Mio tenero germoglio, che non amo perché sulla mia pianta sei rifiorita, ma perché sei tanto debole e amore ti ha concesso a me; o mia figliola, tu non sei dei sogni miei la speranza; e non più che per ogni altro germoglio è il mio amore per te. La mia vita mia cara bambina, è l'erta solitaria, l'erta chiusa dal muricciolo, dove al tramonto solo siedo, a celati miei pensieri in vista. Se tu non vivi a quei pensieri in cima, pur nel tuo mondo li fai divagare; e mi piace da presso riguardare la tua conquista. Ti conquisti la casa a poco a poco, e il cuore della tua selvaggia mamma. Come la vedi, di gioia s'infiamma la tua guancia, ed a lei corri dal gioco. Ti accoglie in grembo una sì bella e pia Mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.
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Il padre di Bobby Garfield era stato uno di quelli che cominciano a perdere i capelli sui vent'anni e sono completamente calvi intorno ai quarantacinque. La morte per infarto a trentasei anni aveva risparmiato a Randall Garfield quesito esito estremo. Era agente immobiliare e aveva esalato l'ultimo respiro sul pavimento di una cucina altrui. Quando era spirato il possibile acquirente era in soggiorno a cercare di chiamare un'ambulanza da un telefono scollegato. All'epoca Bobby aveva tre anni. Conservava ricordi vaghi di un uomo che gli faceva il solletico e lo baciava sulle guance e sulla fronte. Era più che sicuro che quell'uomo era suo padre. HA LASCIATO UN VUOTO COLMO DI TRISTEZZA, era scritto sulla lapide di Randall Garfield, ma sua madre non era poi così triste e quanto a Bobby... be', come si può rimpiangere una persona che non si riesce a ricordare?
Di
Stephen King
«Oh! Oh, Gesù! Ma che schifo!» «Cosa, Mary, cosa?» «Non l'hai visto?» «Visto che cosa?» Mary si girò e nella luce cruda del deserto lui vide che il colorito le si era spento sul viso lasciandole solo le bruciature sulle guance e sulla fronte, dove non riuscivano a difenderla nemmeno le creme a più alto fattore protettivo. Era di carnagione molto chiara e si scottava con facilità. «Su quel cartello. Quello del limite di velocità.» «E allora?»
Frasi sul deserto
Frasi sulle guance
Di
Stephen King
"[...] Ma volevo che tu sapessi che ti penso, Sarah. Davvero, per me non c'è mai stata qualcun'altra e quella notte fu la nostra notte più bella [...] e quella notte fu la nostra notte più bella, anche se a volte mi è difficile credere che vi sia mai stato un anno 1970 e le dimostrazioni nei campus e Nixon presidente. Senza calcolatori tascabili, senza videocassette, senza orchestre punk e rock. E altre volte mi sembra che quel tempo sia tutt'ora vicinissimo, da poterlo quasi toccare. Mi sembra che se potessi tenerti tra le braccia, o toccare la tua guancia, o la tua nuca, potrei portarti con me in un futuro diverso senza dolore o tenebre o scelte amare. Bene, tutti facciamo quello che possiamo e dobbiamo accontentarci... e se non ci basta, dobbiamo rassegnarci. Spero soltanto che tu mi penserai nel modo migliore che ti riesce, Sarah cara. Con tutto il cuore e tutto il mio amore. Johnny." Le si mozzò il respiro di colpo e restò con la schiena rigida e gli occhi sbarrati. "Johnny...?" Era andato. Si alzò, si girò e naturalmente non c'era nulla. Ma poteva vederlo, ritto lì accanto, le mani sprofondate nelle tasche, il caldo sorriso un po' obliquo sul volto più attraente che bello che si appoggiava snello e disinvolto ad una tomba o ad un pilastro dell'ingresso o forse contro un albero rosseggiante d'autunno. Bella roba, Sarah, annusi ancora quella dannata cocaina? Niente intorno se non Johnny, lì vicino. Forse ovunque. Tutti noi facciamo quello che possiamo e dobbiamo accontentarci... e se non ci basta, dobbiamo rassegnarci. Niente è perduto per sempre, Sarah. Niente che non possa esser ritrovato. "Sempre il vecchio Johnny", sussurrò Sarah. Uscì dal cimitero e attraversò la strada. Indugiò un attimo, voltandosi a guardare. Il tiepido vento d'ottobre alitava robusto e grandi cortine di luce e d'ombra sembravano attraversare il mondo. Gli alberi frusciavano misteriosamente. Sarah salì in macchina e si allontanò.
Di
Stephen King
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