A Mantova, qualche anno fa, andavo cercando bozzetti e piccoli quadri quali mi consentivano le mie modeste sostanze; esigevo però che i pittori fossero anteriori al 1600, perché verso quest'epoca si spense del tutto l'originalità italiana messa in pericolo sin dalla caduta di Firenze nel 1530. Invece di quadri, un vecchio patrizio molto ricco e molto avaro mi fece offrire a caro prezzo certi vecchi manoscritti ingialliti dal tempo: chiesi di poterli scorrere ed egli acconsentì, aggiungendo che si fidava della mia probità perché nel caso che non li avessi acquistati dimenticassi gli aneddoti piccanti che mi era stato concesso di leggere.
Tra tutte le città straniere, Firenze è divenuta certo quella che io preferisco. Più ci vivi e più ti accorgi di amarla. Vi è qualcosa di accogliente da farmi sentire a casa mia.
Io mi ero proposta come annunciatrice per la radio, quando ancora la televisione ancora non cera, e per questo avevo fatto un corso a Firenze con fior di personaggi. Questo poi mi è stato poi utilissimo quando cè stata la selezione, con fior fiore di bellissime ragazze non dimentichiamoci che allora Roma era la Hollywood sul Tevere ma non in possesso di una dizione ed una voce, diciamo così, educata. Fui scelta, molto probabilmente, per questo.
Mi sorprende orgoglioso il pensiero di essere oggi il sindaco di una città che ha rinunciato ai soldi dello sponsor, al cosiddetto naming right, per intitolare il palazzo dello sport a Nelson Mandela. Se volete venire a un concerto o a un match di basket a Firenze, sarete ospiti del Nelson Mandela Forum: perché i bambini sappiano, conoscano, non dimentichino.
[Da "Fuori!", 2011]
Firenze è stata la città dei guelfi e dei ghibellini. Ma poi i guelfi, tanto per star tranquilli, si divisero pure in bianchi e neri. Io sono un fiorentino vero, non uno che fa il salto della quaglia come Lamberto Dini. Voglio curare Firenze come si merita e non sono in vendita.
Suo padre è un giornalista, sua madre una maestra di lingue straniere. Il bimbo ha otto anni, ma pare che ne abbia dodici per le strane cose che sa, per le singolari risposte che dà. Egli è già stato a Venezia, a Firenze, a Napoli, non gli resta più nessuna impressione di paesaggio per la sua gioventù: egli si stringe nelle spalle quando gli nominano il Vesuvio o la gondola.
Se penso che gli episodi arbitrali abbiamo condizionato il campionato? Io non parlo dei fuorigioco contro il Catania o altri, non parlo dei quattro episodi di Firenze e di tutto il resto: c'è solo un episodio che finora sta decidendo il campionato e questo episodio è il "gol non gol" di Muntari. A me spiace dirlo e gli altri possono pensare quello che vogliono ma la realtà è questa: per ora sta decidendo il campionato, poi magari la Juve finirà in testa di sei punti e non sarà più decisivo, ma per ora è così.
Nella magnifica e bellissima città di Firenze sono due casati d'antiqua nobiltà e gentilezza, l'uno chiamato de' Bardi, l'altro de' Bondelmonti, li quali essendo insieme inimici per la loro grande potenza e ricchezza attraevano a sé quasi tutta la terra in divisione. E dell'una parte il principale si chiamava messer Amerigo de' Bardi, cavaliere di grandissima riputazione e prudente di consiglio, il quale nel suo tempo ebbe una sola figliuola chiamata Leonora. Dell'altra parte il primo era messer Bondelmonte de' Bondelmonti, cavaliere animoso e di grande affare, e così come fu piacere della fortuna, ebbe uno solo figliuolo chiamato Ippolito Bondelmonti.
A Paolo Codagnello
Benché da te me senta incitato a non tacere in queste quello che io in altre mie, quali da Firenze a te scrissi, lettere, solo per non dare occasione a chi forse così volessi me esser qui riputato mordace e maldicente, però volentieri tacea, pure a me, a cui tuoi detti e fatti sempre piacquono, le tue ultime brevissime lettere furono non ingioconde.
