Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele.
[La frase vera fu "Ognuno è l'ebreo di qualcuno, i polacchi sono gli ebrei dei russi e dei tedeschi", tratta dal romanzo "Se non ora quando".
Successivamente il Manifesto, commentando l'invasione israeliana in Libano citò "ognuno è l'ebreo di qualcuno" e fuori virgolette aggiunse "i palestinesi sono gli ebrei di Israele". Da qui l'attribuzione a Levi]
[Auguste de Villiers de L'Isle-Adam] Ancora bambino cominciava a fare versi superbi. Solamenente, andateli a cercare! Andate a cercare Morgane, Elën, drammi come ne hanno fatti pochi i più grandi drammaturghi; andate a cercare Claire Lenoir, un romanzo unico in questo secolo! E il seguito, la fine di Axel, de l'Eva futura, dei capolavori, dei puri capolavori, interrrotti per anni, ripresi senza sosta come le cattedrali e le rivoluzioni, alte come queste.
I racconti li uso come palestra, come esercizi, e mi ci diverto anche molto, devo dire, perché puoi scriverli in un tempo circoscritto, mentre il romanzo è veramente una distesa sconfinata in cui devi capire da solo le geometrie, le proporzioni.
Per scrivere devi convincere te stesso che sei a un nuovo punto di partenza per te stesso. E non è solo un nuovo punto di partenza per te, lo è anche per l'intera storia del romanzo.
È vero che quando io scrivo d'impulso qualche cosa, ovviamente racconto le emozioni dei miei personaggi, ma è anche ovvio che se devo poi far muovere questi personaggi, farli agire, e svolgere una storia che regga un romanzo, per costruire la situazione e l'intreccio, ho bisogno delle idee.
Ci rimane adesso di parlare di Emily, l'ardente, la geniale, l'indimenticabile, l'immortale Emily. Essa non scrisse che pochi versi, brevi liriche aspre, ferite, alla cui malia non si sfugge. E un romanzo. Wuthering Heights, un romanzo come non ne sono mai stati scritti prima, come non saranno mai più scritti dopo. Lo si è voluto paragonare a King Lear. Ma veramente, non a Shakespeare fa pensare Emily, ma a Freud; un Freud che alla propria spregiudicatezza e al proprio tragico disinganno unisse le più alte, le più pure doti artistiche. Si tratta di una fosca vicenda di odi, di sadismo e di represse passioni, narrate con un stile teso e corrusco spirante, fra i tragici fatti, una selvaggia purezza. Il romanzo romantico, se mi si consente il bisticcio, ha qui raggiunto il proprio zenith.
"I promessi sposi", che han la fama esteriore di "romanzo storico", ma il cui centro artistico è una storia dell'uomo vista con una profonda calma e saggezza, eguagliata soltanto da quella di Goethe.
Non scriverò mai più un altro romanzo dopo questo: la mia sopportazione della gente comune si è esaurita. Ma continuerò senz'altro a scrivere. Non avverto il minimo declino delle mie facoltà.
L'industria culturale è il terreno su cui opera la nostra cultura. Non potrebbe essere diversamente. Se Honoré de Balzac scriveva capolavori nella forma del romanzo, ciò è perché l'industria culturale dell'epoca chiedeva questo genere.
Scrivere un romanzo è come preparare succo d'acero. Prima devi analizzare centinaia di alberi, bollire fusti e fusti di succo, far evaporare l'acqua, e tenere in ebollizione fino a quando arrivi a distillare una piccola porzione dove si concentra l'essenza.
Mi interessa il presente come un racconto la cui conclusione viene continuamente rinviata, un romanzo di grande suspense di cui sfuggono quasi sempre gli sviluppi, con un finale imprevedibile, la cui sola certezza è che qualunque cosa in ogni momento può accadere.
Se il romanzo che hai scritto funziona provi la stessa sensazione di quando hai visto un film o hai letto un libro che ti è piaciuto: continui ad avere nella testa i personaggi, te lo ricordi, anche fino alla mattina dopo, e ti piacerebbe che continuasse.
Scrissi un romanzo su un giovane, ricco, alienato yuppie di Wall Street di nome Patrick Bateman, che tra l'altro era anche un serial killer pervaso da una smisurata apatia all'apice dei reaganiani anni Ottanta. Il romanzo era pornografico ed estremamente violento, al punto che il mio editore Simon & Schuster si rifiutò di pubblicarlo adducendo ragioni di buon gusto e accollandosi la perdita di un anticipo a sei zeri.
In febbraio, per la prima volta in quell'inverno, cadde la neve, seppellendo per sempre il nostro romanzo dell'anno passato, confondendo le piste, cancellando l'ultima traccia.