A Paolo Codagnello Benché da te me senta incitato a non tacere in queste quello che io in altre mie, quali da Firenze a te scrissi, lettere, solo per non dare occasione a chi forse così volessi me esser qui riputato mordace e maldicente, però volentieri tacea, pure a me, a cui tuoi detti e fatti sempre piacquono, le tue ultime brevissime lettere furono non ingioconde.
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A Mantova, qualche anno fa, andavo cercando bozzetti e piccoli quadri quali mi consentivano le mie modeste sostanze; esigevo però che i pittori fossero anteriori al 1600, perché verso quest'epoca si spense del tutto l'originalità italiana messa in pericolo sin dalla caduta di Firenze nel 1530. Invece di quadri, un vecchio patrizio molto ricco e molto avaro mi fece offrire a caro prezzo certi vecchi manoscritti ingialliti dal tempo: chiesi di poterli scorrere ed egli acconsentì, aggiungendo che si fidava della mia probità perché nel caso che non li avessi acquistati dimenticassi gli aneddoti piccanti che mi era stato concesso di leggere.
Di
Stendhal
Tra tutte le città straniere, Firenze è divenuta certo quella che io preferisco. Più ci vivi e più ti accorgi di amarla. Vi è qualcosa di accogliente da farmi sentire a casa mia.
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