicizia. Infatti, nel momento dell'urgenza i veri amici si avvicinano sempre più, mentre i falsi si allontanano sempre più.
Plutarco mi ha consolato e mi ha ispirato la rassegnazione. Sono fermamente risoluto a contrapporre alle avversità del destino un'anima forte, anche se vi sono dei momenti in cui io sono la creatura più disgraziata del mondo.
Al saggio non può capitare nulla di male: non si mescolano i contrari. Come tutti i fiumi, tutte le piogge e le sorgenti curative non alterano il sapore del mare, né l'attenuano, così l'impeto delle avversità non fiacca l'animo dell'uomo forte: resta sul posto e qualsiasi cosa avvenga la piega a sé; è infatti più potente di tutto ciò che lo circonda.
Frasi sulle avversità
DiLucio Anneo Seneca
In queste lettere mie deliberai, quanto io stimai essere mio officio, scrivere a te come ad omo quale io conoscea dotto ed erudito e in prima prudente e ben consigliato, non tanto per adurti nuovi e da te non prima conosciuti argomenti accomodati a levarti dall'animo, se in te forse fosse, alcuno dolore, quanto per ricordarteli, e insieme a me stessi repetendoli minuire el dispiacere quale io in me presi udendo la calamità tua; ché conoscea te, quanto se' omo, tanto non potevi non sentire la gravissima tua ricevuta avversità, quale infrangerebbe qualunque altro in sé la sofferisse.
Repetendo a memoria quanto per le antique istorie e per ricordanza de' nostri vecchi insieme, e quanto potemmo a' nostri giorni come altrove cosí in Italia vedere non poche famiglie solere felicissime essere e gloriosissime, le quali ora sono mancate e spente, solea spesso fra me maravigliarmi e dolermi se tanto valesse contro agli uomini la fortuna essere iniqua e maligna, e se così a lei fosse con volubilità e temerità sua licito famiglie ben copiose d'uomini virtuosissimi, abundante delle preziose e care cose e desiderate da' mortali, ornate di molta dignità, fama, laude, autoritate e grazia, dismetterle d'ogni felicità, porle in povertà, solitudine e miseria, e da molto numero de' padri ridurle a pochissimi nepoti, e da ismisurate ricchezze in summa necessità, e da chiarissimo splendore di gloria somergerle in tanta calamità, averle abiette, gittate in tenebre e tempestose avversità.
Quando siamo interessati solo alla vicenda di una cosa, ci stanchiamo di sentire la stessa vecchia storia raccontata tante volte, che si ferma sempre allo stesso punto e vogliamo subito una nuova storia, nuova e migliore e il quadro del momento, il romanzo del momento, divengono altrettanto effimeri dell'acconciatura e del copricapo del momento. Questo atteggiamento è totalmente avverso all'esistenza di ogni arte degna di essere amata. Se pensi di gettarla via domani, non puoi neppure averla oggi.
I miei affetti sono qui. Io sono napoletano, né potrei senza grave rammarico dirigere parole d'addio ai miei amatissimi popoli, ai miei compatrioti. Qualunque sarà il mio destino, prospero od avverso, serberò sempre per essi forti ed ammirevoli rimembranze. Raccomando loro la concordia, la pace, la santità dei doveri cittadini. Che uno smodato zelo per la mia Corona non diventi fonte di turbolenze. Sia che per le sorti della presente guerra io ritorni in breve fra voi, o in ogni altro tempo in cui piacerà alla giustizia di Dio restituirmi al trono dei miei maggiori, fatto più splendido dalle libere istituzioni di cui l'ho irrevocabilmente circondato, quello che imploro da ora è di rivedere i miei popoli concordi, forti e felici.
La buona fortuna degli uomini è spesso el maggiore inimico che abbino, perché gli fa diventare spesso cattivi, leggieri, insolenti; però è maggiore paragone di uno uomo el resistere a questa che alle avversitá.
Cittadini di Cadmo, deve dire ciò che il momento esige colui che alla proppa della città veglia sul bene comune e il timone dirige senza mai assopire le palpebre al sonno. Se ci andrà bene, ne sarà causa un dio; ma se all'inverso oh non accada! sorte nemica ci toccherà, Eteocle soltanto per tutta la città da mormorio avverso di preludi e da singhiozzi celebrato sarà: ma Zeus distornatore veramente distornatore sia di questi mali alla città dei Cadmei.
Strettamente legato alla dedizione vi è un altro fattore fondamentale dell'arte del comando: la forza d'animo, la capacità di resistere alle avversità, di risollevarsi dalla sconfitta e di dare ancora battaglia, d'imparare dai propri errori e di muovere risolutamente verso la meta finale. Il classico esempio americano di questa virtù è George Washington. A parte uno o due piccoli successi, Washington non ebbe la soddisfazione di nessuna importante vittoria militare fino alla resa finale del generale inglese Cornwallis, a Yorktown.