I confini sono tracciati per creare differenze, per distinguere un luogo dal resto dello spazio, un periodo dal resto del tempo, una categoria di creature umane dal resto dell'umanità... Creare delle differenze significa modificare le probabilità: rendere certi eventi più probabili e altri meno, se non addirittura impossibili.
La meditazione umana non ha limiti. A suo rischio e pericolo, analizza e misura il suo proprio abbigliamento. Si potrebbe quasi dire che per una specie di reazione splendida, essa abbagli la natura; il mondo misterioso che ne circonda rende ciò che riceve; è probabile che i contemplatori siano contemplati.
Se a taluno degli assidui più melomani si chiede quale è stato l'evento più straordinario tra tante bellezze, è probabile che risponda essere stata la stecca d'un tenore meritatamente celebre all'ultimo atto d'un'opera non tutta degna, ormai, d'essere celeberrima.
Se l'umanità deve sopravvivere, la felicità e l'equilibrio interiore sono di importanza fondamentale; altrimenti è molto probabile che le vite dei nostri figli e dei loro figli siano infelici, disperate e brevi.
Penso che vi sia una linea molto sottile nel confine tra successo e fallimento. E penso che se si avvia un lavoro senza il sostegno finanziario, è probabile che si finisca dalla parte sbagliata di quella linea di demarcazione.
[La frase che segue è attribuita anche a Platone ma è più probabile che fosse di Socrate]
Anche un allevatore di asini, di cavalli e di buoi, che fosse tale quale Pericle fu, avrebbe la fama di essere un cattivo allevatore.
Nei Paesi borghesi come in terra comunista l'"evasione dalla realtà" è deplorata in quanto vizio solitario, perversione debilitante e abietta. [...] Tale "evasione" è la fugace visione di splendori perduti e la probabilità di un verdetto implacabile sulla società attuale.
Quasi tutti ammettono, non potendo fare altrimenti, che la maggior parte degli istinti hanno origine in un atto ragionato e cosciente; ma perché si ostinano a trasformare in atti automatici tutto quel che segue a questo primo atto? Se ve n'è uno, è probabilissimo che ve ne siano molti: o tutto, o nulla.
È molto probabile che una tappa decisiva nel misterioso processo dell'evoluzione dell'uomo sia rappresentata dal giorno in cui un essere, che stava esplorando con curiosità il suo ambiente, fermò la sua attenzione su se stesso.
In passato è stato particolarmente eccitante seguire un corso di probabilità e statistica: benché piuttosto brutto, mi insegnò che si potevano fare affermazioni precise e utili su un mondo incerto.
La scienza non è un insieme di asserzioni certe, o stabilite una volta per tutte, e non è neppure un sistema che avanzi costantemente verso uno stato definitivo. La nostra scienza non è conoscenza (epistème): non può mai pretendere di aver raggiunto la verità, e neppure un sostituto della verità, come la probabilità.
Assumersi questa responsabilità dare una vita che può essere una sciagura o una fortuna , senza che l'essere che riceve la vita abbia almeno le normali probabilità di condurre un'esistenza desiderabile, è un delitto contro di lui.
"Ma insomma, io sono l'unica che si è presa la briga di leggere Storia di Hogwarts?" disse Hermione irritata a Harry e Ron.
"È probabile" rispose Ron. "Perché?"
L'anno 1913 segna una svolta nella storia della medicina moderna. All'incirca da quella data, il paziente ha più di una probabilità su due che un medico laureato gli somministri una cura efficace purché ovviamente il suo male sia registrato dalla scienza medica dell'epoca. Gli sciamani e i guaritori, con la loro pratica dell'ambiente naturale, non avevano aspettato tanto per ottenere risultati analoghi, in un mondo dove la salute era concepita diversamente.
La fortuna era serva, non padrona. Bisognava accettarla con una scrollata di spalle, o sfruttarla fino all'estremo. Però andava compresa e riconosciuta per quello che era, e non confusa con un errato calcolo delle probabilità; perché nel gioco d'azzardo il peccato mortale è scambiare una cattiva giocata con la cattiva sorte. E la fortuna, con tutti i suoi capricci, non andava temuta, ma amata.
Dell'inferno si può parlare soltanto e sempre in forma personale, appunto perché io non potrei mai valutare la possibile perdizione e dannazione di un altro come più probabile della mia propria.
Exercitum in hiberna deduxit, condusse le truppe nei quartieri d'inverno... Così Cesare termina ciascuno dei commentari gallici. È probabile che aspettasse quei giorni d'ozio e quella luce di neve per dettare le sue gesta a uno scriba. Altrettanto dovrebbe ciascuno di noi, serbando all'azione le rimanenti stagioni.