Sotto il padiglione, una banda vestita del blu orizzonte dell'esercito suonava Massenet e Skrjabin, e Berlioz come una leggera spalmatura di torturato Čajkovskij su una fetta di pane stantio, mentre il crepuscolo si dissolveva in umidi barlumi dai rami, sul padiglione e sui funghi severi degli ombrelli. Ricchi e sonori gli ottoni si abbattevano e morivano nello spesso crepuscolo verde, rotolando su di loro in tristi onde opulente. Temple sbadigliò al riparo della mano, poi tirò fuori uno specchietto e lo aprì su un visino in miniatura imbronciato, scontento e triste. Suo padre le sedeva accanto, le mani incrociate sul pomo del bastone, la rigida barra dei baffi perlata di umidità come argento ghiacciato. Tempie richiuse lo specchietto, e da sotto l'elegante cappellino nuovo parve inseguire con gli occhi le onde della musica dissolversi negli ottoni morenti, al di là della vasca e dell'antistante semicerchio di alberi dove, a severi intervalli, meditavano le morte, tranquille regine di marmo maculato, e via verso il cielo che giaceva prono e vinto nell'abbraccio della stagione della pioggia e della morte.
In alcune città del Nord mi sono trovato con gente che ci resta male quando gli dici che sei calabrese: si aspettano ancora il baffone con la lupara, scuro e piccoletto, lo sguardo torvo e il cappellaccio. Credo che i portoricani stiano meglio di noi.
Fra Facta e Mussolini, il paese aveva già fatto la sua scelta: il primo è un onest'uomo, con due baffi bianchi, ignoto a tutti, incapace di uscire dalla tutela giolittiana; il secondo ha due occhi autoritari, il passo spedito, la voce risoluta. Il primo spera, il secondo vuole, e tutti gli italiani vogliono.
Il fornaio si grattò i baffi neri con l'indice infarinato, imbiancandoli quanto bastava per apparire più vecchio di dieci anni. Intorno a lui gli scaffali e i banchi erano pieni di lunghe pagnotte fresche e croccanti e quel profumo casalingo gli saturava le narici e gli faceva gonfiare il petto di orgoglio soddisfatto. Era la seconda infornata della mattina: le vendite andavano bene perché il tempo era splendido. Bastava un po' di sole per indurre le casalinghe di Parigi a uscire per comprare il suo ottimo pane.
Era l'alba quando Billy Buck emerse dalla foresteria e per un momento si soffermò sotto il portico a guardare il cielo. Era un uomo piccolo e ben piantato, con gambe arcuate e baffi da tricheco; aveva mani larghe e muscolose, grassocce al palmo, ed occhi contemplativi, di un grigio slavato; i capelli gli fuoruscivano ispidi da sotto il cappello da cow-boy, e portavano i segni del tempo. Lì, fermo sotto il portico, Billy armeggiava ancora con la camicia, fiaccandola dentro i blue jeans. Dopo essersi slacciata la cinta la strinse ancora; i segni lucidi distribuiti sulla cintura mostravano il graduale appesantirsi di Billy nel corso degli anni.
Il mio pezzo forte, in quello spettacolo, era nel secondo atto, in cui facevo Napoleone Bonaparte. Inutile dire che ero fantastico. Il mio costume consisteva in una divisa da generale francese, con spada, stivali, cappello a lucerna, e baffoni neri dipinti sopra il labbro. Devo ammettere che non somigliavo molto al Napoleone originale, ma tenete presente che io facevo per scherzo, e chissà, se lui avesse fatto altrettanto forse non sarebbe finito così male.
Pochi minuti dopo quel che rimaneva di Bendicò venne buttato in un angolo del cortile che l'immondezzaio visitava ogni giorno: durante il volo giù dalla finestra la sua forma si ricompose un istante: si sarebbe potuto vedere danzare nell'aria un quadrupede dai lunghi baffi e l'anteriore destro alzato sembrava imprecare. Poi tutto trovò pace in un mucchietto di polvere livida.
Una donna matura e con due gran baffi, che pedala su una bicicletta da corsa, mi sghignazza in faccia. E questo mi secca perché io non ho sghignazzato vedendo una donna matura e con gran baffi pedalare su una bicicletta da corsa.
Io ho quasi un ritratto
del mio caro padre, nel tempo,
ma il tempo se lo porta via...
Mio padre nel giardino di casa nostra
mio padre tra i suoi libri, che lavora.
Gli occhi grandi, l'alta fronte
il viso scarno,i baffi lisci.
Mio padre nel giardino della nostra casa
medita, sogna, soffre, parla forte.
Passeggia - Oh padre mio, ancora
se lì e il tempo non ti ha cancellato!
Ormai sono più vecchio di te, padre mio,quando
mi baciavi.
Ma nel ricordo, sono anche il bimbo che tu
conducevi per mano.
Ero in piazza Navona, il cuore della città. A un certo punto vedo spuntare, prima a destra e poi a sinistra, quattro ceffi che non promettevano niente di buono. Questi ti fanno blu, mi sono detto. Per fortuna, arrivato a pochi passi da me, uno dei ceffi mi riconosce: "Albe' - grida - Albertone bello, ma dove cavolo vai a quest'ora di notte?". E rimettendo in tasca qualcosa, che poteva essere una pistola o un coltello, mi dà una gran botta sulla spalla. Così fanno anche gli altri manigoldi. "Andiamo a bere qualcosa!" dice uno coi baffi. "No, grazie - mi difendo - ho un gran mal di testa, fate finta che ho accettato". Qualche volta anche i teppisti hanno un'anima. Ma fino a quando?