C'è una campagna di denigrazione della Resistenza: diretta dall'alto, coltivata dal cortigiano. Il loro gioco preferito è quello dei morti, l'uso dei morti: abolire la festa del 25 aprile e sostituirla con una che metta sullo stesso piano partigiani e combattenti di Salò, celebrare insieme come eroi della patria comune Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti e il filosofo Gentile, presidente dell'accademia fascista, giustiziato dai partigiani, onorare insieme le vittime antifasciste della risiera di San Sabba e quelle delle foibe titine. Proposte da comitati di reduci che evidentemente non hanno mai sentito parlare dei lager in cui i fascisti, prima e dopo l'armistizio, hanno chiuso migliaia di cittadini colpevoli unicamente di essere di etnia slovena.
Durante la malattia ho passato più tempo nelle mie case, soprattutto in campagna, a Broni, con gatti, cani e collaboratori. È brutto godersi le cose soltanto perché sei malato. Comunque mi sono reso conto di quanto la creatività, dunque il mio lavoro, mi aiuti a vivere. Anche se per anni ho ignorato la salute. Ora faccio delle pause e cerco di andarmene a casa alle 18.
Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
Lartigiano a mirar lumido cielo,
Con lopra in man, cantando,
Fassi in su luscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dellacqua
Della novella piova;
E lerbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.
Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quandè, comor, la vita?
La donzelletta vien dalla campagna
in sul calar del sole,
col suo fascio dellerba; e reca in mano
un mazzolin di rose e viole,
onde, siccome suole, ornare ella si appresta
dimani, al dí di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dí della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
chebbe compagni nelletà piú bella.
Già tutta laria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan lombre
giú da colli e da tetti,
al biancheggiar della recente luna.
Or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore;
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dí del suo riposo.
Poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto laltro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e saffretta, e sadopra
di fornir lopra anzi al chiarir dellalba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran lore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno dallegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
Godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
chanco tardi a venir non ti sia grave.
Frasi sulla campagna
DiGiacomo Leopardi
Fui giovane e felice un'estate, nel cinquantuno. Né prima né dopo: dell'estate. E forse fu grazia del luogo dove abitavo, un paese in figura di melagrana spaccata; vicino al mare ma campagnolo; metà ristretto su uno sprone di roccia, metà sparpagliato ai suoi piedi; con tante scale fra le due metà, a far da pacieri, e nuvole in cielo da un campanile all'altro, trafelate come staffette dei Cavalleggeri del Re... che sventolare, a quel tempo, di percalli da corredo e lenzuola di tela di lino per tutti i vicoli delle due Modiche, la Bassa e la Alta; e che angele ragazze si spenzolavano dai davanzali, tutte brune. Quella che amavo io era la più bruna.
[Su una prova sul pubblico del film L'uomo che fuggì dal futuro] È stato folle, vorrei averlo registrato. Era come portare la Mona Lisa ad un pubblico e chiedergli "Sapete perché sta sorridendo?" "Scusa Leonardo, ma dovrai fare dei cambiamenti". Ma almeno il pubblico capì che THX non era un storia d'amore ambientata nel 25° secolo, cosa che la Warner cercava di pubblicizzare. Invece adottarono una diversa campagna pubblicitaria: "Visita il futuro, dove l'amore è il crimine supremo" [23 maggio 1971]
Per fare una partita alla "Repubblica" occorre essere iscritti a una compagine politica: ce ne son decine tra cui scegliere a seconda del colore (anche se ultimamente il nero va per la maggiore). Una volta che si è in squadra – o in squadraccia – è importante aver le natiche al posto della faccia per riuscire a reggere la fase atletica, con più tensioni: la campagna acquisti, detta anche "le elezioni".
E chi a Hollywood poteva recitare la parte dell'onesto e umile "poeta campagnolo" Mr. Deeds? Un solo attore: Gary Cooper. [...] Non ci volle grande intelligenza per affidare a Cooper la parte di Longfellow Deeds. Lui "era" Longfellow Deeds. Ogni linea della sua faccia suggeriva onestà. La sua integrità era così innata che poteva recitare ruoli di impostori senza che lui sembrasse mai un impostore.
Quando dovevamo girare "Mister Smith va a Washington", la scelta era fra Gary Cooper e Jimmy Stewart. Jim era più giovane e io sapevo che avrebbe fatto un Mister Smith fantastico. Aveva l'aria del ragazzo di campagna, Jimmy, dell'idealista. Il personaggio era molto vicino a lui. Non c'è dubbio, quel film ha dato l'impronta alla sua immagine, al vero Jimmy Stewart.
Frasi sulla campagna
DiFrank Capra
Ho trovato inquietante la campagna di Beppe Grillo, il suo modo di essere e di porsi, il rifiuto del confronto, le adunate oceaniche. Condivido i tagli ai costi della politica e la richiesta di moralizzazione che viene da molti e che Grillo ha saputo ben intercettare. Molti elettori e molti eletti del M5S sono sicuramente persone degne e capaci di fare politica. Ma questa idea della Rete come palingenesi e istituzione iperdemocratica mi ricorda i romanzi di Urania.