Giotto è sicuramente, fra tutti gli artisti, quello cui più si conviene d'essere studiato in Firenze, se pur l'arte antica ha per voi qualche attrattiva. Vi sono, è vero, lavori suoi in Assisi, ma forse non avrete agio di rimanere colà quanto basti; e i molti esistenti a Padova rispecchiano un solo periodo dell'arte sua. Mentre a Firenze, sua città nativa, ne troviamo di ogni data e di ogni genere. Preferibile però sarà di vedere, innanzi tutto, ciò che appartiene al suo miglior tempo e alla sua migliore maniera. Avendo egli lavorato dai dodici ai sessanta anni, ci ha lasciato pitture di piccole e grandi dimensioni, ha trattato soggetti che poco lo commuovevano con una certa trascuratezza, ha messo in altri tutto il suo cuore.
A Pisa le sedute delle conferenze, qui, sono brevi, ma ben condotte, risolvono prontamente i problemi. Mi dispiace di non veder un numero più cospicuo di studenti.
Pontedera conta nove membri, tutti artigiani. È povera e non ha che quattro famiglie da visitare. Grazie alle loro cure centocinquanta bambini si riuniscono ogni sera ed il presidente Bertelli insegna loro la dottrina cristiana. La mattina conduce lui stesso un gruppo di questi ragazzi e fa loro imparare a leggere e a scrivere.
A Firenze vi ho trovato ventotto membri tra cui avvocati, professionisti e medici. La conferenza ha fondato "La cassa degli affitti". Il patronato assicura loro le risorse economiche.
Prato conta già diciotto membri attivi e ottanta benefattori. I nostri si occupano soprattutto di patronato. Si portano a passeggio un gruppo di cinquanta ragazzi, si fanno divertire, si istruiscono e si catechizzano; presto un locale adatto permetterà loro di frequentare la scuola serale.
Livorno ha trentadue membri che visitano settanta famiglie. Opera con impegno nella struttura sociale della città. Hanno ottenuto riforme importanti: ritorno ai sacramenti, invio dei giovani in buone scuole, l'interesse per i problemi dei poveri, la gioia per far sì che si vada alle riunioni con piacere e non con dovere.
[Al Consigliere Generale della Società di San Vincenzo de paoli, Antignano (LI), 10 luglio 1853]
Quando sento che mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell'uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere.
Feci così il mio ingresso in Firenze con la mia carrozzella aperta, e benché avessi un aspetto impolverato, proprio come uno che viene dalle Alpi, non mi curai di nulla; passai tutto lieto in mezzo ad eleganti equipaggi, dai quali mi guardavano i visi delicati di Lady Inglesi e pensai: verrà il giorno in cui dovrete stringere le mani al viaggiatore che fate finta di non vedere!
L'altro giorno la ragazza di ventidue anni che mi pettina mi ha detto "Voglio tornare a Firenze: quando guardo il David di Michelangelo rimango a bocca aperta e non riescono a portarmi via". A me emoziona la bellezza, anche vista dagli altri.
Una visita al mastodontico spaccio della Levi's produce l'equivalente commerciale della "sindrome di Stendhal", il malessere che le meraviglie turistiche di Firenze e Venezia provocano nel turista impreparato.
La cosa più bella di Tokio è McDonald's. La cosa più bella di Stoccolma è McDonald's. La cosa più bella di Firenze è McDonald's. Pechino e Mosca non hanno ancora nulla di bello.
Per coloro che non conoscono Firenze o la conoscono poco, alla sfuggita e di passaggio, dirò com'ella sia una città molto graziosa e bella circondata strettamente da colline armoniosissime.
A Firenze ho ricevuto un'accoglienza fantastica, un affetto eccezionale. Quanto allo stipendio più basso, in effetti c'è stato un cambiamento anche a livello economico, ma ne valeva la pena.