Ecco ora il cane Franz che veniva verso di me. Quantunque fossi suo nemico, mi sfregava il muso contro i ginocchi e mi chiedeva quasi perdono. Intanto i ceri bruciavano, i ceri da morto, i miei ceri da morto! E dalla chiesa di San Pietro non giungeva il suono delle campane. E io non ho mai un orologio con me, e non sapevo che ora fosse. «Franz, il conto!» dissi al cane e lui mi saltò in grembo. Presi un pezzetto di zucchero e glielo porsi. Non lo prese. Si limitò a guaire. E subito dopo mi leccò la mano, dalla quale non aveva accolto il dono. Spensi ora una candela. L'altra la staccai dal finto marmo e andai alla porta e con la pertica alzai la saracinesca dall'interno. In realtà volevo sfuggire al cane e al suo amore. Quando uscii sulla strada, la pertica in mano per tirare giù di nuovo la saracinesca, vidi che il cane Franz non mi aveva lasciato. Mi seguiva. Non poteva restare. Era un cane vecchio. Come minimo aveva servito il caffè Lindhammer per dieci anni, come io l'imperatore Francesco Giuseppe, e ora non poteva più farlo. Ora nessuno di noi due poteva più farlo. «Il conto, Franz!» dissi al cane. Mi rispose con un guaito. L'alba spuntava su quelle croci totalmente estranee. Trascorreva un vento leggero e faceva dondolare i vecchi lampioni che ancora non si erano spenti, non questa notte. Camminavo per strade deserte, con un cane sconosciuto. Era deciso a seguirmi. Dove? Io ne sapevo quanto lui. La Cripta dei Cappuccini, dove giacciono i miei imperatori, sepolti in sarcofagii di pietra, era chiusa. Il frate cappuccino mi venne incontro e disse: «Che cosa desidera?». «Voglio visitare il sarcofago del mio imperatore Francesco Giuseppe» risposi. «Dio la benedica!» disse il frate, e fece sopra di me il segno della croce. «Dio conservi!» gridai. «Zitto!» disse il frate. Dove devo andare, ora, io, un Trotta?... [Explicit]
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