E si vuol dar marito a chi non lo voleva, | si batte la campagna, si fruga la via. | Popolo senza moglie, uomini d'ogni leva, | del corpo di una vergine si fa lotteria.
A quest'ora avrei 4 anni | e sarei all'asilo con tutti i miei compagni! | Invece mi hanno preso e portato via da mamma | togliendomi la vita in aperta campagna!
Direi piuttosto cosa è Marx per me. Non è stato, resta una delle fonti più importanti del mio pensiero e della mia ispirazione. Oggi è molto difficile parlare di Marx, perché pochi pensatori sono stati così manipolati, soprattutto da coloro che si autodefiniscono marxisti, dunque soprattutto i comunisti. In Russia non si conosce quasi Marx. L'ho notato, io stesso. Una volta ho partecipato ad una riunione a cui erano presenti alcuni esperti russi... i corifei: di Marx ne sapevano quanto un prete di campagna sa di teologia medioevale. Del resto non può essere diversamente, perché in un sistema come quello russo Marx deve essere ucciso per poter vivere.
Confindustria è pronta a difendere la propria autonomia da ogni tentativo della politica e di gruppi di potere di ridurla a collateralismo. Confindustria resta impermeabile a ogni strattone polemico, a ogni campagna giornalistica volta a collocarci cinque centimetri più vicini o lontani dal governo o dall'opposizione.
[Il Decameron] È il libro che ha fondato la cultura laica italiana, autonoma da quella religiosa: un'esigenza oggi primaria, in un paese in cui pullulano anatemi papali, teodem e teocon. C'è poi il rimando alla peste. Boccaccio scrisse il Decameron durante la peste fiorentina del 1348, immaginando dieci ragazzi nascosti in campagna per raccontarsi dieci novelle. Ogni puntata si rifà a una novella. Un esempio? Nella prima lui affrontava la corruzione del clero, io ho parlato della pedofilia nella Chiesa, con un chiaro riferimento a Marcinkus.
La prima esperienza significativa da giornalista è stata nel 1966, quando per la prima volta sono andato a vivere a New York. Scrivevo corrispondenze, soprattutto culturali, per il settimanale "L'Espresso", Mauro Calamandrei curava la parte propriamente politica. New York e gli Stati Uniti attraversavano allora una fase critica: Kennedy era appena stato ucciso, suo fratello Robert sarebbe stato assassinato di lì a poco durante la campagna presidenziale. Nel 1967 cominciava la rivolta dei "figli dei fiori" in California, con profonde modificazioni del costume che sarebbero arrivate anche in Europa. Si verificò in quegli anni un grande cambiamento di massa (riassunto nel movimento detto "il Sessantotto") al quale credo che noi italiani in particolare dobbiamo alcuni passaggi verso la modernità, per esempio la conquista del divorzio. Ritengo un privilegio aver visto da vicino la nascita di questi mutamenti.
Deliziosa Verona! Con i suoi bei palazzi antichi e l'incantevole campagna vista in distanza da sentieri praticabili e da solide gallerie con balaustra. Con i suoi tranquilli ponti romani che tracciano la retta via illuminando, nell'odierna luce solare, con tonalità antiche di secoli. Con le chiese marmoree, le alte torri, la ricca architettura che si affaccia sulle antiche e quiete strade nelle quali riecheggiavano le grida dei Montecchi e dei Capuleti.
Mi occupo come consulente dell'OMS delle malattie parassitarie. In tutti i consessi internazionali si ripete che la causa è solo una: la povertà. In Africa ci sono arrivato fresco di studi. E sono stato deluso dallo scoprire che la gente non moriva di malattie stranissime: moriva di diarrea, di crisi respiratorie. La diarrea è ancora una delle cinque principali cause di morte al mondo. E non si cura con farmaci introvabili. Una delle ultime sfide che Msf ha accolto è la partecipazione alla campagna globale per l'accesso ai farmaci essenziali. Ed è lì che abbiamo destinato i fondi del Nobel.
Io amo la campagna. Voglio vivere in una fattoria. Non voglio davvero vivere in un appartamento.
Frasi sulla campagna
DiBob Marley
È vero che sono un pericolo ambulante, non mi prendo sul serio, inciampo, rido sempre, soffro il malumore e faccio di tutto per cacciarlo, sono libera, libera di mente, sono un'argentina di campagna che ha vissuto con le mucche, i cavalli e le pecore e il successo non mi deve rubare la vita.
Sono nato a Faenza nel 1852, il 22 agosto: la mia è una famiglia aristocratica di campagna, ma senza lustro vero, in decadenza economica dal principio del secolo. Io capitai male: ero l'ultimo di tre fratelli, e parvi subito il più brutto e il peggiore. Bellissimo, intelligentissimo il primogenito, io non ero nemmeno ammesso alla tavola con gli altri... Il mio martirio cominciò presto: ebbe una sosta quando morì il primogenito, perché di maschi restavo solo io.