Frase di Giuliano Ferrara

[Su Enzo Biagi] Quando gli hanno negato la cattedra epistolare di Indro Montanelli al 'Corriere della Sera', preferendogli Paolo Mieli che rompe meno le palle di uno il cui orizzonte sono le solite mille camere in cui guardava la Storia in cammino, lasciandosi a sua volta guardare da Lei, Biagi non ha dato di cretino a Ferruccio de Bortoli, direttore del giornale di via Solferino, e tanto meno a Cesare Romiti, il suo editore, quello che gli passa la mesata come succede a noi tutti e che mette i capitali per produrre e diffondere la tribuna dei suoi ricordi. Ha solo contrattato un altro posto in palinsesto, chiedendo che le sue coloriture strettamente personali, e strettamente provinciali, finissero la domenica in prima pagina. Con giubilo suo superiore a quello dei lettori, forse. Anche l'orario della sua rubrichina è tutt'altro che suo. È nostro, perché paghiamo. E di chi amministra la Rai per volontà del Parlamento (fatto surreale, perché la Rai andrebbe privatizzata e lì vedremmo se davvero un Murdoch lascerebbe per 41 anni al suo posto l'omino in bianco che lava più bianco). Oltre tutto quello spazio in palinsesto è di Berlusconi, come al solito e come tutto ormai in Italia, perché è sulla sua rete ammiraglia, Canale 5, che andò in onda prima del Fatto il programma d'informazione Radio Londra, in quello stesso identico orario, ma preceduto non dal primo telegiornale italiano bensì dal quiz Tra moglie e marito. Anche il segnale orario del rubrichista-martire, le cui opinioni sono come scrive Francesco Merlo 'indifferenti', è dunque copiato. Altro che suo. Biagi lo difendiamo e lo difenderemo se qualcuno lo vuole cacciare perché gli sta antipatico il governo, ma se si caccia da solo per cupidigia di eroismo, dopo 41 anni in cui di cupidigie se ne è levate tante, con tutti i regimi, allora sono affaracci suoi... È Biagi che si caccia da solo per biechi interessi di bottega".

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