C'è una bambina che sta male nella mia casa. [...] Sento che il dado è stato gettato, per il suo vestito insanguinato. Molte sono le mani che scavano la sua fossa questa notte, e anche le tue. I nemici pregano per la tua morte, mercenario. Pregano fino a sudare. Le loro preghiere sono un fiume di febbre.
Nella feroce morsa delle circostanze non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia. Sotto i colpi d'ascia della sorte il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Stolto, che volli coll'immobil fato | Cozzar della gran Roma, onde ne porto | Rotta la tempia, e il fianco insanguinato; | Chè di Giuda il Leon non anco è morto; | Ma vive e rugge, e il pelo arruffa e gli occhi.
La donna ora è perfetta
Il suo corpo
morto ha il sorriso della compiutezza,
l'illusione di una necessità greca
fluisce nei volumi della sua toga,
i suoi piedi
nudi sembrano dire:
Siamo arrivati fin qui, è finita.
I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,
presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti
di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando il giardino
s'irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.
La luna, spettatrice nel suo cappuccio d'osso,
non ha motivo di essere triste.
È abituata a queste cose.
I suoi neri crepitano e tirano.
"Aye!" grida. "Aye, molto bene. Voi del castello, a me! Pistoleri, a me! A me, vi dico!"
"Quanto ai pistoleri, Roland", gli risponde Cuthbert, "io sono già qui. E noi due siamo gli ultimi." Roland lo guarda, poi lo abbraccia sotto il cielo feroce. Sente ardere il corpo di Cuthbert, sente la sua tremante magrezza suicida. Eppure ride ancora. Bert sta ancora ridendo. "Va bene", dice Roland con la voce roca, guardando lo sparuto drappello dei compagni. "Ci lanceremo all'attacco. Senza quartiere." "Sì, senza quartiere, assolutamente!" ribadisce Cuthbert. "Non accetteremo la resa se ce la offriranno." "In nessun caso!" gli fa eco Cuthbert ridendo più forte che mai. "Dovessero gettare le armi anche tutti i duemila." "Allora suona quel cazzo di corno." Cuthbert alza il corno alle labrba insanguinate e soffia uno squillo possente... l'ultimo squillo, perché quando un minuto dopo (o forse sono cinque, o dieci, il tempo non ha senso in questa battaglia finale) cadrà dalle sue dita, Roland lo lascerà nella polvere. Lo strazio e la sete di sangue gli faranno dimenticare il Corno dell'Eld. "E ora, amici miei... hile!" "Hile!" grida l'ultima dozzina sotto quel sole scorticante. È la loro fine, la fine di Gilead, la fine di tutto, e Roland non ha più niente da perdere. L'antica furia rossa, folle e feroce, gli avvolge la mente, soffoca tutti i pensieri. Un'ultima volta, allora, pensa. Che così sia. "A me!" grida Roland di Gilead. "Avanti! Per la Torre!" "La Torre!" grida accanto a lui Cuthbert, vacillando. Leva verso il cielo il Corno di Eld in una mano, la rivoltella nell'altra. "Niente prigionieri!" urla Roland. "NIENTE PRIGIONIERI!"
Quello che Darwin per delicatezza non ha voluto dire, amici miei, è che se siamo diventati i padroni del mondo non è stato perché siamo i più intelligenti o nemmeno i più crudeli, ma perché siamo sempre stati i più pazzi e sanguinari figli di puttana della giungla.
La morte a Palermo è diversa, la morte violenta. Più profonda, più arcana e fatale. Esige contemplazione: una fila di sedie tutt'intorno al corpo insanguinato, in mezzo alla strada, e ai parenti seduti immobili, in silenzio, a guardare. I ragazzini immobili e attenti. La morte è spettacolo da non perdere. La morte ha sempre una ragione d'essere. A Palermo essa va meditata e capita.
Essere buoni oggi, e anche ieri, significa non essere umani, evidentemente. Perché noi uomini stiamo mettendocela tutta per dimostrare di essere delle belve sanguinarie, prevaricatrici, senza rispetto, senza amore, senza comprensione, senza compassione. Non so se i "buoni" esistono e dove. Qui, forse, si possono trovare i troppo buoni. Diffiderei anche di loro.
Tra i miei antenati più illustri c'è un tale Caino, | fondò la prima città e fu il primo assassino. | Una domanda insanguinava il suo cuore e cervello | perché quella mattina Dio preferì mio fratello? | Ma nei giorni più cupi, nei momenti più bui, | lui sentiva che invece il più amato era lui | e come segno di amore gli era stato concesso | il dolore e la colpa per il male commesso.
E sempre galleggia la rosa, che amanti perduti ma intrepidi hanno gettato giù da ponti fatati a sanguinare nel mare, a inumidire le opere del sole per poi tornare di nuovo, tornare di nuovo...
