Grazie a lei affrontai per la prima volta il mio essere naturale mentre trascorrevano i miei novant'anni. Scoprii che l'ossessione che ogni cosa fosse al suo posto, ogni faccenda a suo tempo, ogni parola nel suo stile, non era il premio meritato di una mente in ordine, ma tutto il contrario, un intero sistema di simulazione inventato da me per nascondere il disordine della mia natura. Scoprii di non essere disciplinato per virtù, ma per reazione alla mia negligenza; di sembrare generoso per nascondere la mia meschinità, di passare per prudente solo perché sono malpensante, di essere arrendevole per non soccombere alle mie collere represse, di essere puntuale solo perché non si sappia quanto poco mi importa del tempo altrui.
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È necessario formare i giovani alla responsabilità, alla saggezza, al coraggio e, naturalmente alla giustizia. In particolare dovrà coltivarsi nei giovani la virtù della prudenza.
Di
Vittorio Bachelet
Lisandro Si, Palamede: alla regal Messene | Di pace apportator Sparta m'invia. | Sparta di guerra è stanca, e i nostri allori, | Di tanto sangue cittadin, bagnati, | Son di peso alla fronte e di vergogna. | Ira fu vinta da pietà. Prevalse | Ragione, e persuase esser follia | Per un'avara gelosia di Stato | Troncarsi a brani, e desolar la terra. | Poiché dunque a bramar pace il primiero | Fu l'inimico, la prudente Sparta| Volentier la concede, ed io la reco. | Né questo sol, ma libertade ancora | A quanluque de' nostri è qui tenuto | In servitude; e a te, diletto amico, | Principalmente, che bramato e pianto, | Compie il terz'anno, senza onor languisci | Illustre prigioniero in queste mura.
Frasi sulla prudenza
Tommaso d'Aquino, commentando Paolo di Tarso, dice che la fede, a differenza della scienza espressa dalla ragione umana conduce in captivitatem omnem intellectum, cioè rende l'intelletto prigioniero di un contenuto che non è evidente, e che quindi gli è estraneo (alienus), sicché l'intelletto è inquieto (nondum est quietatus) di fronte alla scienza, nei cui confronti si sente "in infirmitate et timore et tremore multo". Dov'è finita questa prudenza tomista che non concede di identificare immediatamente la fede con la verità? E se i cattolici sono già in possesso della verità che senso ha per loro studiare e insegnare filosofia se la verità che la filosofia si propone di cercare già la possiedono? Cosa rispondono ad Heidegger là dove scrive che quando la filosofia è accompagnata da un aggettivo, come è il caso di una "filosofia cristiana" ci si trova di fronte a un circolo quadrato o, come vuole l'espressione di Heidegger a un "ferro ligneo"? E infine che tipo di dialogo è possibile con un cristiano, se questi è già convinto di possedere la verità?
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