Se sei il tipo di persona che vuole realizzare i propri sogni, devi essere intraprendente per assicurarti la possibilità di farlo. Io sono venuto in California quando avevo 21 anni, pensando che le mie credenziali di New York mi avrebbero portato fino in fondo. Sono tornato a casa dopo un anno abbattuto e fallito.
Il mio amico Nicholas Brady, che era certo di aver contribuito a salvare il mondo, era nato a Chicago nel 1928 ma poi si era trasferito in California. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita nell'area della baia, a Berkeley. Ricordava i pali metallici a forma di testa di cavallo che servivano per agganciare le redini di fronte ai vecchi edifici nella parte collinare della città, e i treni rossi a trazione elettrica che si collegavano ai traghetti; ma più di ogni altra cosa, ricordava la nebbia. In seguito però, verso gli anni '40, la nebbia smise di avvolgere la città ogni notte.
Alla destra dell'auto in corsa, oltre il ciglio dell'autostrada, sostava un gruppo di vacche. Poco più in là ce n'erano altre, sagome marroni mezze nascoste dall'ombra di un granaio. A lato del granaio si scorgeva vagamente una vecchia insegna della Coca-Cola.
Joseph Schilling, seduto sul retro, infilò la mano nel taschino e tirò fuori il suo orologio d'oro. Con un movimento esperto dell'unghia lo aprì e guardò l'ora. Erano le due e quaranta del pomeriggio, di un caldo pomeriggio californiano di piena estate.
Frasi sulla California
DiPhilip K. Dick
Il memo interno, alla Electronical Musical Enterprise, spaventò Nat Flieger, e non riuscí a spiegarsi il perché. In fondo si trattava di un'opportunità da non lasciarsi sfuggire: il famoso pianista sovietico Richard Kongrosian, uno psicocinetico che suonava Brahms e Schumann senza toccare fisicamente la tastiera con le mani, era stato localizzato nella sua residenza estiva di Jenner, in California. E con un po' di fortuna Kongrosian sarebbe stato disponibile per una serie di sedute di registrazione alla EME. Eppure...
Frasi sulla California
DiPhilip K. Dick
Venivo dalla California, dove l'erba è sui campi da golf o nei parchi pubblici. Andai in campo e non ci capii niente: la palla schizzava via troppo veloce, il rimbalzo era irregolare, ero sempre troppo in anticipo o troppo in ritardo. Per i primi tre anni, a Londra non mi divertii affatto.
La California è piena di cause significative. New York, invece, è piena di rumori privi di significato e questa potrebbe essere la sua salvezza.
[Corriere della sera, 28 agosto 2008]
Il Vicolo Cannery a Monterey in California è un poema, un fetore, un rumore irritante, una qualità della luce, un tono, un'abitudine, una nostalgia, un sogno. Raccolti e sparpagliati nel Vicolo Cannery stanno scatole di latta e ferro e legno scheggiato, marciapiedi in disordine e terreni invasi da erbace e mucchi di rifiuti, stabilimenti dove inscatolano le sardine coperte di ferro ondulato, balli pubblici, ristoranti e bordelli, e piccole drogherie zeppe, e laboratori e asili notturni. I suoi abitanti sono, come disse uno una volta, «Bagasse, ruffiani, giocatori, e figli di mala femmina», e intendeva dire: tutti quanti. Se costui avesse guardato attraverso un altro spiraglio avrebbe potuto dire: «Santi e angeli e martiri e uomini di Dio», e il significato sarebbe stato lo stesso.
La valle del Salinas è nella California settentrionale. È un canalone lungo e stretto tra due file di monti, e il fiume Salinas si snoda e si contorce lungo tutta la valle fino a sfociare nella baia di Monterrey.
Ricordo i nomi che da bambino davo alle erbe e ai fiori nascosti. Ricordo dove si trova il rospo e a che ora si svegliano d'estate gli uccelli e l'odore degli alberi e delle stagioni che aspetto aveva la gente e come camminavano; ricordo anche il loro odore. La memoria degli odori è molto tenace.
Ricordo che i monti Gabilan a oriente della valle erano monti lievi e allegri, pieni di sole, amabili e quasi invitanti; ti veniva voglia di arrampicarti per i loro caldi contraffosti come quando si vuol salire in grembo a una madre adorata. Erano montagne che ti sollecitavano con l'amore della loro erba giallastra. I Santa Lucia si ergevano contro il cielo verso occidente e separavano la valle dal mare aperto, ed erano bui e accigliati, scostanti e pericolosi. In me c'era sempre un terrore dell'occidente e un amore dell'oriente.
Napa Valley, California
Venerdì sera, 29 settembre 2000
Era quasi mezzanotte mentre correvo lungo la strada deserta indossando solo un paio di calzoncini, una canottiera e con un cellulare infilato nella tasca dello zaino. Erano trascorse diverse ore da quando avevo avuto l'ultimo contatto con l'umanità e l'aria della notte era calda e carica di silenzio. La luce della luna piena illuminava i filari di viti che costeggiavano la strada, li sentivo frusciare nella brezza. In quel momento, però, la bellezza del paesaggio non riusciva a distogliermi dal pensiero ossessivo del cibo: avevo una fame da lupi.
La prima esperienza significativa da giornalista è stata nel 1966, quando per la prima volta sono andato a vivere a New York. Scrivevo corrispondenze, soprattutto culturali, per il settimanale "L'Espresso", Mauro Calamandrei curava la parte propriamente politica. New York e gli Stati Uniti attraversavano allora una fase critica: Kennedy era appena stato ucciso, suo fratello Robert sarebbe stato assassinato di lì a poco durante la campagna presidenziale. Nel 1967 cominciava la rivolta dei "figli dei fiori" in California, con profonde modificazioni del costume che sarebbero arrivate anche in Europa. Si verificò in quegli anni un grande cambiamento di massa (riassunto nel movimento detto "il Sessantotto") al quale credo che noi italiani in particolare dobbiamo alcuni passaggi verso la modernità, per esempio la conquista del divorzio. Ritengo un privilegio aver visto da vicino la nascita di questi mutamenti.