Non cè una sorta di sangue versato, quando viene ferita la coscienza? Attraverso questa ferita scorrono via la vera umanità e limmortalità delluomo, ed egli sanguina fino a morte eterna.
Se mille uomini non pagassero le tasse questanno, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto pagarle e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica.
Frasi sul sanguinare
DiHenry David Thoreau
La campagna sanguina per i misfatti dell'intelligenza umana.
La morte è una primadonna, ha la capacità di monopolizzare l'attenzione. E l'attenzione è tanto più grande quanto più strane sono le circostanze in cui si presenta. Nello stesso tempo, in un modo o nell'altro, ha il dono di rendere protagonisti. Me ne sto accorgendo a mie spese, adesso che ovunque muovo lo sguardo mi trovo intorno corpi insanguinati stesi a terra. E all'apparenza ognuno di loro ha un dito puntato a indicare me.
Frasi sul sanguinare
DiGiorgio Faletti
Sono stato molte volte infelice, nella mia vita, da bambino, da ragazzo, da giovane, da uomo fatto; molte volte, se ci ripenso, ho toccato quel che si dice il fondo della disperazione. E tuttavia ricordo pochi periodi più neri, per me, dei mesi di scuola fra l'ottobre del 1929 e il giugno del '30 quando facevo la prima liceo. Gli anni da allora non sono serviti a niente, tutto sommato: non sono riusciti a medicare un dolore che è rimasto là, intatto, come una ferita segreta, sanguinante in segreto. Guarirne? Liberarmene? Ormai so bene che non è possibile. Se adesso ne scrivo, dunque, è soltanto nela speranza di capire e far capire. Non vado in cerca di altro.
Unisci la rossa tua bocca alla mia,
o Estrella gitana!
Sotto l'ora solare del mezzogiorno
morderò la Mela.
Fra i verdi ulivi della collina
c'è una torre moresca,
colore della tua carne agreste
che sa di miele e d'aurora.
Mi offri nel tuo corpo ardente
il divino nutrimento
che dà fiori al ruscello quieto
e stelle al vento.
Come ti donasti a me, luce bruna?
perché mi desti pieni
d'amore il sesso di giglio
e la sonorità dei tuoi seni?
Fu per la mia tristezza?
(Oh, miei goffi passi!)
Forse destò pietà in te
la mia vita spenta di canti?
Perché non hai preferito ai miei lamenti
le cosce sudate
di un San Cristoforo contadino
pesanti in amore e belle?
Danaide del piacere sei con me.
Femminile Silvano.
I tuoi baci odorano come il grano
secco dall'estate.
Oscurami la vista col tuo canto.
Sciogli la tua chioma
dispiegata e solenne come un manto
d'ombra sopra i prati.
Dipingi con la bocca insanguinata
un cielo d'amore,
su un fondo di carne, la stella
violetta del dolore.
Prigioniero è il mio cavallo Andaluso
dei tuoi occhi aperti,
e volerà desolato e assorto
quando li vedrà morti.
Se tu non m'amassi t'amerei
per il tuo sguardo cupo
come l'allodola ama il giorno nuovo
per la rugiada.
Unisci la rossa tua bocca alla mia,
o Estrella gitana!
Lasciami sotto il giorno chiaro
consumare la mela.
Protettore dei supplici, Giove, | volgi l'occhio benevolo a questa | nostra schiera, che giunge per mare | dalle foci e le sabbie del Nilo. | La divina contrada finitima | della Siria fuggiamo; né bando | contro noi per delitto di sangue | decretava la nostra città. | Ma spontanee fuggiamo da sposi | consanguinei, schiviam l'abominio | d'empie nozze coi figli d'Egitto.
Alcuni personaggi sono già forme di spettacolo, Andreotti è il dramma, Berlusconi è la commedia, Bossi è la farsa. Craxi? Era un politico vero, quindi è un mascalzone vero. Ognuno di loro sarebbe un protagonista. Mi ha colpito Andreotti, che al processo si è lasciato dire le cose più turpi senza reazione, se non con il naso sanguinante. Deve essersi rassicurato, sanguina meno. Di Pietro? Il film lo ha già fatto Frank Capra, Mr. Smith va a Washington. Era James Stewart.
Il guaio vero, purtroppo, è che l'Italia è piena di berlusconiani con il paraocchi. Non vogliono sentire ragioni: tu gli ricordi Mills, All Iberian, Previti, Dell'Utri, falso in bilancio, leggi ad personam, le pressioni sulla RAI, e loro: "Come fai a dire che è un mascalzone?" Come faccio a dirlo? Per lo stesso motivo per cui, se incontro per la strada di notte un tizio sudaticcio con in mano un coltellaccio insanguinato, la prima cosa che penso non è: "Toh, un cuoco!"