"Oh, le conosco quelle come te" disse la donna. "Donne oneste. Troppo per bene per avere a che fare con la gente comune. Uscite di nascosto coi ragazzini, ma aspetta che arrivi un uomo". Rigirò la carne. "Prendete tutto quello che potete, ma dare, niente. "Sono una ragazza pura, io; io non le faccio, certe cose". Esci di nascosto coi ragazzini, gli consumi la benzina, ti fai pagare la cena, ma appena ti mette gli occhi addosso un uomo svieni perché tuo padre giudice e i tuoi quattro fratelli potrebbero disapprovare. Ma basta che ti trovi nei guai e da chi corri a piangere? da noi, da quelli che non sono degni neanche di allacciargli la scarpe onnipotenti, al signor giudice". Da sopra il bambino Temple fissava la schiena della donna, il viso come una piccola maschera pallida sotto il cappellino storto.
Quando c'è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l'inverso. Ma la guerra è finita, obiettai: e la pensavo finita, come molti in quei mesi di tregua, in un senso molto più universale di quanto si osi immaginare oggi. Guerra è sempre, rispose memorabilmente Mordo Nahum.
Camminavo cantando a squarciagola lungo i muri ammuffiti del convento delle Carmelitane Scalze, quando una scarpa mi raggiunse alla nuca. "Bugiarde!" gridai.
Ci tengo ad essere sempre femminile. Non sopporto le ragazzine bellissime piene di anelli al naso e capelli dritti e colorati. Io ho sempre voluto capelli lunghi, scarpe con il tacco, biancheria di pizzo, tailleur con la gonna corta, calze autoreggenti perfette.
Una volta in Russia ho visto in una vetrina un paio di scarpe uscite di produzione con cui mi trovo benone: entro e chiedo quante ne hanno del mio numero, pronto ad acquistarne anche 100 paia, visto che sono introvabili. Torna il tipo e mi dice: ne ho due. Va bene, le prendo. Erano due, una sinistra e una destra. Dico all'interprete: chiedigli se mi sta prendendo per il culo. No, non mi stava prendendo in giro. I russi sono così.
Mi ricordo che un giorno presi mia madre e le diedi uno spintone mandandola contro una finestra, tanto che si tagliò dappertutto, e mio padre decise di darmi una lezione. Mi diede tante cinghiate da farmi lievitare il culo come un pandolce, poi mi chiese: "Hai niente da dire alla mamma?" Io risposi di no. Lui, per rappresaglia, prese i miei album di figurine ne avevo cinque o sei e me li bruciò tutti in mezzo alla stanza. Io rimasi impassibile. Lui afferrò una scarpa e mi picchiò in testa col tacco. Poi ripeté: "Hai niente da dire alla mamma?" "No", risposi. Se ne andò, avevo vinto io.
L'italiano è una lingua senza saliva, il napoletano invece tiene uno sputo in bocca e fa attaccare bene le parole. Attaccata con lo sputo: per una suola di scarpa non va bene, ma per il dialetto è una buona colla.
Ecco finalmente per i fratelli i nostri primi sei estratti del Superenalotto di mercoledì. I numeri sono: 2 come P, 8 come G, gli anni di Silvio, Bologna 80, 5 come il canale, le scarpe di Fassino e per il jolly sentite a Montezemolo, sempre lui. (Il Massone)
Le feci tener su le calze e le scarpe coi tacchi alti. sono un freak. il corpo al naturale non lo reggo, ho bisogno di farmi ingannare. gli psichiatri hanno un termine specifico per questo, e io ho un termine specifico per gli psichiatri.