Andare a Parigi era a quell'epoca, ed è stato sempre, come a darsi un mestiere, a una professione o a un corso di studi. in quella gran città voleva dire imparare, capire il mondo, fiutare il vento. L'avevi passato qualche anno e magari soltanto qualche mese, poteva dare gloria per tutta la vita anche a un tipo qualunque, solo che avesse saputo raccontare le sue gesta, immancabili, perché nessuno poteva vivere a Parigi senza capitare dentro casi e vicende degne di venir raccontate.
[Arthur Rimbaud] Era un uomo alto, ben piantato, quasi atletico, dal volto perfettamente ovale di angelo in esilio, con capelli castano chiari in disordine e due occhi di un blu pallido inquietante. Ardennese, egli possedeva, oltre a un accento campagnolo troppo presto perduto, il dono della pronta assimilazione, propria delle genti di quel paese e questo può spiegare il rapido inaridirsi, sotto il sole scialbo di Parigi, della sua vena, per dirla come i nostri avi, il cui linguaggio diretto e corretto non aveva sempre torto, in fin dei conti.
Per chi può difendere le proprie ragioni con l'eloquenza dell'equipaggio, e trionfare fragorosamente precorso da mezza dozzina di lacchè e da un paio di cuochi, Parigi è un' ottima piazza d'arme, ed ei potrà campeggiarla quanto è lunga e larga a sua posta.
La scoperta del cinema, per quelli della mia generazione, è stata la Cinemateque di Parigi diretta da Langlois, ci ha fatto vedere film, scoprire altri mondi che pittura e letteratura non ci avevano fatto conoscere. Era la Nouvelle Vague. Ora i tempi sono altri.
Parigi ha l'eleganza delle armonie e della grandeur, Londra ha l'eleganza della classe e del prestigio, Roma ha l'eleganza dell'umanità e della storia. Ogni città ha la sua eleganza. Anche Milano: ha l'eleganza della sobrietà, della discrezione, della solidità.
Zola con la sua audacia ha destato il fanatismo nel pubblico sonnolento. Lodano soprattutto in lui lo scamiciato. Ci trovano non solo la realtà purificata di ogni retorica, ma tutta la realtà, anche la realtà indecente, anche l'argot. E chi ne piglia scandalo si turi le orecchie, solo tra' mille avidi, a giudicarne dalle numerose edizioni. Quale romanzo francese ha avuto il successo dell'Assommoir e del Ventre di Parigi? Neppure l'ultimo libro di Victor Hugo.
Sono sicuro, nel sonno, di svegliarmi in una casa in riva al mare, dove ho trascorso tutta la notte con la donna che amo, vivendo con lei momenti di assoluta felicità. Il rumore delle onde ha accompagnato prima la veglia, poi il sonno, abbracciati nel tepore dei nostri corpi nudi. Mi sveglio invece in una camera d'albero a Parigi e, pur sapendo ormai di uscire da un sogno, continuo a sentire il delicato rumore delle onde del mare. Ma a Parigi non c'è il mare!
Se sei abbastanza fortunato di aver vissuto a Parigi come un giovane uomo, allora per il resto della tua vita ovunque andrai, sarà con te, a Parigi è un continuo banchettare.
Frasi su Parigi
DiErnest Hemingway
A Parigi sto benissimo: al lavoro non potrei chiedere di piú, ho una casa e un'auto tutte mie e non mi manca niente. Ma in Italia si vive meglio. Quello che piú mi manca qui è la possibilità di avere belle amicizie. La gente è diversa e vive diversamente. A Palermo ho la mia città, la mia gente, vera, e quindi amici, veri. Appena arriverò ai quarant'anni andrò in pensione e scenderò giú.
Guai a chi viene a Parigi troppo giovane, senza uno scopo fermo, colla testa in tumulto e colle tasche vuote! Ora vedo Parigi serenamente, e la vedo a traverso all'anima d'un caro amico, che mi fa risentire più vive e più fresche tutte le impressioni della prima volta.
Il caso ci offriva orecchie e uno sguardo nuovi, tanto valeva approfittarne. Altra cosa: era fondamentale fuggire dai cretini che cercavano di trattenerci sostenendo che lasciare Parigi equivaleva ad un suicidio sociale. Tagliare una buona volta il cordone, frapporre un oceano tra noi e quel presunto ombelico del mondo era l'igiene del momento. Altrove! Altrove! Rompere gli ormeggi, togliersi di torno e vedere che aspetto aveva da lontano la Francia di Giscard.
Una volta mi piaceva molto Montmartre, certe stradine segrete sul versante settentrionale dell'altura (il nome deriva dalla contrazione di Mons martirum), l'incanto dei tramonti estivi dalla spianata del Sacro Cuore. Adesso non ci si può quasi più andare, perché è diventata, come Trastevere, una specie di zoo per turisti.
Il quartiere in cui abito quando sono a Parigi è Montparnasse, un misto di grande metropoli e di "villaggio", una zona rallegrata dal giardino del Lussemburgo che è uno dei più belli della capitale francese, un quartiere dove si può mantenere un certo calore umano nei rapporti, come in una cittadina di provincia.
Ho conosciuto Parigi prima attraverso la lettura, che è un bellissimo modo per conoscere una città: la Parigi del '600, per esempio anche nella sua "revisione" ottocentesca (I tre moschettieri), o la Parigi crudele del verismo. Poi, quando ne ho avuta la possibilità, sono andato a cercare nella realtà le possibili eco di ciò che avevo solo immaginato.
Quando si vogliono esplorare le nuove frontiere gastronomiche, alla ricerca di inventiva per nuovi piatti, spesso si va in Norvegia, in Spagna, in Inghilterra, ma prima di arrivare in uno di questi Paesi è obbligatorio fermarsi a Parigi. Questa città è un insieme di tradizioni e di conoscenze culinarie assolute.
La domenica, 2 dicembre, giorno freddo, ma sereno, la popolazione di Parigi, che quarant'anni dopo vedremo accorrere sotto un cielo ugualmente puro dinanzi alle ceneri ci Napoleone, si addensò frettolosa sulle vie da percorrersi dall'imperiale corteggio. Il papa partì il primo alle dieci del mattino, e precedé d'un lungo tratto l'imperatore ad alleviare ogni ingombro alle due comitive.