Oggi è domenica lavorativa, Arbeitssonntag: si lavora fino alle tredici, poi si ritorna in campo per la doccia, la rasatura e il controllo generale della scabbia e dei pidocchi, e in cantiere, misteriosamente, tutti abbiamo saputo che la selezione sarà oggi. La notizia è giunta, come sempre, circondata da un alone di particolari contraddittori e sospetti: stamattina stessa c'è stata selezione in infermeria; la percentuale è stata del sette per cento del totale, del trenta, del cinquanta per cento dei malati. A Birkenau il camino del Crematorio fuma da dieci giorni. Deve essere fatto posto per un enorme trasporto in arrivo dal ghetto di Posen. I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io.
A volte basta omettere una sola notizia e un impero finanziario si accresce di dieci miliardi; o un malefico personaggio che dovrebbe scomparire resta sull'onda; o uno scandalo che sta per scoppiare viene risucchiato al fondo.
La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l'illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa. Quando gli avvenimenti sono istantanei e appassionanti, ci lasciamo trascinare dal loro flusso. Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente. Ma si fa di tutto per cancellare ogni memoria.
Qualche mese fa mi capitò di parlare con i miei figli del Sudafrica, mentre vedevamo una delle partite del Mondiale di calcio 2010. Si parlava tanto di questo Paese che il mappamondo ficca laggiù in basso, che per vederlo bisogna proprio andarlo a cercare. E leggendo qua e là quelle che gli inserti speciali dei quotidiani definivano «curiosità» anche ai miei bambini era arrivata la notizia di un personaggio particolare. Un personaggio che per le proprie idee e per il colore della propria pelle era stato in carcere quasi trent'anni, Nelson Mandela. Dopo aver sofferto tantissimo Mandela era riuscito a farsi liberare e, addirittura, a vincere le elezioni per diventare il presidente di tutto il Sudafrica. Un uomo che onorava la parola politica con l'esempio più grande: quello di una vita spesa per la libertà e la democrazia. Mi colpì vedere gli occhi dei miei figli reagire, forse più perplessi che ammirati, al pensiero di poter stare qualcosa come ventisette anni chiusi in una prigione solo perché «colpevoli» di avere idee di giustizia e uguaglianza. E credo che sia stato importante sotto il profilo pedagogico poter dire loro che quell'uomo, quello stesso uomo che un regime aveva costretto in carcere, era diventato il capo dello Stato, quello che firmava le leggi, il garante del fatto che nessuno avrebbe più dovuto soffrire per simili atrocità. Una volta tornato in libertà, il desiderio di Nelson Mandela non era stato fare la guerra o vendicarsi, ma fare politica. Esattamente la stessa cosa che facevano gli altri, ma fatta bene, fatta all'insegna della giustizia e dell'uguaglianza.
C'è chi mi giudica con molta cattiveria, ormai la tendenza è di far notizia con le cose negative. Ma ci si abitua a tutto: certi giornalisti, se li conosci li eviti, così non ti uccidono.
L'espressione "società aperta", in contrapposizione a "società chiusa", proviene dall'importante filosofo francese Henri Bergson e, in un uso diverso, dal mio libro La società aperta e i suoi nemici. Mi decisi a scrivere quel libro nel giorno in cui mi arrivò la notizia che Hitler era entrato in Austria.
La televisione deve dare le notizie; il mestiere del giornalista è raccontare a chi torna a casa quello è accaduto di importante in questo Paese su cronaca, politica o economia. Spesso privilegiamo la cronaca sulla politica, ma non la rifuggiamo.
Il giornalismo di agenzia è quello forse più vero e divertente, quello dove vivi a contatto diretto con la fonte e dove scopri la bellezza della Notizia.
Per ciò che, dalla mia prima giovanezza infino a questo tempo oltre modo essendo stato acceso d'altissimo e nobile amore, forse più assai che alla mia bassa condizione non parrebbe, narrandolo io, si richiedesse, quantunque appo coloro che discreti erano e alla cui notizia pervenne io ne fossi lodato e da molto più reputato, nondimeno mi fu egli di grandissima fatica a sofferire, certo non per crudeltà della donna amata, ma per soperchio fuoco nella mente concetto da poco regolato appetito: il quale, per ciò che a niuno convenevol termine mi lasciava contento stare, più di noia che bisogno non m'era spesse volte sentir mi facea.
Il giornalismo è anche dominato dagli eventi. È dominato giustamente dalle notizie. Spesso si ritorna a parlare di una situazione, di un Paese, di un'emergenza, grazie o in conseguenza di una notizia, di un episodio.
La satira è un punto di vista e un po' di memoria, quindi da fastidio perché ricorda un fatto, inoltre da fastidio perché, il punto di vista dell'autore satirico, che è quello che scatena la risata, fondamentalmente, consente allo spettatore, all'ascoltatore, di mettere in prospettiva il fatto stesso e quindi di comprenderlo. Siamo, come sai, immersi da una valanga di informazioni, che è un altro modo, in realtà per disinformare. La gente non ha i criteri per giudicare le notizie e per valutarle. L'autore satirico questo lavoro lo fa prima, e quindi, grazie ai suoi punti di vista, ti da un quadro completo della situazione e ti consente poi di valutare i fatti che, da quel momento in poi, accadranno.
[Sulle reazioni scaturite in seguito alla sua prefazione al libro di Alessandro Cecchi Paone.] Mi stupisce quando fa clamore una notizia che non dovrebbe essere notizia. Quando uno parla d'amore, quando si parla di sentimenti, ogni persona deve avere il diritto di amare chi vuole. Il mondo del calcio non è fuori dalla società, non è fuori dal mondo, ma è nel mondo, quindi quello che ho detto su certi argomenti, rientra nella normalità. Quando c'è sentimento, quando c'è amore, non bisogna avere paura dei propri sentimenti e bisogna rispettare ogni forma d'amore.
Quando appresi la notizia della morte di Elvis mi misi alla guida della mia auto. Mi fermai e davanti al mare continuai a piangere per tutta la notte ascoltando musica fino alle sette del mattino. All'alba, al primo spuntare del sole, mi decisi a ritornare a casa. Non ho parlato con nessuno per due o tre giorni come se avessi perso uno dei miei genitori.