Nel 1931, quando scrivevo "Il mondo nuovo", ero convinto che ci fosse ancora tempo, e parecchio. La società totalmente organizzata, il sistema scientifico delle caste, l'abolizione del libero arbitrio mediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabile grazie alla felicità indotta chimicamente, a dosi regolari, l'ortodossia martellata in capo alle gente coi corsi notturni di insegnamento ipnopedico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempi miei, e nemmeno nei tempi dei miei nipotini. Non ricordo con esattezza in che anno erano collocati i fatti di "Mondo nuovo"; nel sesto o settimo secolo d.F. (dopo Ford) all'incirca.
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È la totalità, pensai. Un'eco tanto vicina alla perfezione da non poter dire quale sia la prima voce e quale il ritorno della voce-fantasma. Per un momento tutto mi fu chiaro, e nei momenti in cui accade, vedi quant'è sottile il mondo. Non lo sappiamo tutti quanti, in cuor nostro? È un meccanismo perfetto e bilanciato di voci ed echi che fanno da rotelle e leve, onirico orologio che rintocca oltre il vetro degli arcani che chiamiamo vita. Oltre? Sotto? Intorno? Caos, tempeste. Uomini con martelli, uomini con coltelli, uomini con pistole. Donne che pervertono ciò che non possono dominare e denigrano ciò che non possono capire. Un universo di orrore e smarrimento circonda un palcoscenico illuminato, sul quale noi mortali danziamo per sfidare le tenebre.
Di
Stephen King
Ci innamoriamo per produrre la chimica della gioia di vivere, terapeutica come nessun altro farmaco, e ci ammaliamo quando vogliamo condurre, dominare o relegare nei luoghi comuni l'unico Dio che è la nostra salvezza e la nostra speranza: Eros.
Il martello ch'i' ho di voi dua, poi ch'io cangiai un fiume al mare e Roma con Venezia, vuol ch'io v'indrizzi la vita d'Astolfo e de gli altri paladini, detta da me l'Astolfeida. Io la mando a voi perché nascesti innanzi a' paladini, i quali son terra da ceci già 700 anni in circa. Voi soli avete visto e cognosciuto chi è visso e morto, chi vive ora e chi viverà poi.
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