Oggi lItalia non è più il Paese delle grandi industrie. Milano ha perduto la Falk, la Marelli. Si sono sviluppate moltissimo le industrie minori o il terziario. Proprio in questo settore, il terziario, oggi il design ha delle possibilità di sviluppo notevolissime.
Parigi ha l'eleganza delle armonie e della grandeur, Londra ha l'eleganza della classe e del prestigio, Roma ha l'eleganza dell'umanità e della storia. Ogni città ha la sua eleganza. Anche Milano: ha l'eleganza della sobrietà, della discrezione, della solidità.
Perché Di Pietro? mi si chiede da ogni parte. Di Pietro rimane il simbolo di una stagione, quella di Mani Pulite, che ha dato speranza a Milano e a tutta Italia. Porta avanti da anni discorsi corretti sulla giustizia, sui diritti civili e altro.
Il mio incontro con Pasolini fu bello. In un primo tempo voleva utilizzarmi per un'opera che doveva rappresentare alla Piccola Scala di Milano, cosa che poi non fece. Recitai invece nell'episodio "Cosa sono le nuvole", e dal titolo del film nacque anche una canzone, che scrivemmo insieme. È una canzone strana: mi ricordo che Pasolini realizzò il testo estrapolando una serie di parole o piccole frasi dell'Otello di Shakespeare e poi unificando il tutto.
Cè una fatica della nostra società a confrontarsi con limmigrazione, una realtà che è un problema ma che resta una opportunità. È allimmigrazione che Milano deve non poco della sua fortuna: questa città è frutto di ripetuti e successivi processi di integrazione. È una memoria da recuperare, una memoria che è incarnata anche dalla sapienza biblica nel libro del Levitico: "Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri".
Cè una speranza: Milano che può contagiare il Paese intero. Incontro la speranza visitando le parrocchie, seguendo il lavoro pastorale dei miei preti, delle associazioni, del volontariato. Ma questa speranza perché non ha visibilità? Perché non fa notizia? Perché anche i media non si assumono la responsabilità di far circolare la speranza? Servono occhi di speranza per riconoscere quanto c'è di positivo e anche per suscitarlo.
A sei anni, alle elementari a Milano, ero invidiato dai compagni perché saltavo l'ora di religione, e quando la maestra mi chiese perché, risposi "Perché sono un libero pensatore".
Mi sveglio sempre alle sette perché se sono a Milano porto mio figlio Lorenzo a scuola e se sono a Roma ho la commissione Bilancio, che è fissata spesso prima dell´aula. Mi sveglio e mi alzo felice, innamorata della vita, dicendomi: che fortuna!
Quando me ne andai da Milano la notizia che ero stato nominato direttore all'Opera di Vienna fu pubblicata nel momento in cui stavo partendo. Ma è chiaro che dietro a quella scelta c'era stato un processo di anni. Per fortuna c'è sempre un'evoluzione. Per la Scala avere un direttore musicale come Muti ha rappresentato un'evoluzione. E per me è stata un'evoluzione poter lavorare prima a Vienna e poi a Berlino.
Il problema della Scala non è la Scala, ma Milano, che è un disastro. L'aria irrespirabile ne riflette l´andamento: l'inquinamento riguarda anche la cultura.
In Italia ho molti amici e amiche, e non certo soltanto nel mondo della moda. In Italia ho trascorso momenti duri e splendide giornate. Ho scoperto Milano, Roma, Positano, antichi villaggi. Ho visto i colori dei paesaggi cambiare con il passare delle ore. Ho assaporato il cibo, ho osservato la creatività straordinaria di artisti, stilisti, donne e uomini. È stata la tappa giusta prima del mio sbarco negli Stati Uniti. È stato il periodo che ha preceduto il doloroso incidente che mi ha impedito di diventare una ballerina, come avrei voluto.
Poco più che adolescente lasciai il Sudafrica per lavorare a Milano, come modella. All'epoca non avevo nulla, se non una piccola frase preziosa che mi aveva insegnato mia madre: "Qualsiasi cosa accada, pensa che potrai sopportarlo, superarlo, quindi scegliere ciò che vuoi davvero".
A Milano andavo al Nepentha e all'Hollywood e mi fa ridere pensare che quest'estate [2010] la polizia ci abbia trovato della cocaina. Ma ci hanno messo vent'anni a scoprirla?
Quando sono a Torino, a Milano, e non soltanto, mi muovo con emozione per le strade che ricordano i nomi degli uomini che hanno fatto l'Italia, i re e i primi ministri, ma anche i Cattaneo e i Mazzini.
Non è la perfezione che bisogna cercare. La perfezione è un pretesto per non muoversi più. Qui sta l'errore della Scala di Milano, d'un teatro come quello. La perfezione matura cogli anni e s'isola nello spazio e nel tempo. Ma quando la perfezione si vuol fabbricarla su misura, bravura ed esperienza non servono. Soltanto nell'innocenza e in un ardore che contraddice i dogmi e l'esperienza si trova qualche volta il germe di una nuova perfezione.
Pensavo che a NY , sarei riuscita a coniugare vita familiare e personale. Non è stato così. Mi sono sentita molto sola in un paese dalla cultura che non mi appartiene affatto. Sono quindi tornata a vivere a Milano perché ho capito che la cosa più importante è essere felice e stare vicino alle persone che amo. E quando si è più felici a livello personale si hanno buoni ritorni anche nel campo professionale.
L'accoglienza a Milano fu molto positiva. Allora la città era estremamente viva e vitale, con un'impronta europea e internazionale. È qui che cominciai a frequentare artisti e uomini di cultura (oltre a Fontana, Baj, Dangelo, Milani, Sanesi, Mulas...) e ad avere l'appoggio dei poeti e degli scrittori. Molto importante è stata la conoscenza con Fernanda Pivano e Ettore Sottsass: in casa loro ho avuto i primi incontri con gli americani.
Il Pdl e Letizia Moratti hanno detto no alla Commissione antimafia per il controllo degli appalti e delle forniture per milioni e milioni di euro che verranno investiti in occasione dell'Expo del 2015 che si svolgerà a Milano. [...] Compiere un gesto simile, dopo le inquietanti parole del sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, Vincenzo Macrì, che nel giugno dello scorso anno aveva definito Milano la "vera capitale delle cosche", è un atto inspiegabile che desta sospetti sul fatto che si vogliano avere mani libere per gestire anche commesse di dubbia assegnazione.
Stavano arrivando i bombardamenti su Milano e quindi in fretta e furia mi hanno anche laureato. Non ho preso la laurea per bravura, ma una laurea di guerra.