Ho lasciato, dopo la grande manifestazione del Circo Massimo, un Pd con centinaia di migliaia di iscritti e un bilancio splendido. Soprattutto credo di aver destato una speranza che non è ancora spenta.
Pietro Germi mi disse che se avessi studiato e imparato bene l'italiano, togliendo il mio accento bolognese, avrei potuto diventare come la Loren, ma io non ho mai voluto abbandonare il circo.
Chi critica la presenza di animali al circo vuole farsi solo pubblicità, perché chi ama gli animali li tiene con sé. Io adoro gli elefanti, hanno l'intelligenza di un bambino di quattro anni. Pensate che uno costa 160 mila euro, perché dovrei trattarlo male?
Circensi si nasce, come nel mio caso, oppure si diventa. Il nostro speaker ha due lauree, in economia e in ingegneria, ma è stato conquistato dalla magia del circo e non lo ha lasciato più. Anche mia nipote, che fa la quarta liceo, studia al mattino e si esercita sotto il tendone al pomeriggio. Non l'ha obbligata nessuno, ma vuole fare la circense.
Ho iniziato a esibirmi a sei anni in un balletto acrobatico con mia cugina e da allora non ho mai abbandonato il circo e la vita nomade. Oggi non mi esibisco più, se non nei saluti finali. Potrei starmene tranquilla nella mia villa a San Donà di Piave, ma adoro vivere sulle ruote e poi la mia carovana è lunga ventiquattro metri e larga otto, è come una casa!
Era la verità: l'euforia generale era durata soltanto i primi sette giorni dell'occupazione. I rappresentanti della nazione ceca erano stati portati via dall'esercito russo come criminali, nessuno sapeva dove fossero, tutti tremavano per la loro vita, e l'odio verso i russi stordiva la gente come alcol. Era l'ebbra festa dell'odio. Le città ceche erano coperte da migliaia di manifesti dipinti a mano con scritte di scherno, epigrammi, poesie, caricature di Brenev e del suo esercito del quale tutti ridevano come di un circo di analfabeti. Nessuna festa, però, può durare in eterno.
Io faccio sempre il pagliaccio, Totò ci ricordava che non siamo nientaltro che guitti, sempre e comunque. Ma sono anche un pianoforte di cui vengono usati tutti i tasti. Sono stato fortunato, mi hanno promosso come boxeur e come circense, come ballerino e come cantante, come attore drammatico e brillante. Ma mi hanno bocciato come presentatore. Ci ho provato, ho fallito, non lo faccio più.
Quelle orribili amazzoni di Roma mi hanno reso schiavo e costretto a danzare nel loro balletto della tortura, nel Circo - la gente assiste ridendo, battendo le mani - la danza sessuale - se non balli t'infilzano su una lancia - la bruna grande e grossa scatta in piedi, mi afferra, mi trascina, mi fa fare movimenti osceni suggestivi con lei, tutta una danza che segue un preciso rituale scritto ma io sono uno schiavo riluttante, amante infelice - la folla esulta felice - è anche una specie di campo da pallacanestro, il campo parrocchiale di St. Louis.
Da dietro la parete giunse il suono invadente e volgare di una sveglia, e Dominique sobbalzò come se la suoneria ma che aspettavano a farla smettere! dovesse svegliare lei, alle tre del pomeriggio. Provò un senso di vergogna. Perché? Quel rumore sgraziato le suscitava solo ricordi dolorosi, spiacevoli, malattie, incombenze che la constringevano ad alzarsi nel cuore della notte o all'alba, ma lei non stava dormendo, non si era nemmeno assopita. Neanche per un momento la sua mano aveva smesso di cucire; a dire il vero, un attimo prima era come un cavallo da circo che, lasciato da solo a eseguire un esercizio, ha continuato a girare in tondo e, sentendo la voce di un intruso, ha un sussulto e si ferma di botto.
Non voglio vederlo!
Dì alla luna che si mostri;
non voglio vedere il sangue
d'Ignazio sopra l'arena.
Non voglio vederlo!
È spalancata la luna.
Cavallo di calme nubi
e circo grigio del sogno
con salici in prima fila.
Non voglio vederlo!
Il mio ricordo si brucia.
Avvisate i gelsomini
di minuscolo candore!
Non voglio vederlo!
La vacca del vecchio mondo
passava la triste sua lingua
sopra un muso di grumi
di sangue in terra versato.
Ed i tori di Guisando,
quasi morte e quasi pietra,
mugghiaron come due secoli
sazi di premere il suolo.
No.
Non voglio vederlo!
Sale Ignazio sui gradini,
tutta la sua morte a spalla.
Andava in cerca dell'alba
e l'alba non esisteva.
Cerca il suo fermo profilo
e il sogno lo disorienta.
Il suo bel corpo cercava
e trovò il suo sangue aperto.
Non ditemi di vederlo!
Non voglio sentire il getto
che sempre più s'affioca;
il getto che le tribune
illumina e si riversa
sopra il fustagno ed il cuoio,
della folla sitibonda.
Chi mi grida di mostrarmi!
Non ditemi di vederlo.
Non si chiusero i suoi occhi
nel vedersi lì le corna;
ma le terribili madri
rizzarono allora il capo.
Ed attraverso gli allevamenti
corse un vento di voci segrete,
a tori celesti gridate
da mandriani di pallida nebbia.
Non principe di Siviglia
potrebbe essergli pari,
né spada come la sua
né cuore del suo più vero.
Come un fiume di leoni
il suo stupendo vigore,
e come un torso di marmo
la sua lineata saggezza.
Aria di Roma andalusa
gli dorava la testa
dove il suo riso era un nardo
di sale e d'intelligenza.
Che gran torero in arena!
Che buon montanaro ai monti!
Quanto mite con le spighe!
Quanto duro con gli sproni!
Tenero con la rugiada!
Che bagliore nella fiera!
Quanto tremendo con l'ultime
banderillas della tenebra!
Ma ora dorme in eterno.
Ora i muschi e l'erba dischiudono
con loro dita sicure
il fiore del suo teschio.
E il suo sangue ora viene cantando:
cantando per maremme e praterie,
sdrucciolando su corna intirizzite;
senz'anima vacilla nella nebbia.
In migliaia di zoccoli inciampando
come una lunga, oscura, triste lingua,
per formare una pozza d'agonia
presso il Guadalquivir del firmamento.
Oh bianco muro di Spagna!
Oh nero toro di pena!
Oh sangue duro d'Ignazio!
Oh usignolo delle sue vene!
No.
Non voglio vederlo!
Un calice non v'è che lo contenga,
non vi son rondinelle che lo bevano,
non v'è brina di luce che lo geli,
non di gigli v'è canto né diluvio,
non cristallo che lo copra d'argento.
No.
Io non voglio vederlo!
Una delle testimonianze viventi dell'infelicità delle attrici, legata alla paura di invecchiare, per me è stata Rita Hayworth. Giravamo Il circo e la sua grande avventura. [...] A quarantacinque anni, quella che era stata l'«atomica», una delle più belle donne del cinema americano e del mondo, era completavamente sfasciata. Però beveva e, bevendo, dimenticava: sembrava non rendersi assolutamente conto dello stato fisico in cui si era ridotta.
Spesso ho l'impressione di essere diventata un animale da circo. Lì a fare piroette, e la gente che aspetta il primo sbaglio per criticarti. Ma, se le piroette non le fai, non si divertono.